di Gennaro Angelini
La rivoluzione digitale e' stata senza dubbio una delle innovazioni piu'
importanti del secolo scorso. Nonostante il ventesimo secolo sia stato
un periodo storico estremamente interessante dal punto di vista socio
politico per quantita' e importanza degli accadimenti avvenuti, l'avvento
del digitale ha di fatto rappresentato l'evento pacifico che piu' di ogni
altro ha modificato lo stile di vita di intere popolazioni. E lo ha
fatto in maniera tanto veloce quanto indelebile, determinando -
soprattutto in tema di comunicazione - un gap generazionale destinato
peraltro a ricomporsi in un lasso di tempo prevedibilmente non lungo.
Forse proprio a causa dell'impressionante rapidita' con cui si e' consumato il processo modificativo di usi e costumi di gran parte della
popolazione mondiale, ampie fasce di potenziali fruitori dei nuovi mezzi
di comunicazione si sono fatte trovare impreparate.
Se infatti in alcuni ambiti importanti quali ad esempio il campo
scientifico, l'evoluzione tecnologica e' stata governata al fine di
favorire la realizzazione di metodologie innovative volte a migliorare la qualita' dei
processi di ricerca, la gestione di alcune piattaforme di largo utilizzo
come i social media e' stata quanto mai approssimativa, tanto da lasciare
al libero arbitrio degli utenti la diffusione di commenti perlopiu'
opinabili.
Vero che in entrambi i casi gli interessi che muovono l'innovazione
tecnologica sono di tipo economico, ma il grande problema dei social e' dato dal crescente valore di mercato loro attribuito che nei fatti ha
trasformato un progetto di mera relazione comunicativa in operazione
commerciale di smisurata vastita'.
In sostanza nel mondo dei social, la globalita' degli utenti registrati
rappresenta un mercato mondiale su cui far convergere
ogni opportunita' commerciale. E d'altra parte il fruitore, coscio o
ignaro che sia, non ha remore a consentire che i propri dati personali
siano utilizzati a fini di marketing. L'importante e' esserci. Confuso
nella massa e coperto da nickname che ne offuscano l'identita', dispensa
pareri alla ricerca di condivisioni. Che puntualmente arrivano. Quanto
piu' il messaggio e' semplice e immediato, tanto piu' e' prevedibile che sia
condiviso da altri utenti. Non importa che sia vero o verosimile, ne' che
sia del tutto attinente al tema trattato. La rete accetta di tutto e la
superficialita', per non dire l'ignoranza, con cui sono trattati temi
anche importanti non e' una discriminante. Finche' il pensiero scade
nell'ovvieta', poco male. Del resto viviamo in un'epoca dove imperano
demagogia e approssimazione. Il problema diventa serio quando vengono
prese per buone e rilanciate in rete notizie fabbricate ad arte per
avere il maggior numero possibile di condivisioni. Il solo effetto
moltiplicatore dei rilanci finisce per rendere verosimile la notizia,
alimentando una perversa spirale di commenti, perlopiu' inappropriati,
gran parte dei quali motivati dall'esigenza di dare voce all'ego frustrato di chi li posta.
I temi non importano. Si commenta di tutto. Dalla politica allo sport,
dall'economia allo spettacolo, dalla finanza al costume. L'Italico
popolo del web, ad esempio, tutto sa sul problema dell'immigrazione:
sono tanti, nullafacenti, sfruttatori, stupratori e vivono alle spalle
degli italiani. Guai a dir loro anche solo che il problema e' piu'
complesso di quanto appare. Sei subito etichettato, se va bene, come
amico dei delinquenti. E giu' il classico "ospitali a casa tua se ti
stanno bene".
Pur senza entrare nel merito di un tema tanto dibattuto, appare evidente
il carattere approssimativo con cui gran parte degli utenti social
affronta tematiche cosi' delicate. Quest'estate, ad esempio, in tanti
hanno approvato con numerosi like e retweet una frase postata su una
foto che ritraeva due uomini di colore seduti su una panchina a Forte
dei Marmi dopo una giornata di shopping. L'arguta didascalia riferiva di
"Risorse boldriniane a Forte dei Marmi fanno shopping da Prada coi 35
euro. Condividi se sei indignato!". E giu' immediate condivisioni, senza
minimamente sentire l'esigenza di verificare la notizia ed evitare
figuracce, posto che i due uomini di colore erano Magic Johnson, uno dei
piu' grandi cestisti della storia della Nba, e il famoso attore Samuel L.
Jackson. E che di conseguenza la frase era una provocazione.
Tra l'altro l'esca era ben strutturata perche' conteneva un riferimento
all'On. Boldrini, che per qualche oscuro motivo e' da tempo uno dei
principali bersagli di alcuni italici internauti. E qui si apre il
capitolo forse piu' dolente, di quando cioe' si passa da enunciazioni di
principio all'offesa personale.
La degenerazione e' evidente perche' quando l'offesa prende il sopravvento
sulla dialettica, il motivo non puo' che risiedere nella superficiale
conoscenza di temi specifici e nell'incapacita' di proporre
argomentazioni critiche. Sulla falsariga di commenti di bassa lega
esternati da alcuni politici e compiacenti mezzi di informazione, si
reitera allora la pratica dell'insulto fino a farlo diventare virale.
Siamo proprio bravi, noi italiani. Meritocratici nei giorni pari e
diffamatori in quelli dispari. Anche al cospetto di una figura
istituzionale tra le piu' importanti. Una donna, e forse questo non e' secondario, che prima di assumere tale incarico aveva ricoperto il ruolo
di Portavoce dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati e
parla quindi di problematiche complesse per conoscenze acquisite. Forse
il principio scatenante delle aggressioni mediatiche sta proprio nel
diverso livello di approccio a certe tematiche che emerge tra chi le
affronta con cognizione di causa e chi ne parla con colpevole
approssimazione.
Ora, e' ovvio che ognuno ha il diritto di avere opinioni e di esprimerle
nelle sedi che ritiene opportune, ma tanti temi delicati meriterebbero
di essere affrontati con discorsi basati su cognizioni acquisite e non
su nozioni mutuate. Non e' quindi solo una mutazione del linguaggio.
Siamo a volte al cospetto di un ribaltamento della realta', operato
mediante l'uso strumentale di un mezzo di comunicazione capace di far
assumere dignita' di fondatezza anche a notizie palesemente false.
Le distorsioni cui si assiste navigando nel mondo dei social sono tante.
Ed e' un peccato. Le alterazioni perpetrate si basano quasi sempre sulla
dicotomia tra la realta' percepita e quella effettiva e si diffondono,
anche quando palesemente infondate, grazie alle maglie larghe adottate
dai gestori delle piattaforme web.
Ma non dobbiamo sottovalutare le potenzialita' positive delle nuove
tecnologie. Non dobbiamo accettare il fatto che il mondo dei social sia
preda di pochi insulsi che con qualche click mirano a stravolgere la
realta'. Perche' la rete, grazie alla straordinaria capacita' divulgativa
di cui e' portatrice, e' lo strumento cui sempre piu' si affideranno le
future generazioni per accrescere le proprie conoscenze ed e' dovere di
tutti fare in modo che rimanga un posto sicuro ed affidabile. E i
social, a cui i nostri figli consegnano momenti di vita reale per il
solo piacere di condividerli, devono tornare ad essere quella piazza
virtuale in cui scambiare emozioni, impressioni o apprensioni in tutta
serenita' e sicurezza. Sempre piu' saranno le persone per bene che
frequentano la rete, tanto minori saranno le possibilita' di
condizionamento che si potranno perpetrare. Per combattere l'ignoranza e l'arroganza, possono bastare conoscenza e sobrieta' a condizione che
siano espresse da una pluralita' di soggetti che rappresentino la parte
buona del paese. Ma per realizzare un tal progetto, tanto semplice
quanto ambizioso, e' necessario muoversi per tempo educando in eta'
scolare le nuove generazioni ad utilizzare la rete e le nuove forme di
linguaggio in maniera appropriata, rinnovando il primato dell'etica e
della conoscenza sulla prevaricazione e l'ignoranza.