L'ULTIMA VACANZA A TAORMINA

 

Della vita non si potevano lamentare. Tanti anni prima la fortuna li aveva fatti conoscere in un gelido giorno di dicembre. Loro si erano amati, era nata Giulia. Giulia si era sposata e ora erano nonni di due spavaldi nipoti. Quarant'anni di matrimonio non sono da tutti, a maggior ragione se si considera che Dario e Camilla si sentivano sempre legati l'uno all'altra. La loro età era ormai avanzata: sessantacinque anni per lui, portati bene, sessanta per Camilla, portati benissimo. Dunque una coppia felice. 

In quel Natale del 2013, Dario le aveva regalato una city bike, rossa come i capelli di una donna irlandese. Camilla pedalava spesso per Milano e la sua vecchia Legnano era ormai un catorcio da portare alla discarica. Lei gli diede un bacio con trasporto e lui rispose con: "Le parole che non ti dissi le donai alla Poesia". Una frase carina confezionata per una circostanza come quella. C'era poi un altro regalo per entrambi: una settimana di vacanza a capodanno a Taormina. Pur avendo da tempo acceduto a quell'età ove non vi è un bella località che non gliene ricordasse un'altra altrettanto bella e ogni piacere si arricchisce del ricordo di piaceri trascorsi, Taormina era sempre l'amata Taormina. 

Camilla avrebbe imbottigliato il suo stato d'animo a ogni vacanza laggiù per riversarlo a Milano nei momenti meno sereni. Così diceva e ripeteva a ogni occasione alle amiche del Bar Rosa, Antonella, Franca e Grazia, con le quali si trovava per consuetudine ogni sabato mattino: un piccolo clan, una piccola fotocopia del più affermato Sex and the City. Del marito diceva: "Non sono più una passeggiata per lui, col crescere degli anni sono diventata più scorbutica. Ma ci vogliamo ancora bene...". Poi, scherzando, aggiungeva: "Non vedo nei mariti vostri una valida alternativa!". Le amiche confermavano. Con qualche ammiccamento. Anzi, quel concetto aveva ricordato ad Antonella la poesia "Camminando sul Naviglio", della Merini, che così lo esprimeva: Non sono più quella di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri. Era più che calzante. Senza dubbio. 

Sta di fatto che il 27 dicembre il volo fu puntuale così come l'arrivo a Catania. Mezz'ora per le valigie, un'altra mezza ora per il noleggio dell'auto e già Dario e Camilla imboccavano l'autostrada in direzione Messina. 

Taormina, la prima colonia della Magna Grecia, è la meta più ambita dagli amanti della Sicilia: archeologia, storia, artigianato, arte, natura sono così evidenti! Non mancava nulla, neppure il silos per parcheggiare a pochi passi dal centro, dove il solito Albergo Isabella li attendeva al termine della scorrazzata dei loro trolley

"Ciao Loredana". La receptionist era lì. Poche formalità... e la solita chiave della camera 44 era già nelle mani di Dario. 

Avanti a loro un settimana di relax e di tepore ben distante dal freddo di Milano. L'indomani Camilla impegnò tutta la mattinata a crogiolarsi con le miriadi di vetrine che si affacciano sull'interminabile corso Umberto. Pizzi, ricami e vecchi merletti, scarpe nonché la preponderanza di negozi di ceramica di Caltagirone. Statuette di saraceni e principesse, piatti e vasi di diverse fogge, piastrelle, acquasantiere. C'era di tutto e il più non scappava all'occhio vigile di Camilla. 

Nella strada del Teatro Greco, il negozio Il Girasole.

"Guarda, Camilla!" la chiamò Dario dalla vetrina a fianco: "Ti piacciono questi due busti di Bacco e di Arianna?".

Lei si spostò dalla parte del compagno, diede un'occhiata analitica e concluse che no, non ci sarebbero stati in casa loro, in tanti anni resa straboccante di oggetti ornamentali. "Potremmo metterli sopra il guardaroba, all'ingresso, al posto di quei tre vasi anonimi". "Quelli non sono anonimi" replicò Camilla "Sono il ricordo della Grecia!".

"Ah, sì, la vacanza in cui il Meltemi ha scoperchiato il cottage dove eravamo alloggiati": Dario aveva capito che, senza il consenso di Camilla, in casa non avrebbe potuto introdurci nemmeno uno spillo. E non se ne parlò più. 

I giorni successivi furono impegnati per le escursioni all'Etna e ai suoi dintorni, passando dalla regione delle vigne a quella della lava, a quella della neve. Erano belle giornate di sole che facevano brillare la neve sormontata da una nube di fumo del secondo cratere, ravvivata da boati beffardi. C'era neve nel vento. Uno spettacolo per tutti. La sosta al Rifugio Sapienza e poi giù ad assaggiare le mele al castagno dei cento cavalli di Sant'Alfio. 

L'indomani al Castello di Maniace e all'antico Ponte Saraceno di Adrano, entrambi sul fiume Simeto. Poi ancora al''Etna, dalla parte Nord, salendo sui lastroni di lava tra le piante di ginestre e sgranocchiando i pistacchi di Bronte. Su, fino al rifugio. Da lì la cima dell'Etna sembra a un tiro di schioppo. 

Nei giorni successivi: la visita a Giardini Naxos, quindi il capodanno alla carta, al ristorante Gambero Rosso, tra i botti di mezzanotte a piazza IX Aprile, un balcone sullo spettacolo del mare e della natura, dove la vista può spaziare sino al promontorio di Siracusa e ai suoi tramonti rosso rame. Poi una giornata passata ad Aci Trezza, terra di ciclopi e dei Malavoglia di Giovanni Verga, e un'altra al sole dell'Isola Bella. 

A Dario e Camilla non mancavano i sorrisi. Sembravano due innamorati tornati a rinverdire le passioni d'un tempo. Taormina docet. 

Dopo un giorno di pioggia, la coppia aveva a disposizione l'ultima mattinata prima di ritornare a Catania per l'imbarco aereo a Fontanarossa. Liberarono la camera, depositarono i bagagli alla reception di Loredana e uscirono per godersi le ultime ore a Taormina. Il sole era tra le poche nuvole. Verso occidente s'intravedeva l'Etna in tutto il suo portamento tranne alla sommità, nascosta da una nube inoffensiva, ma tenace. 

"Che cosa ci resta da vedere?" chiese Camilla a Dario.

"Oh, ci mancano il teatro greco-romano e i giardini comunali".

"Giusto il tempo per entrambi!". 

Si avviarono verso l'ingresso e presero atto che il biglietto era gratuito per i ragazzi e le persone da sessantacinque anni in su. Quindi per Dario era libero. Per Camilla al prezzo di otto euro. 

"Non mi interessa entrare" disse lei "Ho già visto l'anfiteatro l'anno scorso, vai tu così potrai fotografare il teatro con lo sfondo dell'Etna, io me ne vado a fare un giretto ai giardini della Villa Comunale". 

Camilla aveva già deciso per entrambi, a quanto sembrava. Cosicché Dario non se la sentì di contraddirla, la salutò, mostrò un documento all'ingresso ed entrò. Sfoderò la suo Canon dalla custodia che teneva a tracolla e si portò in cima all'anfiteatro in una posizione dirimpettaia al palco greco che aveva per sfondo nientemeno che l'Etna. Si sedette in attesa che il sole, di passaggio tra una nuvola e l'altra, illuminasse quella scena consentendo una fotografia ad effetto. Si mise in attesa con la macchina armata. Intanto, per diletto, dava un'occhiata in giro ai turisti cosmopoliti che, come in un formicaio disordinato, si spostavano in tutte le direzioni. Era una mattina tiepida ed era un piacere per Dario godersela in completo disimpegno. Arrivò il sole e se ne andò, poi ritornò di nuovo e se ne andò e, a ogni scatto, le nuvole erano in posizione diversa. Il tempo passava e sempre più il bottino fotografico si arricchiva: osservando i risultati della sua digitale Dario ne era soddisfatto. Vi rimase a lungo, fin quasi a mezzogiorno quando squillò il suo cellulare con la voce di Camilla, che lo destava da quel suo momento incantato e lo esortava a raggiungerla ai giardini. 

Di ritorno a Milano, Camilla non vedeva l'ora di partecipare la recente esperienza alle amiche del Bar Rosa. Il sabato successivo, scese di buon ora in cortile, liberò la sua bella city bike rosso ardente, con tanto di cestello anteriore e imboccò viale Monza. Dario era rimasto a casa a godersi gli sport invernali in diretta. 

La morte all'improvviso la colse proprio all'ultimo incrocio. Le era caduta la catena e la bici si era bloccata proprio tra il giallo e il rosso: da una via laterale un Suv di grossa stazza l'aveva centrata in pieno. Alle urla dei passanti, erano uscite dal Bar Rosa, Franca e Antonella. Sebbene sfigurata, l'avevano riconosciuta: era Camilla, mamma mia! 

Passarono pochi minuti e Dario fu informato. Sua moglie non c'era più. Vivere ancora per lui sarebbe diventato un inferno di solitudine e dei ricordi accorati di Camilla. Un amore consolidato, come il sole che si alzava e tramontava con lei, era stato sconfitto dalla sorte quanto può esserlo la natura umana, la quale, proprio nell'inevitabilità dello scacco finale, trae il movente per vivere comunque la vita nell'accettazione del destino che la segna. 

Certo, Dario avrebbe rievocato quell'intero periodo della sua esistenza riportando allo scoperto le nere rovine su cui avevano sedimentato quarant'anni di felicità. Forte come la morte è l'amore? Sarebbe riuscito a capire quanto coraggio gli sarebbe stato necessario, nella sofferenza, per escludere l'irreparabile decisione di voler subito giacere accanto alla compagna di una vita, come avevano fatto i più celebri innamorati Romeo e Giulietta? 

Il lunedì fu di lutto, il funerale, gli amici che lo abbracciavano, la figlia e il genero accanto a lui. Gessi di ogni colore disegnavano sulla lavagna il volto dell'infelicità. Il viso pallido e abbattuto di Dario, che si struggeva al centro dell'attenzione di tutti, nella disperazione del ricordo di lei, aveva perduto per sempre il fiore della vita. Accanto all'altare, sotto gli occhi di tutti, il suo sconforto aveva un'aria teatrale, come capita spesso quando è così autentico. 

Fu sera. Un'altra notte di tormento, di veglia, a ripensare alla bicicletta nuova che proprio lui le aveva regalato e che si era inceppata. Portava dentro di sé un tumulto incessante. Ora la sua esistenza non avrebbe avuto più niente da dire continuando a vivere soltanto di tempo preso a prestito. Gli sarebbe rimasta la memoria del cuore, quella che gli iberici chiamano saudade, l'amore che rimane anche dopo che qualcuno se ne è andato via. 

L'indomani mattino, ancora telefonate degli amici più stretti e di chi aveva in carico le incombenze burocratiche, come avviene un po' per tutti in queste circostanze. Infine un suonò al citofono. Si asciugò una lacrima e alzò il ricevitore.

"Corriere DHL" si sentì rispondere.

Salì al suo piano un uomo in tuta blu. Gli porse un pacco molto voluminoso e un foglio da firmare, poi se ne andò. 

"Un pacco? Cosa c'entrerà con il mio dolore, con Camilla?" si domandò. 

Dario prese un paio di forbici e tagliò lo strato superiore della scatola di robusto cartone sino ad aprirla. Era piena zeppa di materiale da imballaggio. Lo estrasse, scartò gli oggetti che conteneva e si vide apparire due busti di ceramica, quello di Arianna e quello di Bacco, gli stessi che aveva notato a Taormina e che gli erano piaciuti. Poi un biglietto con la didascalia Il Girasole e le parole di Camilla che recitavano: A Dario, il mio amore per sempre, la tua Camilla

La durezza della vita non distrugge le emozioni: un angelo uscito dall'Etna, una delle più grandi fabbriche di nubi e di fuoco del mondo, aveva recapitato l'ultimo messaggio d'amore. 

L'ultimo messaggio d'amore terreno aveva ricondotto la tragedia sul volto di Dario alla parvenza di un sorriso accorato... 

Là dove il mare incontra il cielo nasce un arcobaleno, il nostro! Mutiamo tutti, da un giorno all'altro, per lente e inconsapevoli evoluzioni, vinti da quella ineluttabile legge del tempo che finisce col cancellare, nel paesaggio interiore della mente, quella felicità di vivere che ieri aveva scritto nelle segrete tavole del cuore umano.

 

Massimo Messa (fine)

 

 

 

 

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piazzascala.it - febbraio 2017