LA CORSIA PREFERENZIALE PER LA
FILOVIA
Da
anni era radicata in noi l'abitudine della filovia. Per
raggiungere viale Jenner, dove io e i miei colleghi lavoravamo,
l'unico mezzo era quello targato 91. Il percorso, che per due
volte al giorno ero costretto a soffrire, prendeva le mosse da
piazza Argentina per proseguire nel tunnel della Stazione
Centrale, superare l'incrocio di viale Zara, imboccare viale
Stelvio e via Lancetti prima di scaricarci a circa cento metri
dal civico 51, quello dell'edificio dove lavoravano ben
settecento persone.
Il percorso valeva tredici tortuose fermate, sbatacchiati come
bestiame considerato che non v'era un metro di corsia
preferenziale per quel mezzo Atm. Nelle ore di punta, ad esempio
alle 8 del mattino quando io e Dario l'aspettavamo a piazza
Argentina, la 91 arrivava già piena, ci salivamo a stento grazie
a quei pochi passeggeri che scendevano lì. La 91 portava oltre
duecento passeggeri e noi dovevamo sorbirci il singhiozzante
percorso, infastidito dai semafori e dai tubi di scarico, quasi
sempre in piedi, stipati, tra odori, calci e borseggiatori,
ancor più urticanti nei giorni di pioggia: un viaggio carcerario
della durata media di quarantacinque minuti da percorrere due
volte al giorno prima di tornarcene a casa sfiniti.
Eppure pressoché tutti e settecento eravamo abituati a servirci
di quell'unico mezzo di locomozione a tal punto che capitò anche
l'imponderabile. Un collega che un giorno venne in macchina per
recarsi, a lavoro finito, non so dove per una commissione, se ne
dimenticò e ritornò a casa con la filovia lasciando la sua bella
Bmw a pernottare nel parterre tra i platani di viale Jenner, per
poi trovarsela il mattino successivo priva di ruote, compresa
quella di scorta.
Ma dopo i tanti anni passati in quell'incanto ecco che in viale
Jenner iniziano dei lavori stradali. Sbaraccano la possibilità
di sosta nel parterre perché lì, entro un anno, avrebbe dovuto
passare la corsia preferenziale per le filovie. E non solo lì.
Anche in via Lancetti, viale Stelvio, via Sauro, sino alla
Stazione Centrale. Non male, tanto per cominciare.
Avevamo riacquistato la speranza di viaggiare in minor tempo per
raggiungere la nostra azienda così decentrata in mezzo ai lupi,
così come tutti noi l'avevamo apostrofata.
I lavori iniziarono, si aprì un cantiere lungo come un
serpentone. Lavoravano sodo. Dario ed io li potevamo seguire con
costanza avendo le finestre del nostro ufficio che davano
proprio sulla strada. Finché, a marzo dell'anno successivo,
viale Jenner, là dove si seminavano viti per far crescere
bulloni, era diventato un bel vedere. La corsia era affiancata
da un lungo cancelletto in metallo verde, per evitare che
qualche pedone si prendesse la briga di attraversare lontano
dalle strisce zebrate. Gli spartitraffico e i marciapiedi per le
fermate erano stati costruiti in cubetti di porfido. Erano nati
pensiline, segnaletica e asfalto nuovo di zecca per tutta la
carreggiata che si era spalmata tra le due strade laterali
preesistenti del viale, al posto del parterre polveroso
costeggiato dai filari di platani. I platani erano stati potati
e, appese in aria, erano ben fissate le rotaie sopraelevate per
i troller. Già si vedevano passare delle filovie in prova, per
il collaudo. Gli operai se ne erano andati da tempo, i lavori
erano terminati. Ci si aspettava l'apertura della corsia
preferenziale da un momento all'altro.
Intanto la linea 91 manteneva il vecchio percorso, e i
trasferimenti continuavano ad essere un'agonia. In una giornata
di pioggia, Dario inciampò nello scendere dagli scalini della
filovia e si fratturò un piede all'altezza della caviglia. Ciò
significava intervento chirurgico e ingessatura. Ne avrebbe
avuto per almeno un mese.
Rimasto in ufficio da solo, controllavo comunque lo stato della
corsia preferenziale, bellissima, pronta per l'inaugurazione, ma
sempre chiusa. Passarono altre due settimane senza novità.
Finché un giorno, mentre viaggiavo sulla 91, mi imbattei con un
controllore. Quale occasione migliore per chiedere informazioni
sullo start up del nuovo viadotto? E fu così che scoprii
l'arcano.
Un paio di giorni dopo mi ritrovai a osservare dalla finestra
del mio ufficio una squadra di mezzi e operai per l'asfaltatura
della strada, C'era odore di catrame, inevitabile per questa
attività, c'erano camion, badili e una schiacciasassi. Tutti ben
piantati all'interno della nuovissima corsia preferenziale.
Altri colleghi si affacciavano alle finestre per capire cosa
significasse asfaltare di nuovo sopra un asfalto nuovo.
Quand'ecco che squillò il mio telefono. Dalla finestra mi
spostai alla scrivania, mi sedetti e risposi. Era Dario.
"Caro Dario, come va?".
"Mi sono comperato un cyclette e sto risistemandomi il
quadricipite che, nel frattempo si è smollato, ma sto molto
meglio. La settimana prossima penso di rientrare".
"Mi fa piacere, soprattutto perché ti ho lasciato parecchio
lavoro arretrato".
"Molto carino da parte tua!".
"Eh, beh, non pensavi che mi sarei sobbarcato anche il tuo
lavoro soltanto perché tu non sai usare la nostra comoda
filovia?".
"A proposito, hanno avviato il servizio nella nuova corsia?".
"No, Dario, qui c'è il cinema, in viale Jenner stanno asfaltando
di nuovo, sopra l'asfalto fresco".
"Ma che cosa dici, sono diventati matti?".
"Niente affatto, sai perché non hanno mai avviato la corsia
preferenziale che è pronta da tanto tempo?".
"Proprio no".
"Se non ridi te lo dico".
"Non rido, la 91 mi fa piangere!".
"Sai, durante il collaudo, si sono resi conto che quando due
filovie si incrociavano in viale Jenner si urtavano gli
specchietti retrovisivi laterali, sai quelli grandi, di forma
ovale, che servono al conducente per veder dietro?".
"Come no?".
"Ecco, lo spazio della corsia non è sufficiente al passaggio di
due filovie, proprio per via degli specchietti".
"Non hanno preso bene le misure".
"Si vede che le hanno prese sulla sagoma complessiva, non
tenendo conto degli specchietti, che sporgono un bel quaranta
centimetri ciascuno".
"E cosa stanno facendo ora? Stringono i marciapiedi?".
"No, costerebbe troppo".
"E allora?".
"Asfaltano sopra l'asfalto accentuando la forma a schiena
d'asino della carreggiata. In questo modo le filovie marceranno
inclinate verso destra, distanziandosi l'un l'altra al momento
di affiancarsi".
"Spettacolare! Quindi le due inclinazioni allontaneranno gli
specchietti".
"Proprio così. Di quel tanto che basta per non urtarsi tra
loro".
"Geniale!"
"Ah sì, molto geniale, tanto le tasse le paghiamo noi".
"Ora lo racconto a mia moglie e ci facciamo quattro risate".
"Oh, sì c'è di buono che la filovia ci fa sempre divertire".
"Domandalo al mio piede".
"A lunedì, Dario!".
"A lunedì, mi farò accompagnare in macchina da mia moglie".
"Ma perché? Se c'è la filovia così comoda!".
"Eh, ma con la macchina sento la radio".
Accennai a una risata e appesi. Gli operai avevano già steso un
cospicuo strato di nuovo asfalto fumante, l'odore del catrame
penetrava dalle finestre. Tra pochi giorni quei serpentoni verdi
sarebbero stati più veloci e confortevoli mentre sulla filovia,
nel tratto di viale Jenner, avremmo viaggiato come dei gobbi sul
dorso di un cammello ...
Massimo Messa
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