IL FANTASMA DEL FARO

 

 

Al largo delle coste del Nordland si trova una piccola isola, emarginata dal mondo, Skomvaer, poco più che uno scoglio, e, su quest'isola, è situato uno dei più antichi fari d'Europa. E' uno dei posti più nebbiosi del Mar di Norvegia. Il primo guardiano si chiamava Jesper Neslettik e lì viveva con la moglie Grete. 

Si era nella seconda metà dell'800. Accadde che Grete venisse uccisa con un colpo d'ascia. Il delitto fu scoperto una settimana dopo. Il faro, che in origine era bianco, fu ritrovato rosso come il colore del sangue. Era stato Jesper a ridipingerlo? La notizia risuonò a Bodø e a Mo I Rana. Scrissero sui rotocalchi che il movente fosse da ricercarsi nel fatto che la donna suonasse al piano lo stesso motivo per ore e ore, senza interruzioni e che, nel silenzio dell'isola, quella musica incalzante, che Grete chiamava Toccata e fuga in re minore, avesse fatto saltare i nervi a Jesper. Il guardiano, infatti, prima di scagliarsi contro la moglie, il piano l'aveva distrutto. Si pensò che un ruolo importante, in questo atto di follia, l'avesse giocato la solitudine di un luogo così remoto, spesso avvolto dalla nebbia, dove raramente si avventurava anima umana. 

Jesper non fu mai rintracciato. Eppure é certo che non abbia più abbandonato il suo faro. Il guardiano continuò a salire e scendere la stretta scala a chiocciola della torre, a entrare nella sua casa e ad aggirarsi nelle sue stanze, sempre tormentato da quel motivo al pianoforte. Presto si rese conto che altri uomini avevano occupato il suo posto: intollerabile per lui! Cominciò così a manifestarsi, spaventando ogni volta i nuovi guardiani a tal punto che l'uno dopo l'altro abbandonavano l'isola. Non sempre chi incontra un fantasma ne parla volentieri. La paura di non essere creduti, di essere scambiati per poco equilibrati la dice lunga su questa reticenza. Ma Jesper era sempre lì e qualcuno, finalmente, raccontò di averlo intravisto nella nebbia fumare la sua pipa sul terrazzino fuori della lanterna, in cima al faro. Di aver sentito quel motivo assillante suonato al piano, quando il pianoforte non era stato mai più rimpiazzato. 

Così gli anni, i decenni passavano: ormai il fantasma dell'isola di Skomvaer Fyr era entrato nella leggenda. Fino a quando, nell'anno domini 1993, la Guardia Costiera decise di automatizzare la lanterna e di smantellare la stazione. Mandarono degli uomini. Jesper li vide arrivare con una barca che trascinava una chiatta, li vide lavorare intorno alla lanterna, li vide installare le nuove tecnologie, ma scoprì anche che avevano imballato tutti i mobili della sua casa per portarli via dall'isola. Quella notte, il responsabile del gruppo fu svegliato di soprassalto dai sussulti del suo letto, e vide in piedi, vicino a lui una figura vestita con una cerata gialla che, impugnando un'ascia, gli imponeva di non prendere i mobili e di lasciare il cottage così come si trovava. Naturalmente l'uomo si spaventò a morte, saltò fuori dal suo letto e si rifugiò nella stanza vicina, ma, il giorno dopo, tutto era dimenticato e le operazioni di imbarco iniziarono. Tutti i mobili furono caricati sulla chiatta, alata su uno scivolo, dato che il faro si trovava a trenta metri di altezza. Piano, piano iniziarono a farli scendere verso il mare, con l'aiuto di una carrucola automatica. Ma, improvvisamente, il motore si fermò senza motivo, la catena che tratteneva la chiatta si ruppe e tutto scivolò in mare, andando irrimediabilmente a fondo, risucchiato dal vortice del Maelström

Gli uomini della Guardia Costiera riferirono in seguito che era assolutamente impossibile che la catena si spezzasse in quel modo, ma che avevano dovuto rassegnarsi e ripartire senza alcun carico, lasciando la casa del guardiano vuota e abbandonata. 

Nel nuovo millennio nessuno abita sull'isola ormai. Ma i marinai di qualche nave, in rotta su quello specchio di mare, credono di aver sentito, nelle albe nebbiose, le note incalzanti di un pianoforte, confuse con il soffiare del vento. Altri ancora credono di aver intravisto, contro la luce della lanterna, la sagoma di un uomo, in piedi sul terrazzino fuori dal faro, fumare la pipa. 

Nel corso del mio ultimo viaggio all'arcipelago delle Lofoten, mi trovavo sull'Isola di Røst. Essendo a conoscenza di questa leggenda, chiesi in loco se ci fosse la possibilità di far visita a Skomvaer Fyr. Mi indirizzarono dal sindaco Paul Rånes, un uomo alto, con una folta barba rossiccia, che teneva sempre in bocca una pipa spenta. Mi rispose che avrebbe potuto armare un peschereccio che mi avrebbe imbarcato all'alba e riportato all'imbrunire. Sempre ché fossi disposto a spendere una cifra ragguardevole! Mi chiese 2400 Corone Norvegesi. Mi sarei svenato, ma accettai. La navigazione fu piacevole, esente da nebbia. In poche ore, tra stormi di uccelli marini e miriadi di isolotti che vanno a formare il cosiddetto "skjargard" o "giardino di scogli", composto da migliaia di isole e barriera naturale a protezione delle tempeste dell'oceano, avvistai l'imponente faro rosso sanguigno di Skomvaer. Vi sbarcai per circa un'ora. Del fantasma non v'era traccia. Ma tutto intorno faceva ricordare la presenza di Theodor Severin Kittelsen, il disegnatore norvegese che per primo diede un volto ai Trolls, prima di lui lasciati all'immaginazione di chi condivideva le loro fiabe. Egli e sua moglie Inga si trasferirono nell'estate 1887 al faro di Skomvaer, la più remota isola dell'arcipelago delle Lofoten. Vi abitò per due anni, come guardiano, e, in quel luogo esposto ai venti e al mare aperto, ebbe il suo periodo più fertile d'artista. Fu un incontro intenso con le forse primordiali della natura, nello scenario selvaggio e misterioso della Norvegia del Nord, descritto anche, con dovizia di particolari, dal maggior letterato statunitense, Edgar Allan Poe. Assaporare la natura, in perfetto isolamento, fu per Theodor un conforto meraviglioso. Come lo fu per me, in un giorno incancellabile della mia curiosa e indiscreta vita.

 

Massimo Messa

 

 

 

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piazzascala.it - marzo 2016