CAPITOLO PRIMO
materiali, pennini, caricamento 

 

 

Passo ora ad illustrare - seppur a grandi linee – la mia collezione di penne stilografiche,sfere e matite.
Per facilità di esposizione e per non tediare, entrando troppo nei particolari, suddividerò il tutto in grandi gruppi:
- Grandi Marche Straniere,
- Grandi Marche Italiane,
- Stilografiche laminate oro-argento
- Marche Minori Straniere,
- Marche minori Italiane.
- Matite,
- Ebanite e celluloide,
- Stilofori,
- Confezioni
- Inchiostri,
- Collezionismo.
E’ necessario però fare delle premesse, indispensabili per la presentazione dei mezzi di scrittura, in quanto ci consentiranno, con l’evidenziazione di semplici sigle, di conoscere le caratteristiche di ciascuna stilografica, evitando lunghe elencazioni ripetitive.
.
Iniziamo con i MATERIALI:

  • METALLI : acciaio inossidabile, alluminio, leghe di ottone e, naturalmente metalli preziosi
  • EBANITE : trattasi di gomma naturale indurita con l’aggiunta di zolfo. Questo materiale ha fatto nascere la stilografica. Colore classico il nero, ma successivamente con l’aggiunta di pigmenti si ottenne il rosso, l’arancione, il marrone, il rosa, il verde oliva, il verde-blue, sia in tinta unita che variegati. Lavorazione al tornio dal bastone pieno
  • RADITE/PERMANITE : materiale plastico, facilmente colorabile, e molto resistente agli urti. La radite venne lanciata nel 1924 dalla Sheaffer, la permanite nel 1926 dalla Parker
  • GALALITE . caseina indurita con formaldeide. Materiale legato alla produzione di penne economiche in quanto fragile e facile a perdere lucentezza. Lavorazione al tornio
  • CELLULOIDE : cellulosa trattata prima con acido nitrico, poi con canfora alcolizzata. Facile da lavorare e colorare è stata la materia principe dai primi anni venti alla fine della seconda guerra mondiale, pur se conosciuta sin dal 1869. Unico neo era la preventiva stagionatura, perché la materia perdeva umidità col passare del tempo. Lavorazione al tornio ed alla fresa. Questo materiale è stato ripreso sul finire del XX secolo per la produzione di penne di ottima qualità (spesso revival)
  • BACHELITE : resina fenolica con l’aggiunta di farina di legno o polveri minerali. Scoperta nel 1906 venne utilizzata quasi esclusivamente per la produzione di penne economiche, perché era difficile conferirle colori brillanti ed era fragile. Sparì dalla produzione dopo l’ultima guerra
  • RESINE TERMOPLASTICHE : si imposero definitivamente nel dopoguerra, anche se furono sperimentate già negli anni quaranta. Prodotto che non necessita di stagionatura e che non deve essere lavorato al tornio ed alla fresa. Economico e valido per i colori a tinta unita, molto meno per i variegati e i marmorizzati.

Passiamo ora ai PENNINI:

La penna d’oca fu mandata in pensione dal pennino in acciaio nel 1830 per merito di Josiah Mason il quale, prendendo in considerazione le sperimentazioni dei suoi predecessori, per la verità poco pratiche, realizzò un sistema di scrittura realizzato in acciaio curvo (e non più a tubo), caratterizzato da un foro centrale e da una fessura che divideva in due parti la punta, questo per migliorare l’afflusso dell’inchiostro e per dare la necessaria elasticità alla scrittura.
Nel 1822 John Isaac Hawkins saldò sulle punte delle minuscole palline d’iridio, metallo durissimo da poco scoperto, che allungavano la vita del pennino e aiutavano la scorrevolezza; i tempi però non erano ancora maturi e si dovette attendere sino al 1840 quando a New York ebbe inizio la produzione in serie di pennini in acciaio e metalli nobili (oro), con punte in iridio e successivamente in osmio-iridio.

Le misure delle punte vengono così contrassegnate:
- E.F. : extra fine
- F. : fine
- M. : media
- G. : grossa
- GG. : grossissima, oppure
- B. : larga.

Le forme più conosciute dei pennini per stilografiche si possono così riassumere:

- CLASSICO : forgiato a lancia, più o meno larga. Quelli usati per le “Safety” (stilografiche con pennino a scomparsa totale) erano molto più snelli;
- TUBOLARE (TRIUMPH) : verso il fondo ha una sezione circolare che avvolge l’alimentatore;
- CORAZZATO : piccolo, poco visibile, all’interno di una cuffia (carenatura) che è la diretta continuazione del corpo penna (Parker 51);
- VETRO : vetro forgiato principalmente a spirale o a fiamma. Particolarmente diffuso dagli anni venti ai quaranta;
- TRIM-FASHION : simile al classico ma con spalle molto meno evidenti, più slanciato, tende a chiudersi sui lati;
- HAND-SET : a coda di rondine, utilizzato particolarmente dalla Sheaffer nella serie “Targa”;
- SAFETY : totalmente rientrante nel corpo penna dopo il suo utilizzo, particolarmente usato negli anni venti (vedasi Classico).

Accingiamoci ora a conoscere i diversissimi tipi di CARICAMENTO dell’inchiostro:

- A=MANUALE : l’inchiostro viene introdotto con un contagocce “eyedropper”. Si possono distinguere tre sottoclassi:
  - A1 * Pennino Fisso : il gruppo pennino/alimentatore si svita dal corpo come un tappo. Utilizzato all’inizio degli
    anni  venti;
  - A2 * Pennino Safety : il pennino viene risucchiato nel corpo con un sistema elicoidale ruotando il fondello della
    penna. Diffuso sino alla metà degli anni trenta;
  - A3 * Inchiostro solido : alle pastigliette di inchiostro solido si aggiungeva acqua. Il primo brevetto risale al 1898
   (D.Ariazza).

- B = DEPRESSIONE : trattasi di un caricamento automatico. L’inchiostro, per mezzo di vari sistemi che poi diremo, viene risucchiato nel corpo penna tramite il pennino (self filling).
- B1 * Serbatoio di gomma che si suddivide in :
  - B1a * Torsione : ruotando il fondello della penna si torce la gomma, creando la depressione (brevetto W.
    Moseley  1859);
   - B1b * Pressione diretta : la gomma serbatoio viene premuta a mano dopo aver svitato il corpo penna, oppure
    attraverso apposite fessure sul corpo stesso;
  - B1c * Moneta “coin filler” : una fessura sul corpo lascia penetrare una moneta che preme sul gommino;
  - B1d * Mezzaluna “crescent filler” : al posto della moneta c’è una mezzaluna fissa che svolge la stessa
    funzione. Un anello blocca la lunetta per evitare involontarie pressioni a serbatoio carico. Famose le Conklin a
    cavallo del 900 “self filler”;
  - B1e * Bottone laterale : invece della lunetta c’è un pulsante (Brevetto del 1882 Cohn);
  - B1f * Leva laterale : è uno dei sistemi più usati. Brevetto di W.Sheaffer del 1908 e successivamente della
    Waterman nel 1913. Trattasi di una levetta adagiata in una fessura laterale del corpo penna che, opportunamente
    sollevata va a premere su una leva che schiaccia il serbatoio;
   - B1g * Leva interna : svitando il fondello si agisce su una leva che schiaccia il serbatoio. Caricamento tipico della
    Columbus attorno agli anni trenta;
   - B1h * Leva esterna : usato per breve tempo negli anni venti;
   - B1i * Rotazione fondello : simile al sistema a torsione, si agisce ruotando il fondello. Sistema adottato da alcune
     Swan;
   - B1j * Pulsante : uno dei sistemi più usati. Fu introdotto dalla Parker attorno al 1915 ed abbandonato solo dopo il
     ’33. Si svita il fondello e si preme un pulsante che agisce su una leva interna che schiaccia il serbatoio;
   - B1k * Levetta pulsante di fondo : la leva è in presa diretta senza pulsante;
   - B1l * Pressione d’aria “touch d” : il touch down venne utilizzato negli anni’10 dalla Mont Blanc, negli anni’20
    dalla Onoto e ripreso nel dopoguerra dalla Sheaffer con l’introduzione dello “snorkel”, che consisteva in un tubicino
    di metallo che aspirava l’inchiostro al posto del pennino, preservandolo. Si estrae un cilindro interno aumentando
    l’aria nel corpo penna che passa attraverso un forellino; si introduce lo snorkel nell’inchiostro e si fa rientrare il
    cilindro nel corpo penna, tenendo chiuso il forellino. L’aria compressa provoca lo schiacciamento del serbatoio ed
    il  conseguente risucchio dell’inchiostro;
   - B1m * Leva inchiostro solido : era un caricamento a leva laterale ma si caricava solo acqua che andava a
    sciogliere una pastiglietta di inchiostro solido, inserita sotto il pennino;
   - B2 * Serbatoio rigido e stantuffo che si suddivide :
   - B2a * Stantuffo a vite
: girando il fondello si provoca la traslazione dello stantuffo. Brevetto Joseph Parker del
    1832 (nessun legame con il fondatore della Parker Pen Co.);
   - B2b * Stantuffo a siringa : simile alle siringhe per iniezioni. Brevetto Thompson del 1849. Il difetto di questo
    sistema è la ridotta capienza del serbatoio per la lunghezza dello stantuffo;
   - B2c * Stantuffo e valvola : sistema adottato dalla Waterman dal 1903 al 1910. Ebbe  scarsa diffusione;
   - B2d * Siringa rovesciata : utilizzato negli anni ’30 prima dalla Sheaffer poi dalla Eversharp;
   - B3 * Sfiatatoio che si suddivide :
   - B3a * Stantuffo di fondo : brevetto che risale al 1936. Il corto stantuffo va ripetutamente estratto e spinto
    all’interno per creare depressione;
   - B3b * Stantuffo in punta : si spinge con il pennino nell’inchiostro;
   - B3c * Membrana Vacumatic : lanciato dalla Parker Vacumatic nel 1933;
   - B3d * Sacchetto di gomma : detto anche a “pressione diretta”. La prima parte del serbatoio è rigida ed il
    terminale è in gomma. Sistema adottato dalla Parker 51. Ricorda il B1l;
   - B3e * Sacc. gomma leva laterale : ricorda il B1f;
   - B3f * Sacc. gomma leva lat. piegata : sacchetto gomma con leva laterale pieghevole;
   - B3g * Sacc.gomma press. aria : simile al B1l.

- C=CAPILLARITA’ : progetto brevettato negli anni ’30 e realizzato da Parker e Waterman dopo oltre vent’anni. Si immerge la penna dalla parte del pennino o dal fondo e si attende che l’inchiostro salga per capillarità: fu un tatale
fallimento.

- D=CARTUCCIA : questo sistema può essere:
   - D1 * Vetro e inchiostro polvere : l’idea si deve a J.Blair nel 1898;
   - D2 * Vetro : prodotta sin dagli anni venti, ebbe maggior diffusione nei ’30 ad opera della Waterman. Il vetro
     presentava però molti svantaggi quali la fragilità e la difficoltà d’innesto;
   - D3 * Monocartuccia in plastica : si diffuse a partire dalla metà degli anni ’50. Shaeffer fece il primo modello nel
     1955 e la Parker si adeguò nel 1960;
   - D4 * Monocartuccia ricaricabile : nel dopoguerra l’italiana DP2 propose cartucce in plastica con il terminale di
     gomma che consentiva il riempimento;
   - D5 * Bicartuccia in plastica : proposta nel 1954 dall’italiana Aurora con la famosa “Duocart”: due cartucce più
     piccole, ma che consentivano una riserva.

Ci sarebbero tante altre cose da dire, ma lasciamo tutto ciò agli addetti ai lavori e prepariamoci ad
osservare le stilografiche con l’occhio del profano, attirati solo dalle loro forme, dai colori , dalla
lucentezza dei materiali e facciamoci catturare dal fascino che emanano le penne del passato, quelle
che hanno una storia da raccontare.

 

(continua)

 

 

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piazzascala.it - maggio 2016