GLI SCRITTORI PREDILETTI
 

Nella casa di Arianna, aleggia odore di stantìo. Da quanto tempo non esce? La polvere e la sporcizia hanno preso possesso dello studio dove sono schierate centinaia di libri negli scaffali alle pareti. Sulla scrivania il computer, sempre acceso, fermo sull'office automation Word, e diversi fogli A4 di scarsa qualità, fascicolati con una spirale: sono bozze di romanzi, romanzi non finiti o appena iniziati. Quanti mesi ha dedicato a queste opere incomprese? Sul monitor appare l'ultima frase scritta alla tastiera: Una trama perfetta per una vicenda coronata dal dramma... E' mattino, Arianna è pallida, spettinata, non ha dormito, è in sottoveste, afferra una borsa da viaggio e la butta sul divano. La riempirà con i libri dei suoi autori preferiti. L'accompagneranno durante il viaggio. Si mette al centro della stanza a braccia conserte, allunga il collo, deve individuare i libri adatti. Eccone uno, Lavorare stanca di Cesare Pavese. Si allunga sulla punta dei piedi e lo afferra, lo sfoglia senza troppa attenzione e lo infila nella borsa. E già ne sceglie un altro, Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway. Poi scruta nel settore avventura e pesca Il corsaro nero di Emilio Salgari e Il richiamo della foresta di Jack London. "Ci sta anche una scrittrice". Arianna desidera che il campione sia ben assortito e prende Gita al faro, di Virginia Woolf. "Dovrebbero bastare" si dice. "No, ne manca ancora uno, nell'altro scaffale" e sfila un libro di Edgar Allan Poe. "Così anche la categoria Racconti è ben rappresentata!"Oh, ci vuole anche una rappresentante della cultura ebraica". Spazia con lo sguardo sulla biografia, s'accuccia e sfila dal basso Se questo è un uomo, di Primo Levi. Dà un'ultima sbirciata agli scaffali: "Ecco può bastare".
Ora la borsa contiene sette libri. "Sette magnifici libri!". Arianna si siede sul divano e li manipola, li palpa di nuovo uno ad uno. Si sofferma sulle biografie degli autori, ne legge in parte e si sente stanca. "Ora mi vesto". Arianna chiude la borsa, poi imbuca la camera da letto, si toglie la sottoveste, che getta in malo modo sul letto e s'infila un paio di jeans, delle scarpe da tennis e indossa una T-shirt verde con la scritta Je suis Charlie.
Ritorna nello studio, raggiunge la scrivania, spegne il computer e dà un'occhiata ai fascicoli. "Mie care opere, quanti editori vi hanno rifiutato soltanto perché la vostra autrice non è stata capita? Ma aspettate, forse domani vi scopriranno e avrete la giusta diffusione che vi meritate. Anzi, andrete a finire nelle librerie, ve lo prometto".
Arianna prende la borsa, apre la porta d'ingresso ed esce sul pianerottolo. Richiude dietro di sé, ma senza serratura. Ora è pronta. Chiama l'ascensore. L'attesa è breve. La sliding door si apre. Entra. Pigia settimo piano. L'attesa è interminabile o forse troppo breve. Arianna non lo sa.
Le porte si aprono. Arianna fa l'ultima rampa di scale a piedi, perché lì l'ascensore non arriva. Arianna tira fuori le chiavi e apre la porta blindata della terrazza. Muove i primi passi verso il sole, ha uno sguardo enigmatico perché anche lei non sa. Si chiede perché, e non sa darsi una risposta. Non è mai riuscita a darsela. Arianna è stanca, Arianna è depressa, Arianna è triste, Arianna è vinta, morta dentro. Arianna non ne può più. Si avvicina al parapetto. Il palazzo su cui si trova non è né il più alto né il più basso. Nessuno sembra prestare attenzione a lei, sul tetto di un palazzo alle 10 del mattino. Ha il cuore pesante, così pesante che quando deciderà di buttarsi non potrà arrestare la sua caduta. Anche la borsa piena di libri è pesante, ma è necessaria. Non deve sentirsi sola negli ultimi attimi della sua vita. Deve essere bene accompagnata. Arianna è lì, seduta sul parapetto. Dà un'occhiata al cellulare. Zero chiamate, zero messaggi, zero notifiche su facebook. Zero, come le esperienze degne di nota della sua triste vita. Poi pensa che la caduta sarebbe più spettacolare se i libri svolazzassero intorno al suo corpo, come gigantesche farfalle colorate, e apre la zip della sua borsa. Arianna si sporge col busto oltre il parapetto. Da lì a terra è una lunga strada, ma Arianna viaggerà veloce. Poggia il primo piede sul parapetto. Qualcosa la ferma. Una vibrazione. No, impossibile... Arianna si porta la mano alla tasca. Il cellulare sta vibrando davvero. Numero anonimo. Arianna risponde, curiosa di sapere chi sarà l'ultima persona con cui parlerà prima di morire.
"Pronto? Parlo con Arianna Nobili?". Una voce maschile, nasale, adulta.
"Sì. Con chi parlo?» risponde Arianna, tremolante e incerta.
"Sono il dottor Briganti, della Pan Editor. Abbiamo letto il suo romanzo L'isola dell'utopia e vorremmo procedere alla pubblicazione, se lei è d'accordo, beninteso".
Arianna sta per riattaccare. Ha già ricevuto telefonate simili.
"Non ho i soldi per pagarvi".
"Cosa? No, guardi, lei non ha capito. Ci occupiamo di tutto noi. Editing, stampa, pubblicazione, pubblicità, tutto, lei dovrà solo partecipare alle conferenze di promozione del libro e incassare i diritti di autore".
Arianna non può credere alle sue orecchie. Si ridesta, ha un mancamento. Perde l'equilibrio, ma spinge il peso dalla parte giusta, lontano dal parapetto. Arianna è salva. Cade a terra, ma è sveglia. I libri fuoriescono dallo zaino, il cellulare scivola da qualche parte sul tetto.
"Signora Nobili, mi sente?".
Arianna trova la forza per gattonare fino all'apparecchio e riporlo all'orecchio. Si gira pancia all'aria. Il sole le irradia dopo tanto tempo un sorriso.
"Sì, sono qui".
"Ha capito cosa le ho detto?".
"Credo di sì".
"Può venire da me in ufficio, mercoledì pomeriggio alle tre?".
Arianna ha un attimo di esitazione, poi prende fiato e con entusiasmo ritrovato risponde sì: "Sarò puntuale, Dottor Briganti".
Ora Arianna è felice. Arianna non vale più zero. I suoi autori suicidi si possono rivoltare nella bara e far scricchiolare le ossa. Riapre la borsa e li riconsidera: "Hemingway, la pistola, Poe e London, overdose, Salgari, rasoio, Pavese, sonniferi, Levi, la tromba delle scale, Virginia Woolf, la migliore, annegamento. Carissimi, vi ho tradito, avevo perduto la mia immagine, che aveva incontrato uno specchio in frantumi, ma ora non vi seguirò più!".

La casa del dottor Briganti odora di caffè. Anche la bella moglie Claudia odora di caffè come la tazzina che la donna porge al marito.
"Non capisco cosa ci trovi in quel romanzo. Sai benissimo che è mediocre. Non abbiamo mai pubblicato nulla del genere. E poi l'hai letto di fretta" intona la bionda e sinuosa signora.
"Con una buona revisione diventerà decente. Basterà snellire un po' la forma. E alleggerire il chiodo fisso del suicidio della protagonista" taglia corto Briganti, sorseggiando il suo caffè.
La donna risponde con una smorfia piuttosto significativa, per poi cambiare discorso: "Ho chiamato il 118 poco fa" riprende con sufficienza e attende lo sguardo interrogativo del marito prima di proseguire. "C'era una donna sul tetto di un palazzo qui vicino. Aveva una borsa in mano, e non mi sembrava stesse bene. Ho dedotto che fosse lì per fare qualche follia, quando a un certo punto...".
Briganti sorride e beve l'ultimo goccio di caffè: “Lo so, Claudia. Le ho telefonato appena in tempo!”.

Massimo Messa

 

 

 

 

 

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piazzascala.it - aprile 2017