L'UOMO CHE LEGGEVA
 

Quella domenica il tempo non prometteva nulla di buono. L'uomo si era alzato presto, aveva acceso il televisore e assimilato quei due minuti di previsioni meteo, quanto bastava per decidere che avrebbe rinunciato alla messa. Il viale che portava alla chiesa era lungo e polveroso. La perturbazione proveniente dall'Islanda stava già agitando con vigore i rami degli alberi e chissà quanta polvere avrebbe alzato. La temperatura era rigida e i primi acciacchi della vecchiaia lo avevano indotto a infilarsi il bel maglione verde oliva fatto a mano da una donnina del paese che in tutta la sua vita ne aveva fatti altri mille. Si era già raso, aveva preparato un ricco brunch a base di bacon e salsiccia, poached eggs, pan carré, succo di pompelmo, burro e formaggio e, per finire, una bella fetta di torta di mele, l'ultima che era rimasta nella dispensa. Si gustò il tutto al tavolo della cucina con calma e tranquillità pensando ai programmi della Tv e a quel libro che stava leggendo e che tanto lo attizzava: un bel thriller. Come s'intitolava? Ah, sì, La quarta vittima. Nel salotto a piano terra c'era tutto quanto potesse farlo sentire viziato: sulle pareti a buccia d'arancia erano affissi i quadri dei suoi antenati tra i quali, accanto alla finestra, svettava una tela raffigurante la sua bisnonna, abbigliata in nero, pizzi e merletti, seduta su una poltroncina troneggiante in legno dorato e velluto rosso, insieme con il marito, in piedi con un elegante bastone d'epoca, tanto altero e baffuto da ricordare Cecco Beppe. Al centro della stanza un ampio tappeto bukara e, di spalle all'ingresso della casa, un divano e una comoda poltrona in pelle naturale. Accanto, un tavolino portavivande con un ripiano per i libri e nella parete di destra un bel camino, che tirava con successo senza buttare fumo all'interno dell'abitazione. Prese tre bei ciocchi stagionati e li dispose a forma di tenda indiana sulla brace ancora attiva. Adesso avrebbe potuto attendere al calduccio l'inizio della discesa libera di Kitzbühel, la famosa Streif. Si accomodò in poltrona, prese la pipa in radica di noce, col pollice vi pressò quanto bastava il suo tabacco preferito, prese l'accendino che stava sul tavolino, e si portò la pipa alla bocca. Accese il televisore sul programma dello sport: la gara stava per iniziare sotto un cielo nuvoloso, ma con buona luce lungo il percorso. 

La gara fu avvincente e contrastata. Vinse il solito sciatore della scuderia austriaca tra le ovazioni del pubblico di casa. 

Bene, ora avrebbe potuto riprendere il suo libro per sapere cosa avesse escogitato quel serial killer che si aggirava nel bosco di aceri e betulle. Allungò i piedi sul puff e incrociò le gambe. Si mise comodo. Chi fosse venuto a fargli visita in quel momento avrebbe notato soltanto una testa calva sporgere dallo schienale della poltrona. Succhiò una boccata di fumo dalla pipa e riprese la lettura dalla pagina rimasta con l'angolino piegato. 

Aveva la polizia alle calcagna, per questo s'era inoltrato nel sentiero del bosco, tra massi in serpentino e cespugli imponenti. Già erano state tre le vittime del suo passaggio: una vecchia sarta, intenta alla macchina da cucire, sgozzata alle spalle, il chierichetto del paese all'uscita dalla sacrestia, pugnalato alle spalle, e, per ultimo, il giornalaio alla chiusura della sua edicola, pugnalato alle spalle con più fendenti, considerata la mole. Il tutto in una sola mattina. Ma il terzo omicidio non era passato in sordina come i primi due essendo l'edicola troppo esposta agli occhi di coloro che abitavano nelle case attorno alla piazza del paese. Le sirene delle volanti si erano alzate con gran frastuono pochi minuti dopo fino ad arrestarsi non appena l'assassino si era incamminato verso il bosco. Indossava dei pantaloni a righe e una giacca di pelle nera. Sopra la testa un cappellaccio a falda larga di un colore indecifrabile. Nel bosco si spostò rapidamente da un sentiero all'altro, senza una meta ben precisa, pur di seminare gli inseguitori. Assaporava la fuga, l'unico mezzo per sentirsi di nuovo vivo e godersi la libertà. La sua mano destra non mollava il coltello affilato con una lama rossa intrisa da tre fonti di sangue diverso. Dalle arance marce non nascono ciliege, che lo prendessero pure e lo impiccassero - pensò. Ma era necessario per lui chiudere il cerchio, con una quarta vittima, come quattro sono i vangeli, come quattro sono le stagioni, come quattro sono gli angoli della figura geometrica più perfetta: il quadrato. Ancora una coltellata ben assestata e poi il suo morbo omicida si sarebbe placato. Non per niente era fuggito dalla casa circondariale che lo deteneva da tanti anni. 

L'uomo che leggeva s'interruppe. La pipa non tirava più e allora si domandò: "Un caffè o un whisky?". "Entrambi" si rispose "e poi concluderò il romanzo: mancano poche pagine ormai. Lo prenderanno? Certo è che la solennità del comandamento Non uccidere fa pensare che tutti noi discendiamo da una lunga serie di generazioni di assassini, i quali avevano nel sangue, come forse ancora abbiamo noi stessi, il piacere di uccidere!".

Ci bevve sopra il caffè in cucina e portò con sé un bicchiere di Johnny Walker che posò sul tavolino al suo fianco. Si sistemò di nuovo sulla poltrona, questa volta allungandosi un plaid scozzese sulle gambe. E riprese a leggere. Con gusto. 

"Forse l'ho fatta franca" si disse l'assassino. "Questo bosco è molto grande, non credo che riusciranno a bloccare tutte le uscite in poco tempo". Osservò la lama del suo coltello a serramanico e decise di pulirla sfregandola contro un ramo d'acero. Lo strumento doveva essere presentabile prima di agire per l'ultimo cimento. Chi avrebbe potuto uccidere questa volta? Una donna in bicicletta? Un cercatore di funghi? O un cacciatore? L'importante era far bene le cose, prendere alle spalle la vittima per non darle il tempo di lanciare l'allarme. C'era anche la possibilità che non lo prendessero, mai disperare. Avrebbe poi regalato il coltello ai suoi inseguitori lasciandolo infilzato nel corpo senza vita, come sigillo della sua bravura. Quante angherie aveva subito da ragazzo da parte di quella escort di sua madre e di quel magnaccio di suo padre! Violenze senza pietà. Perché mai, ora, ne avrebbe dovuto avere lui per gli alti. Per uno stupro aveva preso tre anni, per un altro otto. Era dentro da molto tempo, gli era parso d'impazzire in quella topaia, si era detto che la sua vita non valesse più niente, neppure uno sporco verdone, e aveva giurato che quando sarebbe uscito avrebbe fatto una strage per bilanciare tutto il male sofferto che si era tramutato in null'altro che odio per il mondo intero. Gli avevano dato da leggere i vangeli. "Bene, cari Marco, Matteo, Giovanni e Luca, agirò ogni volta per uno di voi, per farvi capire che ciò che avete predicato con tanto garbo è del tutto sbagliato. Quando mai sono stato perdonato? Quando mai un povero come me è stato aiutato? Chi mai ha porto l'altra guancia dopo esser stato preso a randellate dagli sbirri?".

Ed ora che una guardia carceraria corrotta lo aveva aiutato a fuggire nell'ora d'aria, aprendogli la porta della lavanderia, gli era stato facile spaccare un paio di vetrine per procurarsi prima la giacca di pelle e poi il coltello, mentre il cappellaccio l'aveva sottratto al giornalaio, prima che stramazzasse al suolo.

Ora camminava con passo spedito, gli alberi si diradavano. Era giunto al limitare del bosco. Stava calando la sera, ragione di più per sperare di non essere individuato. Avrebbe potuto cercare i binari della ferrovia e nascondersi in un treno merci che lo avrebbe portato ai confini del mondo. Ma prima l'ultimo atto della sua vendetta, quella da perpetrare in onore di Luca. Ecco l'ultimo albero. Poi un viale interrato e in lontananza una casetta bianca, isolata. "Ecco il mio treno merci, per questa notte" si disse. Si avvicinò alla casa con circospezione e ne raggiunse l'ingresso. Qualcuno vi abitava perché del fumo usciva dal camino. Con sua sorpresa, premendo la maniglia, la porta si aprì, senza produrre alcun rumore. Brandì il coltello con tutta la forza che stava nella sua mano e pian piano entrò nella casa. Silenzio, soltanto il crepitare del fuoco. Si guardò attorno: dei quadri alle pareti, tutti ritratti. Poi mise a fuoco il centro della stanza e vide una testa calva spuntare dallo schienale di una poltrona in pelle e un rivolo di fumo salire verso l'alto. Un uomo stava leggendo tenendo una pipa tra i denti. Preparò il coltello per il fendente alla gola e si disse soddisfatto: "Finalmente, la mia quarta vittima, quella per Luca!".

 

 

Massimo Messa

 

 

 

 

 

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piazzascala.it -settembre 2016