LA FATA DELL'ISOLA
 

Nel fiordo norvegese di Kvaenangen sorge l'isola di Skorpa, lontano dal mondo e da ciò che nel mondo succede: un luogo ove, nel corso della seconda guerra mondiale, era stato costruito un campo di concentramento tedesco, poi abbandonato. Si vive con niente lassù, ben oltre il Circolo Polare, apprezzando la propria coscienza, in una piccola comunità che equivale a un'unica grande famiglia. Non vi sono stranieri, nessuna guida vi ci porterebbe in quell'isola impervia, costellata da numerosi laghi e dalle migliaia di stelle dei cieli tersi delle aurore boreali.

 

Robert era giunto ai limiti della propria esistenza, solo, inerme, capiva che gli rimaneva poco, marinaio per la vita, era finalmente riuscito a comprarsi un cabinato tutto per lui e da tempo aveva pensato che, in un giorno fatale, si sarebbe ricongiunto ai due fratellastri che erano morti in quel posto di prigionia. Per questo era partito dalla sua città, affollata da gente che non lo riconosceva più, e aveva navigato e navigato sino a raggiungere la costa dell'isola.

 

Da una parte l'arcipelago era rigoglioso, ricco di piante selvatiche in fiore, mentre dall'altra era buio e triste, pieno di erbacce e di arbusti in decomposizione. Ormeggiò la barca in un moletto decrepito che riusciva ancora a servire allo scopo. Sulla riva incontrò le rovine del campo di prigionia, mattoni neri sbeccati, i resti di ciò che doveva essere un forno o un camino, poche finestre pericolanti. Nessun cimitero, nessuna croce o lapide, a ricordo di ciò che era stato. Nessuna traccia di quei prigionieri, dei suoi fratelli. Poi, nella ruvida superficie di una pietra, Robert osservò una scritta. Qualcuno vi aveva inciso, con l’aiuto di un coltello o di un chiodo: I have been here and no one will tell my story.

Robert si meravigliò di non provare alcun senso di sconforto. Rimase indifferente ai suoi occhi che scrutavano quel luogo e s'incamminò a piedi risalendo il corso di un ruscello.

 

Il ruscello ad un tratto si apriva per trasformarsi in una cascata di porpora, formando un laghetto ove nasceva una piccola isola lacustre. Inoltre, nello specchio d'acqua c'era una barchetta su cui remava una stupenda fata, dagli occhi verdi, dai lungi capelli rossi, vestita di bianco. La barca si muoveva intorno all'isoletta. Ma, ad ogni giro compiuto, il paesaggio diventava più nero e fosco, forse a causa dell'arrivo del tramonto, e anche la fata si faceva più debole e scarna. Ogni volta che passava nella zona tetra dell'isola, l'ombra dello spirito veniva inghiottita dalla nebbia e, fatti altri tre giri, nell'isoletta scomparve.

 

Mentre Robert stava avvertendo un senso di timore per quella visione in completa solitudine, si sentì afferrare un braccio da una mano robusta e, senza vederne il volto, scorse un uomo che, in tono cupo, gli disse: "Qui sono morti cento soldati norvegesi. Non avrebbero avuto mai pace se su quest'isola non esistesse quella donna, la donna dei soldati, che li assiste nell'aldilà... E tu non dovrai disturbare la potenza suprema della Natura nei confronti dell'uomo, sebbene questi continui a far di tutto per essere il più potente".

Robert si sentì ghiacciare l'anima, ma osò chiedere balbettando: "Sono venuto perché qui sono morti i miei due fratellastri, figli di mio padre Olaf e di mia madre Virginia. Me lo ero prefissato da tanto tempo, ma non disponevo di una barca... Che cosa vuoi che faccia?".

"Ritorna verso la riva lungo quel lato, troverai un grande albero senza foglie, dovrai sdraiarti alle sue radici e attendere il tuo turno. Dall'isola della fata non si potrà mai sfuggire, questo è il posto giusto per ubriacarsi di vento e di morte. Te lo dice Caron Dimonio".

 

Robert sentì dei brividi di freddo, l'uno dopo l'altro. La presa dell'uomo senza volto era scomparsa insieme al suo corpo. Proseguì nella direzione che gli era stata indicata e raggiunge quell'albero spoglio lambito dal maelstrom. Vi si sdraiò alla base e chiuse gli occhi. Non vide le stelle che abbagliavano il cielo. Morire, dormire... Forse sognare. Era pronto a dormire. Per sempre!


 

 



Massimo Messa

 

 

 

 

 

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piazzascala.it - novembre 2017