Il  simpaticissimo Collega Giacomo Morandi (con la G e la M maiuscole nella sua ex-veste di alto Dirigente Comit sia in Italia che all’estero) ha raccontato qualche giorno fa alcune reminiscenze riconducibili ai suoi  pranzi di Natale degli anni ’40 circa, relativamente al  periodo pre-post bellico, pranzi natalizi e non,  che venivano preparati dai suoi Genitori.  

Leggendo detti racconti, invero molto ed accuratamente dettagliati,  non ho avuto la sensazione che esistesse un po’ di…carestia nella preparazione di questi pranzi malgrado il periodo assai difficile per gli approvvigionamenti alimentari, anzi, tutto il contrario,  come si evince dallo stralcio dell’articolo scritto da Morandi, qui sotto riportato 

“….polli, i tacchini, le oche e le anitre erano cortilizie, allevate a granturco o pastone di farina.
Ciò non impediva, di tanto in tanto, di prendere qualche fregatura da uno scaltro contadino. Spesso li acquistavamo vivi e il nostro portinaio tirava loro il collo con maestria, senza farli soffrire, diceva.
Mia madre e la domestica preparavano il giorno prima i tortelli con la coda, ripieni di ricotta, formaggio, biete, da condire con burro e formaggio grana, oppure tavole piene di "anolini" specie di ravioli con ripieno di stracotto, conditi con sugo di carne… ecc.ecc”. 
 

Verrebbe da dire  …”ben venga la guerra” se le cose, per Giacomo Morandi, andavano allora così  (si fa per dire, ovviamente) anche perché in detto periodo  c’erano dei “contraltari” rappresentati dal sottoscritto, contraltari che confliggevano con le predette …anitre cortilizie,  per confluire in ben altri canali, ove la carestia faceva da padrona incontrastata, anche se io allora potevo  ritenermi molto fortunato in quanto mio padre, grazie al suo tipo di impiego, aveva maggiore facilità di tanti altri a procurarci il pane  (fornito in sacchi di juta, non fresco ma biscottato, che doveva durare per circa …un mese, giorno più giorno meno). 

Grazie a questa mia fortunosa condizione alimentare, ricordo  - come mi par di aver già scritto su Piazza Scala -  che barattavo con una contadinella due-tre pagnotte biscottate che sottraevo dal sacco di juta con altrettante pesche che, detta contadinella, distraeva invece dai campi del padre agricoltore.  Il discorso sarebbe lungo ed assai variegato se non impossibile in quanto, ciò che mi è occorso in quel periodo,  richiederebbe pagine e pagine per raccontare. Mi limito pertanto, almeno per ora, a scrivere solo un indimenticabile evento: quello che ha caratterizzato la mia prima comunione.

Mia madre, non lo so  neanche  ora mentre sto scrivendo,  è riuscita a procurarmi un vestitino bianco adatto alla cerimonia, impresa impossibile in tempo di guerra,  oltre  ad un paio di scarpe di… gomma che, per il loro colore blu,  stonavano con il  vestitino color bianco di prima comunione.  Ed allora, sapete cosa fece?  Dette il colore bianco (con il gesso)  a  dette scarpette blu,  intonandole quasi perfettamente al vestito. Ma non è finita qui. 

Finita in Chiesa la Cerimonia della prima comunione, a  mio padre furono prestate, dal suo datore di lavoro,  due carrozze con cavalli che servivano anche per il trasporto …all’ultima dimora,  con le quali raggiungemmo un posto di campagna per festeggiare con i parenti detto evento, con un modesto pranzo.  Ebbene, uno di questi, sistemò sotto le carrozze, alcune cassette di vino “Reciotto”   per brindare una volta arrivati in una trattoria di Maerne di Martellago. 

Ma, quando stavamo per arrivare a destinazione,  incominciò a suonare l’allarme  antiaereo. Detto suono, invero molto forte, deve aver infastidito le coppie dei cavalli che, ad un certo momento, imbizzarriti, fecero sobbalzare le carrozze con tutto il loro contenuto, fatto di persone e viveri, tanto che le cassette di Reciotto finirono quasi tutte nel fossato adiacente la strada.  Poi raccolte, per fortuna integre… 

Qualcuno obietterà che anche il sottoscritto, come Giacomo Morandi,  se la passava bene in tempo di guerra, ma non era proprio così in quanto la generosità di chi aveva prestato le carrozze a mio padre e di chi aveva regalato le cassette di “Reciotto”, non costituiva certo una realtà “strutturata”, alla Morandi, ma una favorevole circostanza che ha, per un giorno, oscurato la predetta carestia che gravitava anche nella mia Famiglia.                             

 

ARNALDO DE PORTI 

 

 

P.S.  Leggo sempre con avidità quanto scrive Giacomo Morandi, vuoi per la sua forbita penna,  vuoi anche perché, sovente, nella serietà dei suoi concetti pullula anche un certo  humour capace di  rendere maggiormente appetibili i suoi racconti.  Mi è capitato,  divorando il suo ultimo pezzo su Piazza Scala relativo ai  pranzi natalizi di allora con i suoi Genitori che mi sia   “volutamente” sfuggito, verso la fine,  che anche Giacomo abbia  un po’ sofferto nel periodo bellico per cui pongo rimedio subito al qui pro quo voluto, non sottacendo però che esiste una certa filosofia di cui io, in  quei tempi  (anni 40 circa), ero senz’altro un cultore, ma anche coltivatore  (avevamo un orto mentre eravamo sfollati in campagna): allora infatti, chi aveva qualche mezzo finanziario aveva la possibilità di comperare gli alimenti, magari a…mercato nero, mentre gli altri erano costretti ad andare dal …calzolaio (posto che esistesse in quanto non c’erano scarpe) per farsi fare dei buchi aggiuntivi  per stringere la cintura dei calzoni…

N.d.R. : nell'immagine inserita nel testo è (forse....) riconoscibile Arnaldo De Porti da Feltre che sfoggia con  orgoglio un'alta uniforme dei "Figli della Lupa"

 

 

 

piazzascala.it - dicembre 2015