Man mano che gli anni passano sia il tempo che le vicende della vita  rendono  sbiaditi i ricordi e le sensazioni provati nella prima giovinezza.

Il ripetersi di un evento  o   una certa data particolare  fanno riaffiorare  i ricordi e le emozioni  provate in  gioventù.

Il Natale è uno di  questi momenti.

Particolarmente emozionanti e vivissimi  sono per me tali ricordi.

Negli anni della mia gioventù  - parliamo degli anni quaranta -la celebrazione  del Natale  era vissuta  in maniera particolare  e originale    legata all’ambiente  e alla tradizione della mia città, Catania.

Appena si cominciava a respirare aria di Natale era obbligatorio   allestire “la cona”, in sostituzione del  presepio.

Le nostre modeste  possibilità e il  poco spazio  non ci permettevano di preparare  il   presepio e  quindi  era  necessario addobbare  la “cona” (Icona).  

Consisteva nel fissare nel muro   un quadro della Sacra Famiglia,  attorno al quale  si  intrecciava una  robusta corona di spine, dette  sante,  che venivano raccolte sulla parte più  alta dell’Etna e che la tradizione dice  fossero come quelle che  erano state poste,  a forma di corona,sulla testa  di Gesù.

Le spine, arricchite da una folta nuvola di  “asparaciu“ (un sempreverde tipico del basso Mediterraneo)  facevano  sbocciare  (era la mamma)  una grande quantità di  arance, mandarini , fichi secchi(che venivano consumati dopo il Natale) e fiocchi di cotone idrofilo, per simulare la neve.

La tradizione vuole che davanti alla “cona”( o al presepio) , ogni giorno, durante la novena di Natale ( dal 16 al 24 dicembre)   vengano  suonati dei  brani  di una   musica dolce, vellutata, armoniosa, melodiosa - a simulare una nenia  -   per celebrare il Natale  e la rievocazione della nascita di Gesù .

Quale strumento  crea questa magica atmosfera? 

Ovviamente la  nostra mitica  “ciaramedda” (cornamusa,zampogna,piva).

 

Ode alla  “ciaramedda”

 

La “ciaramedda”  ovvero la zampogna è uno strumento  che appartiene,  “di diritto “, anche se non esclusivamente, alla cultura siciliana(particolarmente catanese) legata al Natale  e non solo. E’chiamata affettuosamente “la capra che canta”dato che il materiale  primario,con cui viene costruita,  è la pelle di questo animale. La sua costruzione è affidata a veri maestri artigiani  del settore - soprattutto  nella cittadina di Maletto, il Comune più alto della Provincia di Catania -  che si tramandano  i segreti del mestiere da padre in figlio. Una volta che la pelle di capra  viene messa sotto sale, essiccata e  rivoltata a forma di sacco  si procede  con l’applicazione  di  un ceppo di legno ovvero  i “bordoni”: quattro canne lunghe e una corta - realizzate con legno di sorbo - che consentono  di accordare  lo strumento   e  modularne il suono.

Anche a casa nostra  c’era la tradizione di  attendere  il Natale con il rito del suono  della “ciaramedda” davanti  “ a cona “.
Il  nostro“ciaramiddaru”, don Pasquale,  sempre lo stesso,  ogni anno  prima di  Natale  arrivava   a piedi da Maletto  e  prendeva accordi con la mia mamma ( e con le altre famiglie del quartiere)   per   il rito della  “novena”.  

Era un pastore, molto umile, chiedeva pochi soldi e vestiva abiti  rozzi di  velluto ( tipico dei montanari)alternati a  pelli di pecora . Calzava i tipici “zampitti”.

Durante  tutto l’anno accudiva il suo gregge a Maletto. Prima di  Natale  scendeva in città per pochi giorni. Aveva l’aspetto di una persona  anziana.

Ai miei occhi di ragazzo  rappresentava una figura quasi biblica .

E’ difficile immaginarlo  ma vi posso assicurare  che don Pasquale, ligio agli accordi  presi  con mia madre,  si presentava puntuale  ogni mattina a casa nostra alle ore  5,45 (alle sei meno un quarto !!!) per suonare, rivolto verso  la  “cona”, la sua e la nostra  preghiera musicale  al Signore .

Subito dopo la mia mamma gli preparava una gran tazza di latte  e caffè caldo  con pane  (a volte qualche biscotto fatto in casa) per  rifocillarlo  dal freddo e dalla fame. Forse aveva scelto quell’ora per questo motivo e anche perché a quell’ ora la famiglia era tutta unita.

Nel frattempo immaginate la nostra reazione  a quella sveglia.

La stanzetta  dei due maschi e quella delle tre femmine  erano attigue,  il suono della “ciaramedda”  era veramente  molto alto e noi avevamo ancora un gran sonno.

Ma il dolce suono ci ammaliava e ci  incantava. 

Mitica “ciaramedda”  il tuo  suono  riempie ancora il mio cuore  di vecchi indelebili   ricordi  e  quando  sento ancora la tua voce   penso con nostalgia  al tempo  passato, alla mia famiglia di allora e ai Natali della mia giovinezza.

Anche questo faceva parte del nostro Natale.

 

ROSARIO LA DELFA

 

 

piazzascala.it - dicembre 2015