A detta riflessione si è anche aggiunta, fra le altre, la pubblicazione – da parte di Piazza Scala – di una ricca documentazione fotografica della squadra delle Sede di Venezia della quale facevo parte anch’io. Ho guardato faccia dopo faccia i miei compagni di squadra, di cui tre, -purtroppo- hanno lasciato questa terra (Filippi, Marigonda e Bettini) , e mi sono venute in mente diverse cose, allegre e non. Tralascio, pur ricordando affettuosamente i collegi scomparsi, facendo però un’eccezione per la morte per incidente automobilistico occorsa al Collega Bettini, accaduta sul Ponte della Libertà a 5-600 metri da Piazzale Roma, in Venezia, circostanza che mi costrinse a coprirgli il volto con una pagina del Corriere della Sera che avevo in tasca in attesa dell’arrivo del Questore per i consueti obblighi di legge, per ricordare che eravamo una squadra molto forte e che davamo filo da torcere alla “locale” Cassa di Risparmio di Venezia che, fra le sue fila, aveva anche giocatori professionisti. E vengo a qualche nota lieta. Il nostro portiere, Livio Tuveri, era talmente magro che, quando entravamo in campo sportivo, per non essere spostato dal vento che a Venezia, quando soffia, soffia forte, egli si doveva mettere le ginocchiere che pesavano chili, non solo, ma i maligni, dicevano scherzosamente di lui che si mettesse nei tasconi anche dei pesi di piombo in aggiunta al peso delle ginocchiere… per ottenere più effetto. Altra nota lieta, ma dalla sostanza di…imbroglio sportivo (per fortuna sarà caduto in…prescrizione dopo oltre mezzo secolo) ricordo che, per fronteggiare la bravura della Cassa di Risparmio di Venezia (che vinceva quasi tutti i tornei bancari), avevamo messo in essere uno stratagemma dai contorni non propriamente legali dal punto di vista sportivo. Eccolo.. Quando, durante la scesa in campo, l’arbitro chiamava per nome i giocatori, alla chiama del portiere (che nel frattempo avevamo sostituito con mio fratello che non lavorava in banca) succedeva che, anziché entrare in campo il giocatore di riserva, alias Amleto Venneri dell’ufficio titoli-borsa, ora deceduto, entrava invece in campo mio fratello (deceduto purtroppo anche lui a soli 48 anni), Alessandro De Porti, che, già portiere del Chioggia e Vice-portiere del Venezia, rispondeva sempre “ presente” al nome di Venneri, seduto in panchina come riserva... Perché questo imbroglio sportivo ? Semplicemente perché, mio fratello Alessandro, con grande esperienza sportiva, sapeva parare tutto, anche i tiri più difficili, ivi compreso i rigori. Circostanza che faceva da forte contrappeso alle nostre scarse risorse calcistiche, soprattutto nei confronti con la Cassa di Risparmio. Terzo ed ultimo fatto che riguarda lo scrivente e che confesso soltanto ora. Mi è capitato, durante uno dei diversi tornei, di fare un passaggio al centrocampista perché tirasse in porta e magari segnasse. Ed invece, quel vento che dava davvero fastidio a Tuveri, diventò in quell’occasione un mio grande alleato: infatti, anziché favorire il mio passaggio al centrocampista, il vento deviò la palla direttamente in porta facendo goal proprio nello stadio comunale della città, quello di S. Elena. Ovviamente, dissi che avevo intenzionalmente calciato il pallone “di taglio” per ingannare il portiere… e segnare. Unico goal, non solo dalla dinamica molto… ”originale”, ma anche per piegare finalmente la squadra più forte del torneo…
ARNALDO DE PORTI
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piazzascala.it - febbraio 2016