LEO

 


 

Leo, un meticcio nero dagli occhi grandi e stanchi
vagava vagabondo per le vie della città e per i campi
cercando una mano amica che avesse di lui pietà
e un tozzo di pane o di salsiccia facessero a metà.
Un giorno trovò un volto amico di un uomo poveretto
che, morta la moglie, solo soletto
era alla ricerca di una panca dove di sole un raggio
lo scaldasse nel cuore e gli desse anche il coraggio
di affrontare quel che gli restava della vita
che, abbandonato da tutti, considerava già finita.
Leo, fedele e amorevole amico, fu per quel vecchio
inseparabile attento occhio ed anche orecchio.
Con lui si divisero cene e pranzi
mangiando quel che capitava, anche gli avanzi
rovistando nei cassonetti della spazzatura
frutta, pane, formaggio e un poco di verdura.
Poi una notte il vecchio fu preso dalla Morte
e per Leo, il randagio, si chiusero le porte
di quella casa dove il suo padrone
per scaldarsi l’un con l’altro nel lettone
gli permise di dormire
e da mani malvagie sì sfuggire.
La mattina dentro la Chiesa gli dissero di stare
in silenzio, accovacciato, ai piedi dell’altare.
Poi, s’accodò al prete e alla carrozza fino al Cimitero
dove vegliò l’amico per un giorno intero.
Sopra la tomba del vecchio e là restava
per ore ed ore, e a suo modo lo piangeva,
inconsolabile e come anima persa lo cercava.
Finché un giorno una mano disumana
dopo averlo legato a un palo in una cava di tufo,
che a udirlo abbaiare era ormai stufo,
inforcato il fucile sparò a quel cane disperato
solo perché lo aveva disturbato.
E là lo lasciò credendolo ormai morto
fino a quando una mano santa l’ebbe scorto
e con amore lo portò in una clinica per cani
dove, questa volta, trovò umane mani
che salvarono il cane Leo da sicura morte
e a una nuova vita gli aprirono le porte.

Antonio Annunziata
 


 

 

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piazzascala.it - ottobre 2016