ALL'OSTERIA  

Pape Satàn, pape Satàn aleppe

E col cul facea trombette.

Così come il Divino Dante scrisse

e il Savio Virgilio ascoltare seppe

nel VII canto dell’Inferno

di Pluto parlò prima che infierisse

sulle anime dannate colpevoli di risse.

 

In tal maniera si presentò un omone

alto, sudaticcio, in canottiera, il pantalone

slacciato all’altezza della panza.

Senza ritegno alcuno e con fare prepotente

si fece largo sgomitando tra le gente

e poi s’assise alla tavola di un vecchio pensionato

che l’omone non aveva mai veduto, né invitato.

Ma quel vecchietto poverino non proferì parola

temendo di prendersi in faccia una sòla

da quell’uomo grande e grosso

che dal suo piatto in un baleno prese un osso

a cui stava bene attaccato, cotto e cucinato

un pezzo di abbacchio prelibato.

Lo mangiò ruttando e continuando a far trombette

tanto che l’ Oste  zitto più non  se ne stette:

“Se lei ora qua non smette

una guardia, un vigile, un poliziotto devo chiamare

perché con i suoi modi da volgare

lei mi disturba i clienti venuti qua a mangiare”.

Senza scomporsi l’omone all’Oste rispose tosto:

“Non mi scocciare Oste maledetto, ma piuttosto

portami quello che ho ordinato  al cameriere

se no ti prendo a calci nel sedere”.

 

Insomma il suddetto mangiò formaggi, carni arrosto

una spigola, triglie fritte, e poiché  ancora posto

aveva nella panza, ordinò una teglia di patate

che ingurgitò senza che fossero pelate.

 

Alla fine della storia, sentite questa:

il conto rifilò al pensionato che senza protesta

pagò con e chiappe strette ed impietrito

temendo che al rifiuto dell’omone il medio dito

gli infilasse, a voi non dico dove

per non essere volgare, qui non è il caso.

 

La morale di tutta la faccenda è presto detta:

“La prepotenza fa da padrona e il debole, questa è la legge,

deve sempre subire perché nessuno lo protegge

e chi pecora si fa dentro lo gregge

il lupo in un boccone se lo mangia a cotoletta!”

 

Antonio Annunziata

 

 

 


 

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piazzascala.it - giugno 2017