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ratatouille

CAPITOLO QUINTO

Nonostante fosse fine settembre, la temperatura si era mantenuta abbastanza elevata, e in assenza di vento il caldo e l’afa si facevano opprimenti.
Andrea percorse il vialetto in terra battuta e ghiaia che dalla casa immetteva nella strada asfaltata in direzione della spiaggia.
Erano un centinaio di metri circa, e lui li percorse a passo sostenuto.
Potenza dell’appetito!
Appena preso possesso del tavolino d’angolo alla destra della terrazza del locale - da dove poteva ammirare in lontananza l’Isola di San Pietro - si sfilò la giacca di lino color nocciola, posò il cappello di “panama” sulla sedia accanto alla sua e attese pazientemente il suo turno.
Il ristorante “Da Peppe” era piccolo e all'intemo i pochi posti ruotavano intorno alla cucina dove operavano due donne di mezza età e un cuoco vestito tutto di bianco.
La veranda coperta, prospiciente alla spiaggia, a pochi metri dal mare, aveva una ventina di tavolini, tutti quadrati e apparecchiati con tovaglie di tela marinara.
Nell’insieme appariva dignitoso, e accogliente.
Oltre ad Andrea, c’era una coppia di giovani che parevano più propensi a scambiarsi baci appassionati che a mangiare, e una Involata di dieci persone, quattro uomini e sei donne, di mezza età.
1 liristi sicuramente!.
A “Peppe” - il titolare del locale che gli si avvicinò per chiedere cosa gradisse mangiare - Andrea disse che se c’era l’aragosta come scritto sul cartello posto all’ingresso, avrebbe gradito quella:
Alla sarda o alla catalana, come la fate?” chiese.
“Sia alla sarda che alla catalana... questa anche senza cipolle e con pomodorini del nostro orto, saporitissimi!...” rispose l’oste sorridendo.
“A me piace la cipolla e adoro il pomodoro, quindi vada per la catalana classica!” esclamò già inghiottendo saliva.
“Per antipasto vi consiglio una insalatina di polpo, appena pescato, con olive e capperi.
Per aprire lo stomaco.. ." aggiunse
“Il mio stomaco è già aperto, ma va bene il polpo...
Poi mi porti un’acqua minerale frizzante e un litro di vino bianco della casa.. .è buono?”
“Ma certamente signore. E’ di nostra produzione. E’ un frizzantino birichino, quel tanto che piace...Vedrà come scende giù bello fresco...”
Mangiò in silenzio, con appetito, fermandosi ogni tanto a fissare un punto lontano sperso nel mare.
Il polpo era ottimo, e ottima era anche l’aragosta.
Il vino scomparve ben presto dalla bottiglia, tanto che ne chiese un altro mezzo litro. L’acqua invece non la toccò.
Quando se ne rese conto, ripensò a quello che era solita dire la nonna Paimira - madre del padre - ai pranzi delle domeniche quando tutta la famiglia si riuniva intorno al tavolo nel salone: “Tutti dobbiamo morire, ma è meglio farlo con la pancia piena e con un buon bicchiere di vino!”
Donna saggia era stata nonna Palmira.
Donna di altri tempi, forte e coraggiosa. Aveva avuto quattro femmine e quattro maschi dal suo povero marito scomparso in mare in una notte di tempesta. Era stata capace di crescerli tutti senza chiedere l’aiuto di nessuno. Donna orgogliosa con le palle quadrate, si direbbe oggi!
I figli, una volta cresciuti, si erano sparpagliati per il mondo: chi in America in cerca di fortuna, chi in Olanda, chi in Australia.
Le femmine, in età di marito, una volta sposate avevano seguito i propri maschi che avevano abbandonato le terre di Sardegna per andare a lavorare nelle fabbriche del Nord.
Di tutti, era rimasto il solo Ettore il “Fieramosca”, il padre di Andrea.
Suo padre amava il mare e amava pescare il tonno.
Così, ventenne, si fece assumere da un vecchio pescatore di tonni che aveva barche, e attrezzature per lavorarlo appena arpionato. Quando il vecchio morì senza avere figli maschi ma solo una figlia femmina - Maria madre di Andrea - lasciò a quel ragazzo giovane e intraprendente figlia, barche e tonnara.
 

 

(fine quinta puntata - continua)

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