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ratatouille

CAPITOLO QUARTO

La casa gli apparve all’improvviso solo quando sollevò il viso.
La facciata con l’ingresso se la ricordava diversa, più grande, più bella!
Certamente non era quella che aveva lasciato a diciassette anni.
Il tempo aveva fatto il suo lavoro, impietoso.
Aprì il cancello in ferro battuto, che cigolò raschiando la ghiaia dell’ingresso.
fu la vecchia Angelina a corrergli incontro.
"Professore Andrea ben arrivato! Che piacere vedervi dopo tutti questi anni...Gesù mio, quanti anni sono passati...Gesù, non so farvi il conto, io...!”
Ciao Angelina. Ben trovata...E sì gli anni sono passati, e se non sbaglio sono trascorsi quasi sessanta anni...Forse sessanta non ancora....ma cinquanta sicuri!”
“Ma sa che vi trovo bene Professore! Con questa barba poi, vi da un’aria così importante!
Meglio vivo che in televisione. L’ultima volta che vi ho visto eravate proprio sciupato.
Ora state bene...Ma che piacere vedervi!”
Angelina era stata per tutti la “presenza” indiscussa della casa. Senza di lei quella casa, quella famiglia - così unita ma così diversa - non avrebbe mai potuto coesistere!
Era stata capace di far andare d’accordo le quattro donne di casa, con i rispettivi figli, dopo che le tre sorelle della madre di Andrea, rimaste vedove a causa della “Settima Battaglia dell’Isonzo”avvenuta nel lontano 1916, vi si installarono in pianta stabile.
Bruno sposato con Elena, Orfeo con Teresa, Mario con Gabriella erano stati richiamati in armi dalla Brigata Sassari.
Fino al giorno prima della partenza avevano lavorato nella Tonnara di proprietà del padre di Andrea, uomo burbero, tutto d’un pezzo, gran lavoratore, grande scopatore, ma dal cuore d’oro.
I tre figli maschi il caso volle che fossero stati concepiti quello stesso anno e così nove mesi dopo la morte dei tre uomini nacquero a distanza ravvicinata l’uno dall’altro: Elena diede alla luce Ludovico, Teresa ebbe Luca, e Gabriella ebbe verso la fine di dicembre il bellissimo Massimiliano.
Andrea nacque due anni dopo.
La villa seppur immensa e costruita come le vecchie “case campidanesi”così popolata risultava “stretta” a tutti, soprattutto alle donne che, seppur sorelle, volevano fare le prime donne e avere il sopravvento le une sulle altre.
Ci volle tutta la santa pazienza di Angelina per farle rigare dritte!. Quello era tempo di guerra e seppur il capo famiglia Ettore Bonfiglio - “Fieramosca” era il suo nomignolo - non navigasse in cattive acque doveva ben “pesare” quello che entrava in casa e ciò che si spendeva.
In realtà era la moglie Maria a far quadrare i conti della spesa della casa.
L’uomo le dava ogni trenta del mese quel tanto che bastava per dare da mangiare - in abbondanza in verità! - a tutti, il resto se lo teneva per sé, e serviva per le sue cene in trattoria, per il bar con gli amici, per il gioco delle carte, ma soprattutto per i “giochini di carne” (come li chiamava lui) con le donne del posto.
Tra vedove, e mogli abbandonate dai mariti perché imbarcati su qualche mercantile in navigazione per mari lontani, il buon e aitante “Fieramosca” aveva l’imbarazzo della scelta!
La moglie sapeva, ma taceva, come era solito fare la donna a quei tempi.
La casa era situata lungo la costa, appena fuori dal Paese a pochi metri dal mare.
Quando il vento di mare batteva sulla scogliera l’odore salmastro entrava nelle stanze, e nelle notti d’inverno si dovevano scaldare le lenzuola del letto con le bottiglie di acqua bollente prima di coricarsi.
La villa era chiusa tutt’intorno da un alto muro costituito da mattoni spessi dieci dita e verniciato di calce bianca.
C’era, appena dopo l’ingresso, un enorme salone con attigua la cucina, grande e spaziosa, dotata di fornelli a carbone e camino; quest’ultimo usato soprattutto d’inverno per gli arrosti di carne. Ognuno aveva la propria stanza: Maria e il marito quella appena dopo il salone sulla sinistra, appresso c’era la camera di Elena col tìglio Ludovico, Teresa con Luca occupava quella successiva, mentre la dolce Gabriella col figlio Massimiliano aveva l’ultima della fila che faceva d’angolo.
Andrea aveva una cameretta tutta sua con attiguo un bagno; mentre la fidata e tuttofare Angelina aveva la sua stanzetta proprio dopo la sala da pranzo.
Un altro bagno, il più grande, veniva adoperato soprattutto in estate quando i ragazzi rientravano dal mare sporchi di sabbia perché c’erano ben due docce oltre ai normali sanitari.
Era per tutti la stanza “blu” dato che a differenza di tutte le altre dalle pareti bianche, questa era l’unica rivestita da piccole mattonelle quadrate blu.
Andrea seguito passo, passo dalla vecchia Angelina passò in rassegna le stanze, tutte, ad una ad una.
Di ognuna conservava un ricordo. Ognuna conservava un profumo particolare che richiamava alla mente fatti accaduti che il tempo aveva riposto in un cassetto dimenticato della mente, ma che non era riuscito a cancellare.
“Bene Angelina” disse alla fine della ispezione Andrea “ metto la valigia in camera mia. Poi dammi tempo di sciacquarmi le mani e il viso che ce ne andiamo a mangiare. Ho visto un localino niente male prima di arrivare. Proprio sulla spiaggia. Zuppa di pesce ed aragosta!”
“Ma no professore, non vi disturbate. Io ho preparato il pranzo per voi.. .pensando di “farvi” cosa gradita...
Andare al ristorante, ora, io proprio non me la sento...”
Dopo una pausa, disse:
“Comunque mi ha fatto tanto piacere che vi siate ricordato di me, Professore, dopo tutto questo tempo. Quando ho sentito la vostra voce al telefono sono rimasta senza fiato, la verità!”
“Ma come avrei potuto dimenticarmi di te, cara la mia Angelina...
Per fortuna che mi sono ricordato il tuo numero di casa, sennò come avrei fatto?”
Mentì; anzi in verità penò per trovare il suo numero telefonico che, solo grazie all’interessamento del suo segretario, ebbe scomodando addirittura il Sindaco di “Portopozzo”.
La strinse di nuovo a sé. Poi:
“Allora proprio non vuoi farmi compagnia...
Mi lasci mangiare da solo...
Come vuoi ...Io, se non ti dispiace ci vado...Ci vediamo poi dopo!”

 

(fine quarta puntata - continua)

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