PROGRESSO

da 17.45 - numero unico Natale 1960

Il satellite YET 45 non era molto lontano dalla terra ed aveva il vantaggio di essere al punto d’incontro di molte rotte interplanetarie facenti capo alla terra.
Era quindi una delle più importanti e grandi basi spaziali e la più frequentata, in quanto i viaggiatori in partenza o in arrivo dalla terra si fermavano per una sosta di riposo e per effettuare cambio di valuta.
Quella mattina il Rag. Perlati si svegliò di malumore, con un peso allo stomaco. « Sarà stata l’insalata artificiale — pensò —. E’ inutile, non la digerisco ».
Schiacciò il pulsante dell' oblò che si aprì per lasciar vedere, oltre la cupola del satellite, il cielo infinito e scuro. La terra non era che un piccolo disco rossastro. Una leggera nostalgia lo prese. Ancora un mese avrebbe dovuto attendere prima di avere i due mesi di ferie che gli spettavano. Pazienza ! sospirò.
Ingollò 2 pillole energetiche, si infilò nell’elettrodetersore e ne uscì trenta secondi dopo ben lavato e sbarbato. Si infilò la tuta antimagnetica e balzato sul turboscooter si diresse in ufficio. La Banca presso cui lavorava il rag. Perlati, la INTERPLANETARY BANK CO., era quasi all’altro lato del satellite per cui, anche col turboscooter, ci volevano cinque minuti buoni per arrivarci. Ma era in orario.
Il suo lavoro, suddiviso in due turni di un’ora e trenta, consisteva, per tutti i cinque giorni della settimana, nel controllare la macchina selettiva per l'accettazione dei versamenti, la macchina dei pagamenti e la macchina emissione assegni circolari. Quest’ultima era quella che dava più preoccupazioni in quanto era difettosa. Introducendo i valori e dicendo nel microfono i dati voluti, dalla apposita fessura sarebbero dovuti uscire gli assegni, ma spesso accadeva che la valvola mnemonica si incantava per cui, pur introducendo valori falsi non si accendeva la spia di allarme.
Quella mattina fatale il Rag. Perlati decise di accertarsi se il guasto dipendeva esclusivamente dalla valvola mnemonica primaria o da un contatto nel doppio circuito elettronico.
Infatti gli impiegati, che seguivano speciali corsi, erano istruiti, prima dell’assunzione, sull’uso di tester, oscillometri, contatori geiger ecc. per individuare i guasti alle macchine poste sotto il loro controllo onde permettere ai tecnici specialisti rapide riparazioni.
La disgrazia avvenne improvvisa. Il rag. Perlati non ebbe neppure il tempo di rendersene conto. Il pesante condensatore si staccò dal supporto e, cadendo sulla cassa di piombo della pila a uranio ne fece sprigionare come una piccola fiammata biancastra che atomizzò la mano del Perlati.
Fortuna che tutto il sistema di allarme e protettivo funzionò perfettamente. La centrale macchine mise subito in circuito l’onda- urto che assorbì tutte le radiazioni sprigionate e in breve non rimase che da praticare la cura di emergenza alla mano del Perlati in attesa che giungesse la « fotanza » ( ambulanza-razzo a fotoni) per il trasporto sulla terra dell’infortunato.
Poiché il rag. Perlati era di Genova, la fotanza partì a tutti fotoni verso la terra, atterrando dopo 120 minuti al razziscalo di Milano. Di lì, l’infortunato, in 6 minuti con un razzocar fu portato a Genova-Sestri sul costruendo aereoporto. Da Sestri in soli 30 minuti fu portato con un aliante all'aliscalo di De Ferrari e di lì in soli 46 minuti fu portato col 44 in corso Gastaldi alla sede dell’INAM.
— Lei che cosa desiderate tu? — gli disse l’usciere fermandolo con una mano.
— Devo essere ricevuto d'urgenza per infortunio da radioattività alla mano.
— Aspette un moment — Lei la dimand l’hai fatte?
— Veramente...
— Eh, eh, eh, giuvinotte mie ! Nun lo sai che dovete fare la dimand? Ecche quà il module 8009.
— Grazie ma con questa mano...
— Ih! pé la Maielle, e io cume faccie? Ci ho tante da fare — disse rammaricato l’usciere spiegando il giornale e accingendosi a leggere.
— Mi dispiace — avanzò timidamente il Perlati — avrei pagato il disturbo.
— Figlie mie, la mane ti fa male? Potevi dirle subbite che non potete scrivere. Dammi quà. E il librette?
— Ma... veramente... ecco... forse... l’ho dimenticato...
— Benedetto figghie, come facciame adesse?
— Se potessi, pagando..,
— Eh, stai tranquille. Adesse vede io che si può fare. Ripassa domani.
— Ma...
— Si domani, domani adesse no, ormai sono le 6 e deve chiudere.
Fu così che il giorno dopo si lesse sui giornali la breve notizia. « Un impiegato di banca, certo Perlati, avendo trascurato una ferita, è deceduto per collasso cardiaco ». Il giornale coglie sempre l’occasione per ricordare che prevenire un infortunio significa onorare se stessi, ma curarsi significa onorare la società tutta.

 

Giuseppe Biasi

 

 

 

 

 

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piazzascala.it -  maggio 2017