1 Ogni vettura del
treno che ci porta da Dover a Londra, ha un nome particolare :
Sorrento, La ragazza del Kent, Kathleen,
eccetera. Anche la locomotiva, nera come la notte, ha un bel
nome sonante scritto a graziose lettere di bronzo proprio sotto
il fumaiolo: « 18° Squadrone di
Cavalleria ».
— Qui è molto vivo il senso della personalità, — mi fa notare
Pinna.
2
La Queen Victoria Station è peggio di Brignole: grigia,
sciattona, diseredata. Ora ci spieghiamo perchè il collega
Morris, quando venne a Genova in istruzione, trovava bellissima
la stazione di Genova - Quarto.
3
A Londra, più che in una metropoli di otto milioni di abitanti,
si ha l’impressione di vivere m un paesone di agiati campagnoli.
Il nostro albergo in South Kensington (a poche centinaia di
metri c’è la villa di Margaret e Tony) è roseo e tranquillo come
una torta di mele, in una strada azzurra e inattesa come un velo
da sposa... E questo è uno dei quartieri più popolosi e vivaci !
4
Londra è talmente grande che non c’è baroa di londinese che la
conosca. Se, ad esempio, chiedete a qualcuno dove passa
l’autobus n° 138 che porta a Kew Gardens, e quello vi risponde
subito e con sicurezza, vuol dire che siete candidato a vincere
il primo premio della Lotteria di Agnano. Infatti avete
evidentemente messo le mani sull’unico degli otto milioni di
londinesi che conosca bene una delle settecento linee di autobus
(a due piani)
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A noi, l’Abbazia di Westminster fa fresco : una qualunque delle
chiese gotiche toscane, ad esempio, si mangia in insalata tutta
questa montagna di marmo, di pietra pomice e di liturgia
vittoriana.
Anche la guida ha capito come stanno le cose, perché ci spiega
con voce soave : « Qui Margaret è scesa dalla carrozza, qui
Filippo si chinò a dirle : « Coraggio, patatina ! », qui Tony
inciampò, qui la Regina Madre ».
L’araldico pettegolezzo serve ad alleggerire tutta la terribile
architettura ; e le donne si bevono il racconto come una favola.
6
Dopo tre giorni che mangiamo bistecche di vitello inglese con
contorno di pastasciutta inglese e sformati di piante grasse
inglesi, decidiamo di rifarci core e coratella da Forte, reparto
dolci e gelati.
Forte è un milanese che è venuto tempo fa (dicono) senza un
soldo e che ora ha qualcosa come quaranta tra ristoranti e
tavole calde. Il Forte’s di Piccadilly è una tavolona caldona,
piena di luce e di allegria, che può accontentare
contemporaneamente trecento persone. Bene : come primo piatto
ordiniamo un budino di crema alla vainiglia, come secondo un
gradevole pasticcio di pasta frolla e cioccolato ed infine una
speciale confezione di gelato, frutta candita ed ananas allo
sciroppo servita in una specie di fiammanguilla. Mai vista tanta
grazia di Dio tutt’assieme ! Ci beviamo su un bicchiere di sugo
di pompeimo e paghiamo il conto, per niente salato.
— Forte’s è il mio pub preferito — modula Baggiani girando gli
occhi di miele sulle pirografie di Piccadilly Circus.
7
A proposito di mangiare : nella vetrina di un ristorante cinese
di Soho osserviamo i famosi nidi di rondine : l’apparenza è
quella di un modesto piatto di trenette con il pesto servito in
una ciotola dell’epoca Ming.
— Entriamo ad assaggiare?
— Grazie, no. Quando sono in vena di emozioni gastronomiche,
preferisco andare dal Picco, a Sant’Ilario Alto — ribatte
Baggiani con lodevole fermezza.
8
Domenica nei paesi di Shakespeare. Attraversiamo un grande
paesaggio da stampa inglese, con laghetti illustrati da candidi
cigni e, ai margini dei boschi, le garitte dei venditori di
fragole. E poi castelli, campi di cricket vivi di gente
biancovestita, adunate di roulottes, le canoe sul fiume
verdissimo, tutta un’atmosfera di vacanza e di gusto di vivere
in una certa maniera.
Ma non avevamo studiato, perfino all’asilo, che Shakespeare è
una figura quanto mai misteriosa ed esoterica, di cui si conosce
poco o nulla? E le beghe sull’esatta dizione del nome? E le
polemiche di quelli che addirittura parlano di uno Shakespeare
sassone e di uno Shakespeare latino, completamente diverso dal
primo?
Basta : per quelli di Stratford-ond-Avon il problema è bell’è
risolto : questa è la casa di S. ; quest’altra è la casa della
fidanzata di S. ; qui S. sedeva quando andava a trovare la
ragazza; questo il suo sgabello preferito ; il cucchiaio è
questo ; qui beveva. Mezzo pettine ; tre monete di rame ; una
pipetta spaccata in quattro : tutta roba sua personale. E questo
è il girello (« Baby ranneri » annuncia la guida con occhi
sfavillanti) con il quale sua madre gli insegnò a fare i primi
passi !
Nel giardino di Shakespeare, vicino all’albero preferito da
Shakespeare, una bandiera metà gialla metà nera, attraversata da
una candida banda, sventola sulla sommità di un ardito pennone.
— E quella? —
— E’ lo stendardo della società che valorizza il patrimonio
culturale e le memorie sociali di Shakespeare! — ci spiega il
custode con magnifica innocenza.
Ci siamo capiti. Paghiamo un’altra mezza corona, e andiamo a
vedere la casa della zia di S., dove c’è quella tale raccolta di
peltri che S. prediligeva...
— Quello che commuove, nel Warwickshire, è il culto della
personalità — dice Pinna in un soffio.
9
Le cose che puoi comprare a Londra! Corredi da caccia alla
volpe, arpe per bambini, insegne di ferro battuto strappate a
taverne scozzesi, pipe cavate dalla tibia di un orso, scheletri
di balena, manifesti di antiche corride, eccetera eccetera. E
c’è chi acquista, per due scellini e mezzo, una busta colma di
etichette di grandi alberghi (il « Negresco » di Nizza, il «
Ritz » di N. Y., l’« Excelsior » di Roma, eccetera eccetera) e
poi sta su fino alle due di notte a spalmarsele sulla valigia. A
spalmarsele, beninteso, con un barattolo di coccoina acquistato
alla Burlington Arcade, in un emporio che ha duecento qualità di
colle, adesivi e coccoine e dove i commessi portano la coda di
rondine con la disinvoltura e la felicità degli uccelli.
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Il pub di Charlie Brown, nell’East India, è ir fondo ad una
strada piena di ristoranti cinesi, d empori per marinai e di
gente perennemente brìi la. Dicono che ci sia più roba lì dentro
che a Victoria and Albert Museum; non è vero, d’accor do, ma
certo è che ciò che trovi da Charlie, altro ve non c’è. Due
testoni di cartapesta, acri, sornio ni, che vengono diritti dal
Carnevale di Viareggio ad esempio. O un rosario con le pippole
fatte d noccioli di olive dell’orto di Getsemani. O la
capigliatura di un biondone che è stato, ma sì, scotennato dagli
Indiani Sioux (e lì vicino c’è la scure c’è il coltello, c’è una
freccia, tutto in bell’ordine come i ferri di una operazione
chirurgica). E fotografie di donne senza alcun velo, anche; ma
noi: proprio nudi artistici, o scabrosi, o drammatici come vi
piaccia dire, ma amabili istantanee di donne senza trucchi e
mezzucci che si sono tolte gli abiti come per entrare nella
camera da bagno e intanto si sono lasciate fotografare così,
sopra una seggiola di paglia, in un naturismo tutto sorridente e
innocente, magari ammiccando alla negra trappola a soffietto
manovrata da Charlie o da qualcuno dei suoi amici. E che diavolo
c’è ancora, in questo pub? Un manifesto da corrida, ragnatele,
una splendida pianta di octopus, dagherrotipi di bastimenti a
vela, bandiere di compagnie morte e sepolte, frizzi scritti
sulle pamti con rozza grafia ( « I casi sono due : o tutti i
pescatori sono bugiardi, o soltanto i bugiardi vanno a pescare
», ad esempio), coccodrilli impagliati, e almeno trecento
scatole di fiammiferi di tutto il mondo. Malgrado tutto, non ci
trovi nulla di gioviale o, almeno, di spietato : è un vecchio
teatrino che tira avanti con commovente decoro, cercando di
evocare una civiltà complessa e di forte sapore, oggi che stanno
sorgendo dovunque (perfino nell’East India) i caffè
all’italiana...
Proprio davanti all’enorme castello di Windsor, c’è una piccola
casa, vecchia di mille anni, tutta storta, lì lì che cade. E’
una curiosità della cittaduzza, ed ospita un negozietto
d’antiquario, uno dei mille e mille negozi inglesi dall’insegna
nera che vendono peltri, ceramiche, ferri battuti, cuoi. Vien
voglia di entrare a chiedere se per caso l’antiquario della
casina pendente non abbia una piccola torre di Pisa, in
alabastro, di quelle che vendono ancora nelle stazioni
ferroviarie della Versilia....
12
Andiamo a vedere il Trooping the Colour: è l’annuale cambio
della Guardia, una festa con i fiocchi e controfiocchi, la
regina a cavallo e tutti gli altri dietro.
La gente è già dalle quattro del mattino lungo l’itinerario del
corteo ed in mezzo alla folla paziente e disciplinata gli uomini
della Guardia, in grande uniforme, vendono per pochi pennies il
programma della cerimonia! Ve li immaginate i carabinieri con il
pennacchio rosso e blu girare per le strade, al sabato
pomeriggio, a gridare i numeri del lotto? Qualcosa di simile.
Quando passa la regina, la gente delira. L’ordine della « Royal
Procession » è questo : la regina avanti a tutti, a cinque yards
il principe Filippo (a destra) e il Duca di Gloucester (a
sinistra), a a trenta yards il Duca di Beafort e dodici
dignitari di corte, a quarantacinque yards la terza e la quarta
divisione delle Giacche Rosse. Non una yarda di più, non una di
meno. Passano circa mille cavalli tutt’assieme, e l’aria odora
di qualcosa che non è proprio essenza di gelsomino.
Ad un tratto, si ode rumore di macchine, di congegni, di acciaio
tritato. I carri armati? No, sono gli autocarri della Nettezza
Urbana che, a distanza di mille yards dalla Regina, succhiano
dalla strada tutto ciò che il passaggio di mille cavalli può
aver lasciato.
13
Sul battello, da Folkestone a Boulogne. L’aria è chiarissima, le
procellarie scoppiano di salute, diamo un’ultima occhiata alla
costa bianca e azzurra della Cornovaglia.
Una voce, dal ristorante di prima classe : Avete notato lo
spiccato senso della personalità?
In Inghilterra con il Circolo |