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    CAPITOLO DICIASSETTESIMO   
 

Carmine Pesci era davvero un campioncino.
Dal fisico asciutto e muscoloso aveva la sua forza nel gioco di gambe e nel gancio sinistro.
Da quando poi la “famiglia”lo aveva scoperto tutto prese a filare ancora meglio senza che l’interessato ne sapesse niente.
Dovunque andasse aveva rispetto.
Il vecchio manager, quello che lo aveva formato, si tolse dal giro inventandosi una malformazione al cuore che non gli permetteva più di allenare. Ma per la verità fu uno della “famiglia ”a consigliarlo di farsi da parte per fare posto ad uno del loro “giro”.
E il loro uomo era tale Tony Santucci, uno che era arrivato quasi a prendere il titolo di campione del mondo dei pesi welter se sul più bello non fosse rimasto azzoppato da un proiettile vagante uscendo dal ristorante Scarpato’s a Coney Island.
Allora si disse che il proiettile che lo aveva raggiunto non era poi tanto “vagante” ma era stato ben indirizzato dalla canna del fucile di certo “Dog” Colli ingaggiato dalla famiglia di Roy La Pietra per punirlo del mancato accordo di truccare un incontro.
Così finì la carriera di Tony Santucci detto “The Evil” (il diavolo).
Ma il nostro uomo non si diede per vinto e rimase nel giro dedicandosi anima e corpo ad allenare e crescere giovani talenti.
Ora gli era stato consegnato nelle mani questo giovanotto dai capelli rossi di nome Carmine Pesci con l’ordine di fame un campione.
E la cosa non gli fu difficile da realizzare perché il ragazzo ci sapeva fare e aveva talento.
Si fissarono incontri, da prima poco impegnativi, tanto perché si facesse conoscere dalla platea e dalla stampa.
Cinque incontri sostenne nel giro di pochi mesi, e cinque furono vinti alle prime tre riprese, stendendo gli avversari al tappeto fino al conto finale!
”Era nato un campione!” aveva titolato nella pagina sportiva il Sun. Carmine Pesci aveva all’epoca venticinque anni.



(continua)

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piazzascala.it - dicembre 2017