LE SCUOLE MODELLO
Era un saggio: non tanto perchè sapeva dire la cosa giusta al
momento giusto, quanto perchè sapeva tacere la risposta
inopportuna quando era tentato di gridarla, come qualcun altro
faceva in modo isterico.
Far parte, come lui, dell’Ufficio Estero era già una qualifica e
la sua discreta conoscenza della lingua inglese lo aveva già
affermato come impiegato di certo rilievo.
Era dunque logico che mirasse un po’ più in alto, del resto come
gli era stato promesso qualche anno prima quando, in seguito al
suo ottimo diploma, aveva ricevuto l’invito di entrare a far
parte della grande famiglia del grande Istituto. Il suo
predecessore poi, che logicamente aveva fatto il suo stesso
lavoro, che gli aveva fatto anche delle mezze consegne di un
lavoro fatto a metà, perchè forse conosceva solo quella metà,
era stato spostato agli uffici di segreteria ed era già ad
personam Vicecapufficio e quanto prima, al primo favorevole
interstizio di possibilità, sarebbe diventato Funzionario.
Con bonario sorriso arrendevole, anch’egli azzardò la richiesta
di trasloco al piano di sopra al Vice Direttore, in un giorno di
splendida primavera in cui tutti i cuori si sentivano
particolarmente aperti e disposti ad amare l’umanità, special-
mente quella lontana. Sentiva di avere in sè delle capacità,
delle possibilità, un ampio giro di conoscenze che si era
riservato di lavorare quando sarebbe giunto in Segreteria,
facendo aprire conti e libretti ed acquistandosi così fama e
considerazione. Questa resa gli avrebbe aperto e facilitato la
salita al funzionariato. Guardò in viso il V.D. « ... Certo
che sì » gli rispose il dirigente garbatissimo e, dopo un attimo
di ripensamento a tutte le similari promesse che in merito aveva
fatto, soggiunse: « Le occorrerà però conoscere anche gli altri
servizi, perchè un Funzionario deve essere un tecnico
completo... »
« Si, però il mio collega... »
« Oh, lo so... ma, vede, è stata una cosa eccezionale o meglio
se ne è avuta la necessità proprio in un momento in cui vi era
particolarmente bisogno di uno che conoscesse l’estero e non
c’era tempo per fare la normale routine... E poi, mi creda, il
suo collega si è subito aggiornato e si è studiato tutti i
servizi che non ha potuto vedere di persona... In fondo è meglio
per lei. Più è preparato e più potrà dimostrare capacità e
competenza... »
Lui non insistette perchè era un saggio: le sue cellule
cerebrali però gli riflettevano una assai diversa situazione da
quella tanto sottilmente descritta che, più che odore di
necessità, aveva puzza di favoritismo.
Il fatto è che ciascuno ha un suo destino e trovare la persona
giusta che ti faccia fare il lavoro giusto o al quale sei
veramente portato al momento giusto, è appannaggio di pochi.
Per cui a fare la cosa giusta al posto giusto ve ne sono ben
pochi. Restava il fatto che si era propensi a tenerlo in
considerazione ed a permettergli, con un tempo maggiore ma con
quasi eguale sicurezza, la scalata della carriera.
Con suo stupore la sua pratica fu avviata subito. Il Vice lo
chiamò, lieto della buona nuova, e lo intrattenne in argomento:
« Il primo ufficio che ella dovrà attentamente studiare e
provare è l’Ufficio Portafoglio. Questa è la lettera di
presentazione per la nostra filiale sarda che avrà cura di
renderla maestro in questo settore...
« Oh, no!! » il grido incontrollato gli uscì stretto dalla gola,
mentre il Vice inarcava le ciglia. Si riprese subito.
Era giocoforza arrendersi all’evidenza della realtà: o mangia
sta minestra o riconosci che nel territorio nazionale sono state
istituite delle scuole modello, delle sezioni guida e rinunciare
vuol dire seppellirti con le tue stesse mani. E non è poi la
Sardegna parte integrante del territorio nazionale? In fondo
era ancora giovane ed avrebbe scoperto una parte d’Italia, delle
pensioni magari poco pulite, dell’indigesto cibo locale e
finalmente quelle famose e storiche Filiali modello nelle quali
avrebbe imparato tutto quello che già si faceva nella sua
filiale e che pertanto, più che ad insegnargli tendeva a
succhiare tutto il possibile dall’allievo che, appunto per
questa qualifica, non poteva esimersi da ogni prestazione sia
normale che straordinaria.
E fu così davvero come gli aveva riferito chi già v’era stato.
La sua vita fuori ufficio, a certe ore, non fu più scoperta di
paesi nuovi, di gente nuova con usanze tramandate da secoli, con
un folclore caratteristico. Non fu più la cosidetta
utilizzazione del tempo libero, il giusto riposo dello spirito,
ma divenne la impossibilità di realizzare ogni slogan dell’ENAL,
la quale però, prudentemente, invitava tutti i soci a difendere
il proprio tempo libero, impedendo agli altri di servirsene.
Ma in che modo? impedirlo?
La prima esperienza durò circa quattro mesi. Passata la prima
settimana di shock, di isolamento, di tristezza, aveva lottato
con se stesso per adeguarsi al lavoro e sopratutto ai nuovi
compagni che lo trattavano alcuni bene pensando fosse un
raccomandato che presto sarebbe diventato un pezzo grosso,
altri male... per la stessa invidiosa ragione.
Quando s’era fatto qualche amico gli fu notificata la sua
trasferta in altra regione presso altra scuola modello per il
ramo Titoli, e così ogni cinque, sei mesi l’esodo proseguiva
alla ricerca di quella terra promessa, della terraferma,
dell’oasi di casa propria.
Il giovane girò di pensione in pensione, nelle più
autenticamente localizzate filiali maledicendo in cuor suo il
datore di lavoro e l’irragionevole vagabondare per imparare
cose che, almeno per la maggior parte, avrebbe potuto acquisire
in loco. Si sentiva molto missionario il quale, abbandonando
ogni legame terreno, la casa (e quanto mai comoda!!) gli amici
(e quanto mai simpatici!!), la morosa (oh; privazione di ogni
bene!!), si dedicava ad un superiore servizio.
Ecco, il fatto della morosa lontana lo turbava più di ogni altra
cosa e riconosceva a cuore aperto che, per amare veramente una
cosa, bisogna ad un certo momento aver coscienza che essa può
andare perduta. Per lui perdere la morosa significava dover
cominciare tutto da capo, il cambiare la impostazione di una
esistenza come aveva già provato ad immaginarsi, come già ne
aveva parlato a lungo con la sua bella, come sognava che fosse
nelle chiare notti d’estate... La sua morosa era bella, forse un
pò fatua agli occhi degli altri, ma lui l’avrebbe cambiata
vivendo insieme, risolvendo insieme i problemi della vita, della
casa, dei figli. Questa sua bontà, questo suo desiderio di
raggiungere le due mete, di lavoro e di famiglia, e questa
forzata routine lo angustiavano e lo facevano penare. La legge
era legge... per lui, lex, dura lex!!; per lui e forse per altri
pochi che dovevano sot-tostarle, perchè tutti erano fratelli
nella grande famiglia, tutti eguali, ma qualcuno, molti qualcuno
erano più uguali degli altri.
Probabilmente quella sua sognata esistenza cambiò. Egli se ne
rese conto quando cominciò a ricevere dalla bella lettere più
brevi del solito. Egli le attendeva, le bramava quelle lettere
e, per stuzzicarle, inviava di tanto in tanto un suo ricordo
tangibile onde, rinforzato da questo, l’amore a distanza
resistesse nel tempo.
Il tempo, quello delle scuole modello, durò più di due anni. La
sua fine psicologica, non del corso ma sua personale, venne
quando ella gli scrisse queste poche ma evidenti parole, queste
poche ma significative righe in cui non risultava più la parola
amore.
« Caro, ti ringrazio per le belle parole. Le più belle però che
mi hai mandato sono queste: allegato, assegno!! » Punto e firma.
Forse era questo solo l’amore che ora le importava... era la
fine.
Virginio Inzaghi
I bancari vil razza dannata:
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