LO SCIOPERO
Il
sindacalista si guardava attorno cercando di intravedere nel
volto di ciascuno la reale attendibilità delle proprie
affermazioni. Tutti ce l’avevano con l’Istituto: dal Direttore
all’uomo di fatica e se si arrivava sull’argomento delle
rivendicazioni ciascuno aveva un conto aperto, una partita da
saldare, un torto da rimediare.
Eppure, egli lo sapeva, non poteva fidarsi gran che e diverse
erano le valutazioni che si potevano dare a queste affermazioni
classificandole in vere, false, meschine, opportuniste,
accorate, astiose.
Uno sciopero era stato proclamato ed avrebbe dovuto essere fatto
tre giorni dopo, in quanto datori e sindacati si erano
irrigiditi su opposte posizioni, e questa non era una novità. In
quel momento perciò occorreva una massiccia dimostrazione, una
manifestazione unitaria, occorreva bandire ogni arrivismo perchè
le richieste erano veramente giuste, forse un po’ alte, ma
almeno degne se non altro di una discussione e non di un rigetto
in blocco.
In Filiale circolavano sussurrìi di corridoio, gli scambi
pru-denziali di vedute, le attestazioni solenni di unità,
fraternità, legalità. Quella unanimità, che però sette giorni
prima soltanto sembrava una realtà sociale, ora pareva incrinata
con ravvicinarsi del fatto concreto.
Qualcuno cominciava a non aver fiducia nella forza della
ma-nifestazione, un altro era troppo nuovo all’impiego per
concedersi un simile lusso, un altro ancora si dichiarava
contrario, ora, alle forme autoritarie di trattativa e ci
sarebbe stato soltanto se TUTTI vi avessero partecipato.
Il rappresentante sindacale andava dimostrando che la
maggioranza sarebbe stata in ogni caso schiacciante e, come
membro di quella che era definita una ‘faceta’ commissione
interna, si dava
da fare per recapitare le circolari che arrivavano dalla marea
dei sindacati tutto distribuendo senza vedere di colore o parte
fossero, compresa la chiarificazione dell’Assicredito, che non
era precisamente eguale a quella dei sindacati.
Se ne giva dall’uno all’altro dei rocoli dei più decisi, che si
facevano forza l’un l’altro per convincersi della bontà e
necessità dell’azione, anche se forse in cuor loro maledivano il
fatto di aver sempre dichiarato di essere pronti alla lotta ed
ora invece non avevano più la voglia primitiva.
Poi si vede che dall’Alto era arrivata una di quelle telefonate
a cui, in via gerarchica, si doveva semplicemente dire
« sissignore »: la Suprema Autorità aveva deciso una azione di
forza, una specie di serrata, per dimostrare ai sindacati che le
loro parole erano come ‘fumo in aeree ed in acqua la schiuma’,
per dimostrare che la massa conveniva con le proposte dell’Assicredito
a dispetto delle affermazioni roboanti, dello sciopero, dei
manifesti.
Stroncata una prima volta la forza dello sciopero si sarebbe
creato un precedente tale da far dipendere per sempre la massa
dal paternalismo direzionale che, come in molte famiglie, non
considerano tutti i figli allo stesso modo ma secondo simpatia.
L’azione iniziò dai più vicini al numero Uno della Filiale e lo
stoppaccio della guarnizione della unanimità cominciò a perdere
acqua. Il lavoro di sovvertimento era sporadico ed
imprevedibile, ma costante e deleterio.
Come falchi, ben istruiti sul da fare, sulle parole, sui mezzi,
chiari ma non compromettenti, calavano poi i Funzionari sulla
massa per creare compromessi e sollecitare deviazioni. Presi di
fronte ed isolatamente la gran parte dei conigli bancari si
rifugiava in risposte evasive e sibilline che svelavano un
tallone d’Achille facilmente raggiungibile da un colpo ben
assestato. Davano a vedere quello smarrimento di chi è abituato
da troppo tempo a fare senza chiedere il perchè, a subire per
abitudine, a non aver mai una iniziativa personale e privata, ma
a scaricare sempre e tutto sul primo vicino, o più in basso o
più in alto.
Il più dritto nell’insieme era stato un novellino che, non
ancora corrotto dal pestifero comportamento degli opportunisti,
ed allineato al modernismo era stato abbordato con troppa
fiducia da un drittone di Funzionario.
« Come, anche tu che sei appena entrato e non hai alcuna
esperienza e capacità, vuoi già un aumento di stipendio? »
Al che egli aveva risposto con tutta serietà e compunzione:
« Vede dottore, è giusto che sia così! Perchè per uno come me
che ha poca pratica, il lavoro è assai più difficile... »
Ma il dubbio, cattivo consigliere, serpeggiava segretamente in
tutti. Chi voleva convincere se stesso diceva: « Che importanza
può avere la mia o la nostra astensione, membri di una così
piccola Filiale, sulla globalità della azione che possono fare
invece le grandi Sedi e le grandi Filiali? »
Ed altri ancora: « Io mi asterrei, ma voi lo sapete che, con la
famiglia e le spese che ho, non posso permettermi il lusso di
perdere questi soldi... » ed alle reazioni dei più accesi che
affermavano di avere anch’essi le stesse spese e gli stessi
problemi, che però lo sciopero avrebbe in parte sanato
attraverso le relative conquiste, rispondeva seccato: « Beh, c’è
o non c’è la libertà?! » il che a dire il vero era tutt'altro
discorso.
Ciascuno avrebbe preferito alla fine che evangelicamente tutti
si pronunciassero con un corretto « Si, si! » — « No, no! »
invece che con quel subdolo « farò quello che fa la maggioranza
» oppure « Se sta fuori lui sto fuori anch’io! », segno che il
Vangelo in Banca è molto già di moda e non è molto comodo da
mettere in pratica in quanto ciascuno tenta di servire i due
padroni dicendo di si all’uno e facendo poi i comodi dell’altro.
Passò una giornata, divenuta pesante, e mancarono, perciò solo
due giorni alla prova di forza, cercando sempre di dare una
precisa risposta all’amico.
Dalla Sede, i Sindacati inviavano pacchi di volantini che la
gente leggeva ora con poca convinzione, ora quasi con rabbia ed
i quali portavano roboanti inviti alla fede, alla speranza ed
alla carità, slogan di unione e di ecumenismo politico, cercando
di realizzare quell’opera di misericordia spirituale che passa
sotto il titolo di ‘consigliare i dubbiosi’ e prendere per lo
stomaco i renitenti.
Dall’altra parte il Vice Direttore aveva abbordato i Capufficio,
i suoi cari e fedeli Capufficio, e, saraccando che a ben 46 anni
era ancora e semplicemente Vice Direttore, aveva fatto loro la
domanda a bruciapelo, così, soltanto per avere un’idea del
lavoro che lo aspettava in quella fatidica giornata, ben
confermando nel tono della domanda l’implicito sottinteso
desiderio della Direzione.
Al che naturalmente la gente si era imporporata ed era divenuta
perfino balbuziente poiché, come disse Goethe « Tutti vogliono
essere padroni, ma nessuno è padrone di sé!! ». Lo davano a
vedere chiaramente girando la loro bandiera dalla parte ove
spirava il vento più forte e v’era pericolo di temporale.
Il tocco finale venne alla vigilia quando il Dir in persona
chiamò a rapporto i cassieri, colonna centrale d’ogni sciopero
bancario, fulcro d’ogni attività pecuniaria, terrore degli
eventuali sostituendi.
Per quel che si seppe non era stata fatta nessuna pressione, ed
il fatto di metterlo in evidenza lasciava tutt’altro che
convinti.
La libertà dell’individuo era la cosa più sacra che la
Costitu-zione aveva sancito e che il padronato, primo fra tutti,
sapeva rispettare.
« Ella ha famiglia vero?... Mi spiacerebbe vederla attraversare
tutta la città per andare a quella Agenzia foranea, ma, sa, fa
bisogno un cassiere esperto e non si sa se assumere o trasferire
uno di questa cassa... Lei mi capisce vero, è solo un consiglio,
per il suo bene... »
Era una vecchia musica che suonava in determinate circostanze,
era l’arma segreta, legale, inoppugnabile.
Il mattino dello sciopero il 90% degli impiegati si fermò fuori
della porta di servizio, agitandosi e parlando ad alta voce per
trarre coraggio da parole che ormai pochi condividevano nel
terrore della rappresaglia.
O piccolo bancario di piccola Succursale, succube di una volontà
talvolta dispotica, raramente serena, fatalmente cinica, che
vuoi atteggiarti a ribelle, a rivoluzionario o anche
semplicemente a difensore di un tuo diritto! !
Tutti s’agitarono fin che giunse l’ora di inizio normale di
lavoro.
Il Vice fu inviato a chiudere con risalto la porta di servizio
dalla quale, ad ore insolitamente primordiali, erano già entrati
i cosidetti crumiri che ora avevano già preso posto nei servizi
strategici.
Gli esterni si guardarono in viso: ognuno cercava disperatamente
un salvatore che muovesse il primo passo, ciascuno desiderava un
Giuda su cui scaricare una colpa di cui erano felici.
Qualcuno sperava che la radio, la televisione, l’esercito o il
proprietario del Bar Vittoria annunciassero che lo sciopero era
stato revocato, che le parti s’erano incontrate per discutere,
che tutto tornava normale. La speranza li sorresse tutti fin che
videro il Vice sulla porta guardare l’orologio, guardare loro,
fare Tatto di chiudere il portone. Uno si mosse, si mossero
tutti.
Come previsto, lo sciopero in Filiale fallì. Tutti con la faccia
scura, con borbottamenti diffusi, ma in cuor di molti contenti
di non dover dispiacere alla Direzione su cui facevano
affidamento per certe promesse che eran loro state fatte e
probabilmente raddoppiate in quell’occasione, dimentichi delle
superiori dimenticanze, e sorretti dalle speranze che ‘gli
altri’, quelli delle ‘Grandi Sedi’ avrebbero per loro
conquistati i diritti richiesti, iniziarono il lavoro. Altri
avrebbe con loro sollievo inserito tutto il gregge nel dovuto,
onorato e ben retribuito posto del consorzio bancario.
Virginio Inzaghi
I bancari vil razza dannata:
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