LOTTA NEI QUARTIERI ALTI

 

Se il signor Ministro sapesse come agli occhi del mondo assurgono a valori tangibili e ponderabili i proprii vicini di vita, siano essi pedicure, autisti, segretari privati o Sottosegretari di Ministero, forse chiederebbe di far con loro cambio di lavoro nè più nè meno come, a parole s’intende, Funzionari ed anche più degli Istituti di Credito, asseriscono, Coram populo, che farebbero volentieri cambio con l’ultimo dei commessi.
È vero che può venire per tutti quel momento di scoramento o di delusione quando le cose non vanno secondo il verso giusto previsto, per cui si vorrebbe cambiar lavoro, tempo e luogo ma, per non crepare di mal di fegato, occorre adattarsi ed accettare il mondo così com’è, poiché chi ha ragione non s’arrabbia e chi ha torto non ha ragione d’arrabbiarsi.
Però quel giorno, l’arrivo del segretario privato del signor Ministro — assai vicino alla caput mundis dell’Istituto stesso, il che era una circonlocuzione per indicare la Sede Centrale, della quale era stato dipendente negli anni verdi — fu di particolare interesse.
Il Direttore aveva dato chiare disposizioni perchè fosse da lui immediatamente accompagnato in qualunque ora del giorno e della notte, senza temere di arrecargli disturbo, sia che stesse leggendo le quotazioni di borsa, sia che fosse occupato in altro genere di lavoro.
Insomma lo si trattasse coi guanti!!
A taluno questo interessamento poteva sembrare eccessivo, ma l’arrivo era stato annunciato per il tardo pomeriggio del giorno stesso in cui l’assemblea deliberante della Sede Centrale stabiliva le nomine e gli spostamenti altolocati, dava corso cioè a quelle carriere per cui ogni delibera mirava a dare un riconoscimento o meglio una sanzione al merito del privilegio, alla simpatia o ad una pressione, nell’intento arduo e sottile di accontentare tutti, dalla mafia alla politica, dal nepotismo all’anzianità ed anche, s’intende, la capacità di qualche individuo.
Se per gli altri questo arrivo poteva essere di secondario interesse non ne sfuggiva invece l’intima importanza al Condirettore della Filiale. Era la prova di forza tra la sua opera di rosicchiamento del piedestallo direttoriale presso le Alte Gerarchie contro le spalle, le mura, la sponde di sostegno del suo Capo. Era guerriglia ma in fondo lo faceva per il bene dell’altro: a quel livello, ogni spostamento di Sede, se non in casi sporadici, corrispondeva ad un avanzamento e pertanto ben venisse la nomina del suo Capo a Direttore di una Filiale ben più grande ed importante, ad un Ufficio stesso della Sede Centrale, al soglio pontificio del Collegio dei papaveri, non importava dove, non importava a qual piano o altezza di grado purché la sedia fosse libera e disponibile per chi lo seguiva a ruota.
Ed era lui che seguiva e che, senza la noia di un trasferimento, avrebbe potuto quasi sicuramente occupare quel seggio per il quale faceva sogni, progetti, scongiuri, in cui si immaginava aureolato, imponente, paternamente grande e dignitosamente severo.
V’erano tanti modi per favorire queste partenze: esse dipendevano spesso dal rapporto personale dei due uomini, il quale rapporto assai di rado coincideva con l’affetto, la comprensione, l’ammirazione, l’approvazione, la collaborazione.
Rapporto di lotta allora, se non esisteva l’amicizia che faceva lodare sempre l’altro in un reciproco beneficio di popolarità e stima presso la Corte Suprema.
Ciascuno, potenzialmente, ha una visione ben diversa del modo di comportarsi e di fare di un altro, specie se superiore, nel prendere decisioni, nel programmare un lavoro, nel dirigere, nel trattare i dipendenti ed i terzi.
Forse poi, giunto alla meta, fa di peggio, ma non si possono mai fare azzardi sul futuro e sullo scibile umano, tanto è imprevedibile ed illusorio.
Comunque l’arrivo del Segretario del Ministro lo turbò: ebbe la netta sensazione che fossero le campane di risposta alle sue trombe, alle trombe che egli aveva suonato in sordina, ma suonato assai, senza dubbio attraverso un lavoro ben condotto, con finezza, quasi con signorilità, ma del quale non era in grado di valutare l’ampiezza delle reazioni e dei risultati.
Ogni volta che aveva avuto l’occasione di incontrare qualche ‘alto papavero’ dell’Istituto, gli era stato facile condurre l’argomento su quel caro lavoro cui si dedicava la vita per lasciar cadere le gocce resinose di un giudizio abbozzato a metà. Solo a metà, è vero, ma ripetuto magari due volte se si aveva la sensazione che l’altro non avesse afferrato bene, ed anche benignamente malevolo nel giudicare certe posizioni del superiore della Filiale, degno di tutto il rispetto, onorabilità e considerazione, molto spesso proprio costretto dalle circostanze... mente sprecata in una Succursale tanto modesta...
Era difficile ricordare le parole esatte, buttate là per caso, istintivamente, dopo tre o quattro giorni di pensamento. Era difficile, anzi, non si rammentava affatto quella critica spassionata e sincero, fatta solo perchè era stata esplicitamente richiesta, e fatta proprio controvoglia da averne quasi vergogna e che si era stati costretti a dire in quello che però era solo un amichevole colloquio personale e confidenziale. Così, solo per fare due chiacchiere su quello specifico argomento e su quella specifica persona.
La primavera, di fuori, muoveva leggermente la cima degli alberi dove le prime verdi foglie bisbigliavano al tenue venticello, traendone sussurrii multifonici da Barbiere di Siviglia...
Solo che, anche il Capo della Filiale ne aveva avuto sentore, non dall’interessato naturalmente che lo magnificava di magniloquenti inchini e strette di mano cordiali accompagnate da stereotipati sorrisi, ma dal Capone in persona che aveva accennato a corte piccole ma evidenti... delazioni, che non potevano venire che da una sola fonte ben informata...
Forse non proprio delazioni, confidenze ecco, suggerimenti fatti con sensibile tatto, con mascherata voluttà, sussurrati più che affermati, scivolati più che espressi...
Al che, il Capo Filiale non aveva usato mezzi termini: « Glielo aveva detto Ypsilon, vero? Strano — soggiunse — che parli male di me: non ricordo di avergli fatto alcun favore... » ed avevano riso insieme anche se il Capone non gli aveva dato conferma sulla provenienza della delazione, che era comunque assai lampante.
Riso amaro diremmo, perchè il Capone stava preparandolo moralmente al colpo gobbo e, facendo finta d'averlo amico, gli riferiva le manchevolezze che avrebbero giustificato il suo trasferimento.
Riso amaro perchè il Capo aveva inteso benissimo quale fosse il tempo di quella musica per cui, per evitare il rullo dei tamburi della fucilazione, occorreva che a suo tempo l’orchestra fosse altrimenti diretta.
Era evidente che qualche nipote più... mah... aveva in animo di prendere il suo posto e che il suo volo orbitale era in stanca, uno dei tanti che giravano per tutta l’eternità o che erano abbandonati nella stratosfera perchè non ingombrassero più il volo dei nuovi satelliti.
La cosa più simpatica erano tutti questi sottintesi. Erano una vera e propria gara di sottigliezze, una scuola, un’arte sempre più affinata dall’uso più si saliva in alto, che poi diveniva tutt’uno con la personalità che la praticava, un inconscio, un modus trattando un riflesso spontaneo di autodifesa.
Sottintesi ed anche sotterfugi, ma tutti in bel lavoro fatto sott’acqua, in sordina, onde occhio non vede e cuore non pensa, ed ognuno vivesse tranquillo con la sua bomba sotto la chiglia, o nella stiva o in qualunque altro posto, purché scoppiasse al momento giusto, quand’era tardi per porre qualsiasi rimedio.
Questo il ‘Con’ lo sapeva bene anche se non aveva l’esperienza del suo Capo in materia di bombe. Lui lo faceva già con le barche di piccolo cabotaggio, con il pupillo a cui aveva fatto molte promesse che vedeva di mantenere alla chetichella.
Più che un onore vistoso sapeva che la gente apprezza il vil denaro col quale si possono comprare onori e silenzi, e così gli faceva assegnare dei premi o delle equiparazioni che gli altri colleghi venivano a sapere solitamente dopo alquanto tempo, magari per caso perchè l’interessato da sè medesimo senza alcuna richiesta inavvertitamente manifesta...
Ma un conto è portare avanti un protetto a scapito di altri protetti ed un altro era portare avanti se stesso senza rompere l’equilibrio delle predestinazioni.
Che poteva dunque significare l’arrivo del segretario del Ministro in reportage privato col signor Direttore?
Significava semplicemente che, annusato il pericolo, al Capone era stata fatta pervenire una certa telefonata che si può pensare suonasse press’a poco così: « Commendator Omega, il vostro Direttore della Filiale Delta sta bene dov’è. Il signor Ministro sarebbe contento che ve lo lasciaste... » — « Ma si figuri, ma le pare... assicuri Sua Eccellenza che ogni suo desiderio è per noi un ordine e deponga ai suoi piedi i nostri umili e rispettosi ossequi... »
Quando il Segretario uscì dall’Ufficio direzionale dopo un brevissimo colloquio a porte chiuse ne uscì anche il Direttore.
Era raggiante, cordiale con tutti, perfino con il suo ‘Con’ che scrutava attentamente nel fondo degli occhi sfuggevoli per trasmettergli il suo intimo messaggio il quale non era altro che la muta promessa che l’avrebbe mandato in pensione da ‘Con’ ed avrebbe fatto di tutto per raggiungere questa soddisfazione, con o senza il venticello primaverile del Barbiere di Siviglia...
 


Virginio Inzaghi

 

 

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piazzascala.it - febbraio 2017