LA FORZA DELL'ORINA
 

Pur essendocene molti di quel tipo, c’era ancora chi lo invidiava e chi lo detestava in modo particolare.
L’invidioso era il collega che non sapeva fare altrettanto, cioè che aveva nel sangue una atavica serietà nel lavoro e nel giudizio delle cose, doveri compresi, e non era perciò capace di imporre a se stesso un ritmo od un sistema al di sotto delle sue normali prestazioni. Quando poteva lanciava uno strale semiacido per sentirsi rispondere con una battuta scherzosa, mentre in se stesso si compiangeva per non avere quella forza.
Chi lo detestava era invece chi, volente o nolente, doveva sobbarcarsi oltre che del lavoro proprio anche di quello del collega, spesso subalterno, che rimaneva eternamente in arretrato senza il minimo turbamento intimo o preoccupazione alcuna.
Simpatica o no che fosse la situazione quotidiana, l’azzardare un commento sfavorevole era pericoloso, in particolare alla presenza del Vice Direttore che un giorno aveva perfino zittito uno chiamandolo lingua di serpente, che poi i colleghi avevano tradotto in ‘lingua biforcuta, degna di una lurida squaw, stella del lavandino’!!
Il quale Vice, tanto per la cronaca, amava essere condotto a caccia di quaglie e di fagiani al margine d’una riserva da quello conosciuta e dalla quale non si tornava mai a mani vuote, meglio, a carniere vuoto.
Questo però era solo un piccolo dettaglio che non poteva e non doveva influire, almeno nelle intenzioni, sul normale reddito di lavoro, sui normali rapporti di lavoro.
È notorio che ad una certa età, localizzata attorno e dopo i cinquanta, l’apparato reno-vescico-urinario comincia a perdere il ritmo normale e se si intrufola qualche piccola pietruzza o anche semplicemente sabbietta nell’organo renitale, i dolori conseguenti invitano a pensare ad una vecchiaia avvicinantesi o quanto meno in arrivo precoce.
Un giorno anche il Vice si accorse di essere ammalato alle reni, almeno tale fu la sua personale diagnosi. Non che fosse una vera colica o sospetti calcoli, ma il vedere la sua orina poco limpida, acidosa, ammoniacalmente odorosa, gli intromise nelle vene il dubbio atroce di qualche malattia fatale. Correre subito ai rimedi era dunque necessario ma, interpellata, la moglie fece intendere che portare la bottiglietta giallo infusa dal medico anche se privato , era una forma di disonore, nè d’altra parte lui V. D. non si sentiva di affrontare una tale diagnosi che forse...
La ricerca di una soluzione, visto che neanche per corrispondenza era possibile, terminò invece molto semplicemente quando ebbe a constatare che la moglie del Vice Primario della Clinica Medica Centrale era la sorella della moglie di quel suo impiegato cacciatore... che perciò poteva ben essere utile allo scopo.
La convocazione nell’Ufficio direzionale fu ufficiale, l’indagine discreta, la convinzione positiva, la proposta infine chiara e palese: avrebbe lui portato la sua pipì al cognato per un esame esauriente, fatto con molta discrezione, con un pagamento modico o magari gratuito — ma era già un grande favore anche il solo esame e non l’avrebbe dimenticato all’occasione — e naturalmente usando molta discrezione con i colleghi...
Cominciò così una spola quasi settimanale della 'Pipì del V. D.’ dalla Direzione all’impiegato, dall’impiegato alla sorella, dalla sorella al marito, dal marito al collega specialista in ospedale, per poi fare il giro inverso dal Medico al marito, dal marito alla sorella, dalla sorella al fratello, fino a raggiungere il tavolo direzionale. Naturalmente non veniva resa la merce, ma solo i relativi referti ed i soliti campioni medicinali offerti dalla generosità del congiunto che sfoltiva l’armadietto e che, scuotendo la testa, aveva accondisceso alla cura a distanza.
Questa divenne dunque la ragione occulta, recondita e sconosciuta al popolo, che permetteva allo smidollato impiegato di lavorare i suoi quattro giorni la settimana, non perchè questa fosse la settimana cortissima conquistata dai sindacalisti, ma solo perchè aveva la grande arte di suddividere sapientemente e coscienziosamente il lavoro nell’arco dei cinque giorni prescritti.
Tutti vedevano, tutti constatavano, tutti ufficialmente ignoravano perchè si intuiva la superiore protezione, anche se tra di loro potevano concedersi la soddisfazione di critiche spietate e violente... purché nessun altro le sentisse.
Un Venerdì 17 alle ore 17, vale a dire qualche minuto prima dell’uscita normale che lui osservava fedelmente qualunque fosse il lavoro arretrato, passò accanto alla scrivania, nel suo passeggio pomeridiano, il V. D.
Egli scambiava volentieri qualche battuta scherzosa con tutti, per cercare di rialzare il morale, e far dimenticare loro che era molto basso e che spesso, dopo il suo intervento lo era ancor di più.
« Oh; ecco i nostri prodi! Sempre a pari col lavoro, vero? » e sorrise.
Il collega di quel tale impiegato che condivideva con lui il lavoro, alzò la testa di scatto come colpito da una molla, senza la schiuma alla bocca ma con uno sguardo assai bieco al di lui collega di fronte, per sottintesa accusa, e borbottò: « Ci vorrebbero almeno un paio d’ore ancora per finire il lavoro di ieri, e non c’è nessuno che dia mai una mano... »
La sfida era palese: il V. D. l’intese come un invito a lui rivolto di dare una mano invece di passeggiare, ma lui, il collega, incassò il colpo, come del resto faceva sempre essendosene ormai immunizzato con l’andar del tempo. Così, rivoltosi al suo V. D. con un incoraggiante sorriso, confermò: « Si ci vorrebbero un paio d’orine di straordinario, ma stasera devo proprio andare... »
Ed andò.
Il V. D. impallidì: quell’accenno all’orma (che voleva essere ‘ora breve’ nel significato precipuo, ma anche duplefax nel richiamo di un servizio usato in continua ricezione) lo lasciò assai perplesso e lo fece visibilmente scolorire in viso.
Si allontanò dalla scrivania senza commenti in preda ai più diversi pensieri e pareri.
Il dubbio era se l’impiegato aveva detto così, come tante volte si diceva, oppure se vi era la chiara allusione ad un mancato riconoscimento di un servizio lodevole, attivo, costante, extra, sia pure, ma che in fondo mirava alla salute di un V. D. e quindi a beneficio dell’Istituto stesso. Nel dubbio, il problema ebbe un seguito come tutte le cose di cui si vuol far avere un seguito. A deciderlo fu una successiva discussione in quei crocchi che si formano spontanei quando si parla di un argomento che interessa tutti ed a cui, senza formalità si affiancano incuriositi anche i superiori.
L’argomento erano le spese di condominio ed il bilancio famigliare, discussione che terminò con la dichiarazione di lui che ci voleva un aumento di stipendio o qualche extra.
« Ce l’ha con me — pensò il V. D. — perchè fa gratis il servizio pipì! »
La soluzione fu semplice: all'impiegato modello che ogni sera non sgarrava un minuto ad abbandonare la fabbrica del pane quotidiano, furono fatte segnare all'addetto segretario che preparava i moduli per gli stipendi, quattro ore straordinarie fisse mensili.
« Sa — disse poi al Direttore — è un buon figliolo con tanti figli... »
« Eh, si è giusto — confermò il Direttore — non l'ho molto presente, ma se lo dice lei... Dia pure disposizione ».
Ed entrò così in funzione la legge del menga, vita natural durante.
Tale fu dunque la forza dell’orina.
 

Virginio Inzaghi


 

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piazzascala.it - ottobre 2017