DIALOGO IMPEGNATIVO
«
Il dottor Esseti!! » — Al richiamo appena accennato del commesso
d’anticamera, molti alzarono la testa ed uno, tra gli ultimi
arrivati si presentò.
Il commesso aprì la porta del lussuoso Ufficio, chiuse fuori se
stesso ed introdusse il chiamato, pronto ad entrare solo al
trillo appiattito di convocazione.
In anticamera c’erano parecchi aitanti giovani, ed anche non più
molto giovani, ma gravava un silenzio pesante, esasperante, il
silenzio dell’attesa che porta la mente a fare mille congetture,
pronostici, supposizioni.
Quando qualcuno transitava nei pressi era guardato con
curiosità: a quel piano dell’edifìcio c’erano solo pezzi grossi,
pensavano, e sotto le mentite spoglie di un giovanottello
imberbe poteva già esserci un Procuratore di Sede dell’Ufficio
Facilitazioni.
Era l’anticamera del colloquio: molti prima di loro vi erano
giunti, tutti avevano detto che era impegnativo, era come un
esame di maturità, nessuno vi aveva mai assistito.
Si andava col sentito dire, col beneplacito della propria
Direzione che talvolta usava questo artificio per mostrare il
suo interessamento anche se sapeva in partenza che sarebbe stato
negativo. Si andava con in testa una ridda di numeri dei moduli
più strani, perchè molto spesso, dicevano che, per fregare uno,
veniva domandato: « Come e quando usa il 107.921? ». Era una
tragedia intima il confonderlo con altri moduli similari o
vicini di numerazione, era cioè un dimostrarsi impreparati e non
ancora maturi da ottenere la grazia di apporre la propria firma
per procura alle scartoffie bancarie.
Era dunque l’incertezza di questo imminente futuro, la certezza
che solo una parte avrebbe avuto il privilegio di un plauso,
sinonimo di nomina potenziale, che creava il funereo ambiente.
Il giovane entrò nell’ampio ufficio, salotto più che Ufficio, in
fondo al quale sedeva il vegliardo dagli occhietti scrutatori,
semichiusi, burberi, quasi per dire « Ti faccio paura ma non ti
mangio mica: è tutta scena!! ».
Avanzare però nel silenzio, nell’ampiezza rimbombante di ogni
nonnulla, ci si sentiva rimpicciolire ed a disagio. Abituati ai
saloni congestionati ove, come si soleva dire in gergo francese
si udiva Le fracàs d’épé et d’ecus (leggi: il frastuono delle
spade e degli scudi, ma che tradotto invece in buon milanese
aveva la stessa musica ma si poteva scrivere: le fracàss de pe e
de cu, e tradurre: il rumore dei piedi e dei culi) ci si sentiva
svanire un tantino.
Non questo accadde al giovane in parola che, sicuro di se
stesso, a testa alta, compì la sua Marcia su Roma, raggiungendo
lestamente la grande scrivania.
« Segga, s’accomodi, prego... (pausa)
Mi dica, mi dica, lei è il primo o il secondo figlio del Signor
Generale? »
« Il secondo, signor Direttore... »
Il giovane si era intanto semisdraiato sulla poltroncina, aveva
accavallato le gambe, aveva estratto una sigaretta, poi forse
memore di assennati consigli, l’aveva riposta nel portasigarette
d’oro.
« Eh, si! Grand’uomo il suo paterno genitore! (sospiro). E sta
bene, sta bene? Vi recate sempre a San Pellegrino, alle Terme?
Se non erro avevate una casa sulla strada che porta alla Vetta,
vero?... »
« Precisamente, signor Direttore! L’abbiamo ancora, ma non la
usiamo più molto perchè papà è molto spesso a Roma per lo Stato
Maggiore, per il Ministero della Difesa... »
« Ah (accentuato), capisco, capisco... E lei invece ha preferito
la Banca, più sicura, meno pericolosa... » (sorriso).
« Si signore... »
« Bravo, bravo. Se non erro ha conseguito la laurea l’anno
scorso, vero? Economia o diritto? »
« Filosofia, Signor Direttore... »
(Ciglia inarcate per un attimone da ambo le parti). Vi era stata
una certa sorpresa e per la domanda e per la risposta, mentre al
vegliardo, quel piccolo campanello d’allarme che è la intuizione
segnalava che si stava scendendo sulle sabbie mobili o terreno
minato.
« Ah, ecco, bene, bene!! (cambio d’argomento). Ed attualmente
lavora presso la nostra Filiale di... mi lasci vedere... con
tutto questo lavoro... Ecco qui le sue note personali... Ad
Americanide!! E che ne dice della Filiale? È una delle ultime
costruzioni del nostro Istituto, come ben sa... »
« Molto ben localizzata, signor Direttore! Proprio nel centro
della zona commerciale e poi molto ben indovinato il restauro e
la utilizzazione della parte antica del fabbricato... »
Il tutto era stato detto con molta convinzione, quasi con
enfasi, certamente con accurata compiacenza.
« Vedo, vedo... »
Il vegliardo ponzava che bisognava entrare nell’argomento
tecnico, ma era difficile iniziare il discorso. Fece una marcia
di avvicinamento: « Cosicché lei vuol dedicarsi alla carriera
bancaria, al nostro lavoro che penso potrà essere molto
fruttuoso se oso tener conto della larghezza delle conoscenze,
del particolare campo d’azione sociale che le si offre e che
ella saprà convincere a servirsi per ogni necessità della grande
organizzazione del nostro Istituto... »
« Certamente farò tutto il possibile ed anche il mio genitore...
»
« Oh, per questo non ne dubito... apprezzo, apprezzo moltissimo
queste sue prospettive future, questi suoi intendimenti... »
Poi prese il coraggio a due mani e si decise al rullo finale e
con un tono più alto, sciolto, veloce, incisivo, ben guardandolo
in viso, proseguì: « Perchè lei conosce vero, i vari servizi
della Banca, sa quando occorre il benestare della Bankitalia per
le operazioni con l’estero, i nulla osta, conosce il meccanismo
per far ottenere al cliente una facilitazione e le garanzie
richieste, l’entità e la prassi del rischio, le informazioni, il
giro d’affari... » (fine del tono domandativo...).
« Si, signore... »
(Intervento rapido, prima che l’altro parli e dica qualche
sproposito) « Molto, molto bene! Penso che ella si troverà a suo
agio nella nostra Filiale di Oceanide che, se non erro, mi era
stata indicata come la più adatta per lo svolgimento proficuo
del suo e direi nostro lavoro! ’
« Si, signore, è proprio così!... »
« Si accomodi pure dottore! porga i miei più sentiti rispetti a
sua Eccellenza il Generale ed a lei auguro il più proficuo
lavoro e molte soddisfazioni... Arrivederla ».
Al di fuori dell’uscio finemente lavorato dell’Ufficio di quella
Direzione Centrale, occhi curiosi lo scrutavano impazienti
nell’uscita, per leggervi il segno della sconfitta o della
vittoria, la trepidazione per un avvenire sempre promesso ma
difficilmente abbordabile, per alcuni, la conferma di un posto
più o meno vacante con la speranza di porvi la propria
candidatura.
Ma il dottore in filosofia passò a testa alta perchè sapeva di
aver brillantemente superato l’esame di Procuratore...
Virginio Inzaghi
I bancari vil razza dannata:
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