CONCLUSIONE
 

« Non essendo in grado di fare la pernacchia che mi intendo io — disse il commesso che aveva vinto solo due milioni al Totocalcio, importo che nulla gli permetteva se non il proseguimento del suo lavoro normale in attesa di un pensionamento estremamente lontano — tanto vale, disse, che ti dia una mano... »
Non era certo la mano tesa della fraternità dei donatori di sangue o del mediatore che conclude giulivo un contratto.
Era una mano spinta fuori dalla tasca dalla coercizione di un dovere, che voleva sembrare generosa ma nascondeva la stizza di non essere il Maragià di Guadalapur, seduto sui cuscini di piume tra le danze dell'Harem volteggiante trasparentissimi veli.
Era la mano tesa come la possono tendere talvolta i partiti politici pronti a dare con l’una e a prendere con l’altra per un preordinato calcolo di interessi e di convenzioni, o convenienze.
Pochi invero sentivano la bellezza della serenità francescana che mirava al supremo ideale della vita terrena al di sopra della terra, traendone da ogni creatura e da ogni lavoro il mezzo di elevazione, con la vittoria di se stessi a favore degli altri, per arrivare ad esserne superiori senza dover ricorrere a sgambetti, delazioni, menzogne, porcherie, tradimenti, sussurrìi, leccaggi, servilismi, apatie, menefreghismi, sotterfugi, finzioni, volute ignoranze, vendette, insinuazioni, sgarberie, insofferenze, occhiatacce, disprezzi, smorfie, trucchi, falsità, alterazioni, amnesie, gonfiamenti, pignolerie, infamie, per un misero riconoscimento di superiorità sul proprio simile, magari soltanto colpevole di essere un semplice buono.
L’Istituto riuniva una famiglia di vil razza dannata, in cui l’amore di fratelli era il classico amore di coltelli.
Eppure bastava poco, bastava che ciascuno non attendesse che gli altri per primi iniziassero a governare se stessi, ma imponessero alla loro volontà personale quello che desideravano fosse fatto a loro o da loro fosse ricevuto con evangelica realizzazione.
L’uomo, in sostanza, rende triste la sua vita e la trasforma in una routine senza scopo, costringendo continuamente i suoi slanci di bene per il solo fatto che gli altri sembrano non averne, mentre basterebbe rompere la crosta della indifferenza per far scaturire il soffione boracifero del bene e della bontà personale, che ristagna nell’intimo di ciascuno e che vive in lui.
Quel vecchio generale inglese che era Lord Baden Powell of Gilwell, lasciò morendo un singolare testamento. Scrisse:
« Io ho avuto una esistenza felice. Voi potete averla altrettanto lasciando il mondo un poco migliore di quanto non l’abbiate trovato... »
Questa dunque può essere la conclusione del mio scritto che, se chiede venia per aver trattato argomenti e sentimenti purtroppo talvolta tristemente reali, ha però il segreto desiderio di aiutare l’inizio di un altruistico rinnovamento sociale ed etico; che parta dall’intimo ripensamento di ciascuno di questa vasta categoria sociale intellettualistica, per un mondo migliore.
Pace e bene a tutti.

 

Virginio Inzaghi

T h e   E n d


 

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piazzascala.it - aprile 2018