CELLATICA BORGO ANTICO

Quando la comunità era amministrata dalla Vicinia

 

Nel caso di Cellatica si può stimare che l’origine della Vicinìa risalga alla costituzione dell’antica cappella di San Giorgio, quindi poco dopo l’anno Mille.
La conferma che a Cellatica esistesse anche una organizzazione amministrativa autonoma (vicinìa) è data, per la prima volta, da una sentenza del 16 dicembre 1280, contenuta nel Liber Potheris del Comune di Brescia (codice pergamenaceo che riguarda il periodo dal 1020 al 1307 circa e principale fonte della storia medioevale di Brescia), che ingiunse alla comunità di Cellatica di pagare, insieme ad altri 22 comuni, le spese per la riparazione del Ponte Crotte (di origine romana) sul fiume Mella. Cellatica si trova infatti lungo l’antica via romana che collega Brescia al lago d’Iseo ed alla Valcamonica dopo avere attraversato il Ponte Crotte.
La Vicinìa era l’assemblea dei capi famiglia originari e dimoranti in un certo luogo (vico) con il compito di approvare gli Statuti e le norme regolanti la vita della comunità, oltre a nominarne i Reggenti: consoli e sindici, consiglieri, massaro (amministratore e tesoriere), camparo (addetto alla vigilanza della campagna), come pure gli incaricati ai servizi pubblici più importanti: lo zerlotto che misurava il vino prodotto o venduto, il pistore (mugnaio), il beccàro (macellaio), il prestino (fornaio che prestava il forno anche a terzi), il becchino (tumulatore), l’agrimensore (misuratore di superfici agrarie), l’andadore (messo), l’abboccatore che si occupava delle aste pubbliche, il campanaro ed anche il medico nelle comunità più importanti.
Questa forma di democrazia diretta sarebbe impensabile ai giorni nostri. Gli abitanti erano suddivisi in Antichi Originari e Forestieri: solo i primi avevano diritto di godere dei beni comuni o indivisi della comunità. Ciò fa pensare che l’origine delle Vicinìe, che si costituirono in epoca comunale, dopo l’XI o XII secolo, possa derivare dalla cultura giuridica longobarda che prevedeva anche la proprietà comune dei beni goduti in modo indiviso.
La suddivisione degli abitanti in Originari e Forestieri fu fonte, nel corso dei secoli, di numerose
controversie derivanti dagli abusi commessi dagli originari nei confronti dei forestieri. La Repubblica di Venezia considerò Originarie tutte le famiglie che trovò già radicate in una certa comunità.
Per ottenere lo status di Antico Originario veniva solitamente richiesta alla famiglia una residenza in paese di almeno 50 anni, il voto favorevole del consiglio dei capifamiglia, eventuali benemerenze ed il pagamento di una tassa.
La Vicinìa dispose, fino alla venuta di Napoleone Bonaparte, oltre alla propria sede in contrada della Piazza, vicino all’antica canonica (ora proprietà Loda), di 40 piò circa di bosco, detto dell'Ughel, della beccarla e dell’osteria in località Fantasina, la cui gestione veniva periodicamente messa all’asta, e della casa con osteria vicino al Santuario della Stella.
La Vicinìa veniva convocata, su ordine del Console, con il suono della campana, almeno una volta all’anno o quando vi fossero questioni o problemi da discutere, deliberava a maggioranza e le sue decisioni erano valide purché alle riunioni fossero presenti almeno due terzi dei capi-famiglia con età superiore ai 25 anni.
Si votava utilizzando “balle” (o balote), di solito bianche e nere (o rosse), da depositare in apposite urne per indicare il voto favorevole o contrario alle proposte formulate.
Le sue decisioni erano indiscutibili e provvedeva anche ad imporre e riscuotere dazi, a ripartire le tasse o taglie, imposte dalle autorità superiori, a regolamentare l’uso dei beni comuni (boschi, pascoli, terreni, acque, immobili, ecc.), a redigere ed approvare i catasti e gli estimi sulla base dei quali venivano fissate imposte e tasse.
Nel 1769 la Repubblica di Venezia decise di abolire la distinzione tra Antichi Originari e Forestieri, ma di fatto non ci riuscì e si dovette attendere il 1797 per vederla realizzata quando subentrarono, per pochi anni, le istituzioni napoleoniche molto democratiche di nome, ma poco di fatto.
I cittadini potevano quindi partecipare all’amministrazione locale, ma per gli stati, di tipo assoluto, quindi governati da un sovrano con ministri da lui scelti, non era prevista alcuna partecipazione dei cittadini.


Cesare Bertulli - Fiorenza Marchesani Tonoli

 

(continua)
 

 

 

 

 

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piazzascala.it -  agosto 2016