APPENDICE
Breve storia della chiesa e parrocchia di Cellatica
Cellatica,
dal punto di vista ecclesiastico, appartenne, in origine, alla
Pieve di Gussago che, a sua volta, secondo lo storico mons.
Guerrini, sorse su iniziativa della Badia Benedettina di Leno.
La prima notizia dell’esistenza di una chiesa a Cellatica è del
1130 circa quando papa Onorio II, volendo dotare di benefici il
Capitolo della Cattedrale di Brescia, gli attribuì anche quello
della Cappella di San Giorgio in Cellatica.
Papa Eugenio III con bolla del 9 settembre 1148 lo riconfermò e
così pure i papi successivi dello stesso secolo (Adriano IV nel
1159, Alessandro III nel 1175 e Urbano IV nel 1186). La presenza
di una chiesa testimonia l’esistenza di una comunità dotata di
una certa autonomia e infatti la pur unica citazione di
Cellatica nel Liber Potheris (già menzionata in precedenza),
oltre un secolo dopo, è una ulteriore conferma.
San Giorgio è un santo particolarmente venerato dai Longobardi
ed anche questo fatto può testimoniare la presenza a Cellatica
di un luogo di culto a lui dedicato ben prima dell’anno mille.
Con l’aumento della popolazione, il Capitolo dei Canonici della
Cattedrale di Brescia vi nominò un parroco riservandosi però il
diritto di patronato fino alla fine del XVI secolo quando passò
direttamente al vescovo di Brescia divenendo parrocchia a tutti
gli effetti nel 1616.
Poiché la costruzione di questa cappella è certamente precedente
al 1130 si può affermare che la Comunità di Cellatica vanti
almeno 10 secoli di tradizione cristiana. Potrebbe essere anche
più antica considerato che il monastero di Santa Giulia di
Brescia, fondato dal re longobardo Desiderio, possedeva
proprietà a Cellatica sin dalle sue origini e così pure il
monastero benedettino di San Faustino, fondato dal vescovo di
Brescia Ramperto nell’anno 841, proprietario di una fattoria e
di 50 piò di terra in zona Torricella già nel Medioevo.
Non ci sono fonti che consentano di stabilire la sua ubicazione;
tradizionalmente però i luoghi di culto tendono a stratificarsi
sempre nel medesimo luogo (molte antiche pievi sono sorte su
luoghi prima dedicati a culti pagani). Lo stesso è probabilmente
accaduto per quell’antica cappella che ha, verosimilmente, nel
corso dei secoli successivi, subito lavori che hanno portato
alla realizzazione di una chiesa di maggiori dimensioni.
Infatti, all’atto della visita pastorale dell’inviato del
cardinale Carlo Borromeo, avvenuta il 15 marzo 1580, la chiesa
dispone di 5 altari: quello maggiore e altri 4 “non dotati”. Uno
è dedicato a san Rocco (dedicazione che scompare, di fatto,
nell’attuale chiesa seicentesca perché in suo onore era stata
costruita prima della fine del XV secolo una chiesetta in
contrada dei Bandirali sul colle che ha preso poi il nome del
Santo). Questo fa supporre che vi sia stata un’evoluzione nella
struttura dell’antica cappella di San Giorgio e che la
precedente sia tra il XV e il XVI secolo.
La relazione della visita pastorale fornisce altre informazioni:
la comunità di Cellatica contava 500 persone, delle quali 230
ammesse alla Comunione; parroco era don Bartolomeo Paganino; la
canonica si trovava di fronte alla chiesa (sin da epoca
medioevale e lo fu fino a circa 80 anni fa quando venne
costruita la nuova); la chiesetta di San Rocco era già ben
costruita, ma non ancora consacrata mentre l’abitazione annessa
necessitava di lavori di completamento; il cimitero era
adiacente la chiesa parrocchiale; il massaro Pietro Giacomo
Bedussi da 5 anni non provvedeva a rendicontare per iscritto le
elemosine e le spese, per questo fu censurato nel successivo
decreto di san Carlo.
La Parrocchiale, certamente situata nel luogo di quella attuale,
sempre intitolata a san Giorgio, fu sottoposta a lavori di
ampliamento e ricostruzione dall’inizio del XVII secolo e fu
consacrata, nella forma attuale (di stile basilicale con pianta
a tre navate divise da archi poggianti su colonne), alla fine
del mese di ottobre del 1670 dal vescovo di Brescia Marino
Giovanni Giorgi. Dalle scarse fonti disponibili non è stato
possibile scoprire il nome del progettista.
Il nuovo tempio ricalca in scala minore nello stile quello di
Quinzano d’Oglio e, negli anni tra il 1579 ed il 1611, durante i
quali è probabilmente maturata l’idea della sua costruzione, il
parroco di Cellatica era Bartolomeo Paganino, originario di quel
comune.
Si ritiene che alcune strutture della vecchia chiesa siano state
incorporate nella nuova costruzione e che la parte totalmente
nuova sia quella absidale (modificata poi a metà Ottocento).
Una indagine archeologica, in caso di futuri lavori (ad esempio
per il pavimento), potrebbe chiarire queste ipotesi e fornire
altre informazioni Il magnifico dipinto del martirio di san
Giorgio (di autore anonimo e recentemente restaurato), situato
sopra il portale della chiesa, appartiene probabilmente alla
precedente costruzione essendo decisamente cinquecentesco. La
pala dell’Aitar Maggiore appartiene invece alla nuova essendo
stata dipinta dal Paglia nel 1663. Non vi sono notizie precise
sulla data di inizio dei lavori, ma la decisione formale di
intraprendere l’opera viene presa dopo che don Gabriele Gennari
è nominato parroco in sostituzione del defunto don Pietro
Ongarini.
Il consiglio degli Antichi Originari di Cellatica, convocato da
Bontempo Bontempi, si riunì il 29 settembre 1617 e,
all’unanimità, designò Cornino Uberti e Antonio Bontempi quali
delegati alla costruzione. Il verbale di quel consiglio, redatto
dal notaio Simone Bonalda di Urago, ma abitante a Cellatica in
contrada del Cantone, riporta i nomi dei partecipanti:
Piero Merici, Cornino Uberti, Aloysio Merici, Agostino Merici,
Cesare Frassine, Francesco Baldus- si, Jacomo Frassine, Tomaso
Fiorini, Benedetto Bal- dussi, Bartolomeo Uberti, Pietro
Moretti, Vincenzo Bontempi, Marcantonio Bontempi, Bontempo
Bontempi, Giuseppe Bedussi. Risultano assenti: Antonio Uberti,
Giorgio Bedussi e Francesco detto Berlingo. Testimoni
delVelezione sono Domenico Astezati e Bartolomeo Paiarino,
abitanti a Cellatica.
Dopo sette anni emersero delle controversie finanziarie con i
fornitori poiché i due delegati, unitamente a Lorenzo, figlio di
Camillo Covi, rappresentante dei nobili di Cellatica, con atto
del notaio Giovan Battista Covi del 5 dicembre 1624 conferirono
procura a Camillo Covi, figlio del notaio stesso per la loro
risoluzione, ma non si hanno altre notizie in proposito. Da
altri atti della Vicinìa apprendiamo che vi furono screzi anche
tra i cittadini rurali ed i nobili di Cellatica in tema di
ripartizione delle spese. Alla fine si giunse ad un compromesso
e le varie parti sociali (nobili, cittadini rurali e contadini
proprietari) si impegnarono a versare un contributo annuale,
forfettario per i nobili, ed in base alle proprietà terriere per
gli altri.
Le ordinarie elemosine raccolte durante le messe ed il lavoro
volontario non risultavano infatti sufficienti a continuare
l’opera. Per far fronte alle spese la parrocchia dovette cedere
anche un appezzamento di terra di sua proprietà in contrada del
Trocarro ricevendo in pagamento, oltre che denaro, anche un
piccolo appezzamento, di terra che divenne orto del parroco e
che dal 1775 al 1808 fu destinato a cimitero.
La costruzione, un’opera impegnativa per una : h comunità di 600
abitanti (che diventarono 1110 solo nel 1683), proseguì
lentamente e giunse il 1650 quando con un atto datato 26 aprile
(del notaio Carlo Sala, padre del futuro abate Aloysio) Andrea
Bolpagni figlio del fu Bartolomeo mise disposizione un suo fondo
al Roncato per estrarne le pietre necessarie alla costruzione
del campanile; il compenso fu fissato in lire 50 planet (valuta
utilizzata nel bresciano durante la dominazione veneta).
Il campanile venne seriamente danneggiato da un fulmine nel
maggio 1698 e la Vicinìa deliberò sulla sua riparazione il
successivo 10 luglio; nel febbraio del 1719 si rese necessario
sostituire le pericolanti scale interne che conducono alla cella
campanaria; fu dotato poi di un orologio.
Anche la precedente chiesa aveva una campana e ciò risulta dai
verbali della Vicinìa precedenti la costruzione dell’attuale
parrocchiale: le assemblee dei cittadini ed il consiglio degli
Antichi Originari
venivano infatti convocati con il suono della campana. L’ipotesi
che la vecchia chiesa fosse situata nel medesimo luogo della
attuale è comunque confermata sia dalle polizze d’Estimo della
prima metà del XVI secolo della famiglia Caravaggi che dal
testamento di Ludovico Caravaggi dell’agosto 1569. Le polizze
d’Estimo di quella famiglia indicano infatti che, anche allora,
la chiesa confinava con la loro casa (la prima dell’attuale via
Magenta, a quel tempo chiamata contrada San Bartolomeo, dove
sono ancora visibili i due leoni affrontati dello stemma
gentilizio dei Caravaggi) e Ludovico (1523-1569) chiese nel suo
testamento di essere sepolto nella chiesa parrocchiale, accanto
alla sua casa, sotto l’altare dedicato a san Rocco dettando
anche l’iscrizione latina da apporre sulla sua pietra tombale
(attualmente murata nel pilastro sinistro dell’ingresso laterale
della chiesa: Ossa di Ludovico Caravaggi in attesa della
resurrezione dai morti).
Ludovico, il più illustre cittadino di Cellatica nel
Cinquecento, è noto per il suo famoso diario “Chronica de
Bressa” iniziato nel 1538 quando era solo quindicenne e
conclusosi con la sua prematura morte a 46 anni nel 1569.
Numerosi sono i riferimenti a Cellatica. A un membro della sua
famiglia, monsignor Leonardo Caravaggi (nipote del Leonardo
fratello di Ludovico), risale la fondazione, per testamento,
della Commissaria Leonardo Caravaggi detta anche dei Poveri.
La chiesa parrocchiale fu oggetto di ulteriori interventi nel
corso dell’Ottocento. Risulta dall’archivio parrocchiale che nel
1828 su progetto dell’ing. Giuseppe Gandaglia il sagrato venne
abbassato al livello della strada (con conseguente cancellazione
dei resti dell’originario cimitero utilizzato fino al 1775) e,
per garantire l’accesso laterale alla chiesa, fu costruita la
scalinata in pietra di Sarnico ancor oggi utilizzata. Cellatica
ebbe quindi la sua prima piazza, la seconda fu realizzata solo
nel 1883 in seguito alla costruzione dell’attuale municipio.
Quello dell’atterramento del sagrato per realizzare una piazza
era già stato ipotizzato, ma non realizzato in epoca
napoleonica.
Nell’archivio della Imperial Regia Delegazione Provinciale
Austriaca e nell’archivio del Governo Austriaco a Milano (anno
1842) vi è una autorizzazione ad ingrandire la chiesa ritenuta
non più sufficiente ad accogliere l’accresciuto numero di fedeli
che risulta anche nelle relazioni delle visite pastorali. Il
progetto, opera dell’ing. Luigi Donegani, purtroppo non è ancora
stato trovato.
Fu ingrandita l’abside e furono costruite le attuali cantorie.
Ciò è confermato anche dai ricordi popolari che narrano come la
chiesa fosse
un tempo “più corta”. In effetti venne “allungata” e
nell’archivio parrocchiale esiste documentazione relativa alla
spesa sostenuta. L’impresa, che realizzò quei lavori, fu quella
di Luigi Trombetta. Ulteriore testimonianza di quell’intervento
sono anche gli affreschi dell’abside e del transetto che sono
ottocenteschi.
Il primo organo, di cui esiste testimonianza nell’archivio
parrocchiale, risale al 1694 alla voce Inventari Arredi Sacri
1680-1900 dove è conservato un contratto del 25 marzo 1694 tra
il parroco del tempo don Giovanni Borelli ed il fabbro legnaro
Francesco Maggioni per: “far la cassa dell’organo con la sua
cantoria et altra cantoria all’incontro d’essa ponendo detto
maestro Francesco tutto il legname tutta l’opera e tutta la
ferramenta necessaria per componer dette due Cantorie con la
cassa suddetta.... e queste siano et debbano essere fatte nella
conformità che si trovano quelle nella terra di Sarezzo, ma
conforme al desegno fattogli dal Dosena”.
Il Dossena era un noto intagliatore della Valtrompia che ha
lasciato opere notevoli nella chiesa parrocchiale di Sarezzo.
La spesa è indicata in lire piccole 900 e il tutto doveva essere
approntato per la festa patronale di san Giorgio del 23 aprile
1695.
Non si hanno altre notizie dell’organo fino al 1804 quando un
documento, datato 15 maggio 1804 (Dipartimento del Mella - Li
Amministratori delle Instituzioni di Culto e Beneficenza di
detta Comune nel Circolo III, a firma degli amministratori
Bonomi, Pulusella e Mondini di Cellatica), rende nota la
decisione che
gli
altari del Santissimo Sacramento e del Santo Rosario della
chiesa parrocchiale di Cellatica contribuiscano alla spesa per
il “riattamento dell’Organo ora ridotto a perfezione dal
Professor Zaccharia Respini.”
L’onere a carico dei due altari è indicato rispettivamente in
150 ed in 100 lire piccole.
Nel 1834 la parrocchia affrontò nuovamente il problema
dell’organo: quello attualmente esistente. La sua realizzazione
fu affidata a Luigi Cadei il cui figlio Felice, successivamente,
e cioè nel 1851, lo spostò nella nuova abside e lo modificò
aggiungendovi i timballoni. Quelle modifiche sono state
contestuali aH’allungamento della chiesa con la realizzazione
della nuova abside. Sempre dall’archivio parrocchiale si
apprende che, negli anni precedenti la prima guerra mondiale,
furono richiesti preventivi m per manutenzione straordinaria
dello strumento ma senza poi intervenire. Nel 1927 se ne fecero
altri senza però alcun seguito.
A meta degli anni Ottanta il parroco don Bonometti, grazie al
supporto finanziario della famiglia Folonari, potè pensare al
suo restauro per il quale la Sovrintendenza agli Organi di
Milano si trovò in contrasto con Brescia per l’assegnazione a
una ditta ritenuta non sufficientemente esperta. Vi furono vari
problemi, anche a causa delle grandi nevicate dell’inverno 1985,
che provocarono il crollo del tetto del capannone dove si
trovava l’organo smontato. La conclusione dei lavori venne
curata poi dalla ditta Borghi di Crema che cercò di rimediarvi
senza troppo successo. Nel 2009 finalmente l’organo è riportato
allo splendore originario dalla ditta Giani di Cremona e il 17
ottobre inaugurato con un concerto del maestro Stano Innocenti,
titolare dell’organo Serassi della reggia di Colorno.
Cesare Bertulli - Fiorenza Marchesani Tonoli
(continua)
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