Articolo pubblicato su “La legge per tutti” del 5 gennaio 2018
a cura di Santino De Marco

 

Sacchetti bio per frutta e verdura: come non pagarli

Gli shopper sono caricati sul cliente: il costo è indicato sullo scontrino
ed è presente un avviso sul banco di frutta e verdura. 

 

Dal 1° gennaio 2018 è entrata in vigore una nuova legge [1] che, nel tentativo di disincentivare sprechi di plastica e danni per l’ambiente, impone al supermercato di utilizzare solo sacchetti biodegradabili e scaricare sul cliente il relativo costo. Il prezzo deve figurare sullo scontrino, come già succede per le normali buste della spesa. Il riferimento è ai sacchetti leggeri e ultraleggeri (quelli con uno spessore inferiore a 15 micron) con cui i consumatori imbustano frutta e della verdura al banco degli alimenti mediante self service. A conti fatti, il costo di ogni shopper è di circa 1 o 2 centesimi a sacchetto, a seconda del supermercato; si tratta, peraltro, di una normativa impostaci da una direttiva della comunità europea del 2015 [2] ed alla quale l’Italia – come spesso succede – si è adeguata con notevole ritardo. Ciò nonostante, la questione ha creato un vero e proprio delirio tra i consumatori, che stanno studiando mezzi e sistemi per non pagare i sacchetti bio di frutta e verdura. Tra le varie accuse è giunta l’immancabile bufala su Facebook e WhatsApp: i sostenitori della “tesi del complotto” non hanno perso l’occasione per accusare il governo di voler agevolare un’azienda, vicina peraltro a Renzi, monopolista nella realizzazione delle buste di plastica biodegradabili per supermercato. In realtà, a produrre i sacchetti leggeri e ultraleggeri sono ben più di una ditta e, peraltro -per nostra sfortuna – non sono italiane.

Indice
1 Che differenza c’è tra i sacchetti leggeri e quelli ultraleggeri?
2 La denuncia dei consumatori
3 Si possono portare le buste da casa?
4 Quanto costano a famiglia i sacchetti biodegradabili?
5 Cosa hanno fatto gli altri Stati Europei?

Che differenza c’è tra i sacchetti leggeri e quelli ultraleggeri?
Vengono definiti «sacchetti leggeri» quelli con cui imbustiamo la spesa dopo averla pagata per portarla a casa; quelli «ultraleggeri» sono invece adoperati per contenere gli alimenti sfusi come frutta e verdura. Su questi ultimi la direttiva Ue lasciava libertà di scelta («ove necessario per scopi igienici», come indicato nel considerando numero 13 della direttiva). Ma l’Italia ha deciso di impegnarsi maggiormente per il bene dell’ambiente.

La denuncia dei consumatori
Nel frattempo, a pochi giorni dall’introduzione dell’obbligo di utilizzare i sacchetti biodegradabili a pagamento per le merci sfuse, il Codacons ha deciso di presentare un esposto a 104 procure della Repubblica di tutta Italia chiedendo «di aprire indagini sul territorio alla luce del possibile reato di truffa, verificando il comportamento di ipermercati, supermercati ed esercenti nella vendita dei sacchetti biodegradabili. Questo perché stanno arrivando segnalazioni da parte dei consumatori di tutta Italia che denunciano come il costo degli shopper venga loro addebitato anche in assenza di acquisto dei sacchetti, in modo del tutto illegittimo».

Si possono portare le buste da casa?
Per non pagare i sacchetti bio per frutta e verdura, molti consumatori si stanno attrezzando a portare da casa i propri sacchetti di plastica riciclati. Ma si può fare?
Il ministro dell’ambiente ha precisato che è possibile portare sacchetti da casa «solo se sono contenitori nuovi», mai utilizzati prima. Il Ministero della salute fornirà maggiori dettaglia a riguardo, ma intanto una cosa è certa: le buste che i clienti porteranno da casa potranno essere sottoposte a controllo da parte del gestore del supermercato al fine di verificare che queste non siano frutto di riciclo e non siano igienicamente insalubri. In pratica tali sacchetti – che dovranno rispondere ai requisiti previsti dalla normativa sui materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti – «dovranno risultare non utilizzati in precedenza e rispondenti a criteri igienici che gli esercizi commerciali potranno definire in apposita segnaletica e verificare, stante la responsabilità di garantire l’igiene e la sicurezza delle attrezzature presenti nell’esercizio e degli alimenti venduti alla clientela».
Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della salute, ha detto: «Non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti. Il riutilizzo dei sacchetti determinerebbe infatti il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche», e ha aggiunto che il titolare dell’esercizio commerciale «avrebbe ovviamente la facoltà di verificare l’idoneità dei sacchetti monouso introdotti».

Quanto costano a famiglia i sacchetti biodegradabili?
Il costo medio di sacchetto varia da 1 a 2 centesimi a busta. Il cliente paga solo i sacchetti che porta a casa e non quelli che, eventualmente, si lacerano durante l’uso e che vengono sostituiti o che si scartano prima di pagare alla cassa. Si calcola che ogni famiglia spenderà in più tra i 4,17 e 12,51 euro all’anno. Tutto sommato una spesa accettabile per un mondo più pulito.

Cosa hanno fatto gli altri Stati Europei?
Al momento solo l’Italia ha imposto il pagamento delle buste biodegradabili a carico dei consumatori. La direttiva UE infatti non specifica chi debba pagare il costo dei sacchetti ma impone solo una limitazione e l’utilizzo di materiale biodegradabile. L’Irlanda, ad esempio, ha preferito la molla fiscale imponendo una tassa sui sacchetti. Staremo a vedere i successivi sviluppi che potrebbero arrivare proprio dai palazzi di Bruxelles.
note

[1] DL n. 91/2017, Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno.
[2] Drettiva europea 2015/720/Ce, che, dal 1° gennaio 2018, anche per lo Stivale (grazie all’art. 9-bis del dl 91/17 che ha modificato il Codice ambientale) impone la progressiva riduzione dei sacchetti in plastica, e che, a tal fine, impone il pagamento, visibile su scontrino o fattura, di un prezzo per scoraggiarne l’utilizzo.

 

 

 

 

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piazzascala.it - gennaio 2018