Consulenza fiscale a cura di Pasqualino Pontesi, Dottore commercialista.

Articolo pubblicato su “il Quotidiano del Sud” di domenica 28 febbraio 2016.
 

 

Addio al vecchio codice fiscale
 

Il codice fiscale è stato introdotto nel 1973 per rendere più efficiente l’Amministrazione finanziaria. Esso viene rilasciato a ciascun cittadino italiano e può essere attribuito anche agli stranieri. Il codice fiscale rappresenta lo strumento di identificazione della persona fisica nei rapporti con il Fisco. Serve all’Anagrafe tributaria per registrare e controllare i dati rilevanti ai fini fiscali. L’Amministrazione finanziaria è difatti in grado di identificare il contribuente e di seguirne molte operazioni nel corso degli anni. Sa se si è proprietari di immobili o si è in fitto, quale eredità si è ricevuto, se vi è stato l’acquisto o la vendita di un’autovettura, di un fabbricato, di un terreno e quanto si dichiara in sede di denuncia dei redditi. Nato per fini tributari, è indispensabile anche per altre operazioni: ricevere lo stipendio, sottoscrivere una polizza di assicurazione, registrare atti pubblici, aprire un conto in banca e così via. Il codice fiscale per le imprese è un’espressione numerica che spesso coincide con la partita Iva, per le persone fisiche è invece composto da sedici caratteri secondo il seguente criterio: le prime sei lettere sono le consonanti del cognome e del nome (se insufficienti si prelevano le vocali), poi ci sono due cifre dell’anno di nascita, una lettera che corrisponde al mese di nascita, due cifre per il giorno di nascita reale per gli uomini, mentre per le donne è quello reale sommato a quaranta. Infine, c’è una lettera seguita da tre numeri che identifica il comune di nascita e una lettera finale scelta in base ad un complicato codice matematico per evitare che ci siano due codici uguali.

 

Omocodia

Si verifica quando due o più persone hanno lo stesso codice fiscale. I casi di omocodia si sono moltiplicati con l’aumento degli immigrati. Chi, ad esempio, è nato in Cina e ha nome e cognome identico a quello di un suo connazionale e con la data di nascita sconosciuta non lo si riesce a distinguere nemmeno per il luogo di nascita. Infatti, per i nati all’estero, viene riportato il codice dello Stato di nascita invece del codice catastale del Comune. Un altro caso di omocodia riguarda i cittadini arabi che hanno nome e cognome diversi ma in cui ricorrono identiche vocali e consonanti. Infatti, nei Paesi esteri appartenenti all’area arabo-musulmana, non esiste la tradizione di fissare il giorno di nascita, per cui molti immigrati indicano come data di nascita una data simbolica spesso dichiarando di essere nati il primo gennaio. Il codice fiscale dovrà quindi prima o poi cambiare. La crescente presenza di immigrati extracomunitari con omonimie, luoghi e date di nascita generici hanno fatto squillare il campanello d’allarme. Si prospetta pertanto l’ipotesi di abbandonare l’attuale struttura di sedici caratteri alfanumerici per passare a un codice soltanto numerico senza alcun collegamento con i propri dati anagrafici.<<<<<

 

 

 

 

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piazzascala.it - marzo 2016