Consulenza fiscale a cura di Pasqualino Pontesi, Dottore commercialista.

Articolo pubblicato su “il Quotidiano del Sud” di domenica 14 febbraio 2016.
 

Patti chiari tra moglie e marito
 

 

Quando si decide di formare una famiglia non si devono solo considerare gli aspetti umani e sociali dell’unione ma anche quelli economici. Dal fatidico “sì” che dà inizio al matrimonio, comincia anche la vita dell’azienda famiglia, interessata a fenomeni che non si discostano molto da quelli di una comune impresa con spese ed entrate. Come in tutte le cose anche il rapporto di coniugio, purtroppo, è destinato un giorno a concludersi o per decesso o per una crisi insanabile che sfocia nel divorzio. L’euforia e la felicità iniziale fanno sì che spesso si trascuri l’importanza di stabilire in anticipo quale regime patrimoniale scegliere per la futura vita matrimoniale. Fondamentale, pertanto, conoscere la differenza tra comunione e separazione dei beni. I beni che rientrano nel regime di comunione legale sono quelli acquistati durante il matrimonio ad eccezione dei beni che ciascuno aveva già prima dell’unione matrimoniale, i beni ricevuti da uno dei coniugi in eredità o donazione, quelli usati nel lavoro da uno dei due e i beni di uso strettamente personale. I coniugi possono gestire disgiuntamente i beni in comunione, ma solo per gli atti di ordinaria amministrazione cioè quegli atti che non modificano la consistenza economica del patrimonio quali, ad esempio, acquisti necessari all’economia domestica, apertura del conto corrente ecc. Gli atti di straordinaria amministrazione sono invece quelli che determinano o possono determinare una qualche variazione nel patrimonio quali le vendite e acquisti di beni immobili. Tali atti devono essere compiuti congiuntamente dai coniugi e solo in caso di dissenso tra i due, se l’atto di amministrazione straordinaria è necessario nell’interesse della famiglia, uno dei coniugi può rivolgersi al giudice per ottenere l’autorizzazione ad agire. Nel regime di separazione dei beni ciascun coniuge conserva la piena titolarità anche dei beni acquistati durante il matrimonio, ne può disporre liberamente e i redditi da essi derivanti sono esclusivamente suoi. Se i coniugi vogliono acquistare in comproprietà un bene immobile è necessario che ciascuno partecipi all’atto di compravendita risultando contitolare del bene stesso. In tal caso, la disciplina da applicare non sarà quella della comunione legale, bensì quella della comunione ordinaria. In genere, agli aspiranti sposi si suggerisce di optare per la separazione dei beni. Se uno dei due coniugi lavora in proprio, la comunione espone il patrimonio della coppia al rischio di impresa. In caso di debiti, se i beni personali non sono sufficienti, i creditori possono rivalersi su quelli della comunione solo, però, per il 50% del coniuge debitore. Per i coniugi che non hanno operato alcuna scelta si applica la comunione legale. La separazione dei beni deve, invece, essere espressamente voluta e può anche essere manifestata al momento della celebrazione del matrimonio.<<<<<

 

 

 

 

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piazzascala.it - febbraio 2016