Il 22 maggio 2015 moriva il collega Enrico Bonzano (memorabili, fra l'altro, le sue capacità di vignettista e caricaturista): così lo ricorda Vittorio Damiano in uno scritto già comparso all'epoca che siamo lieti di ripresentarvi.
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RICORDO DI UN AMICO
Il 22 maggio scorso, giorno del suo compleanno, un caro collega e carissimo amico ci ha lasciati. Enrico Bonzano, una persona davvero eccezionale per chi lo ha conosciuto da vicino, ha ceduto dopo alcuni mesi di lotta contro il male che pian piano lo ha distrutto, sopportando in silenzio grandi sofferenze.
Nel corso dei funerali, a cui hanno voluto partecipare moltissimi colleghi, l'amico Franco Giannino lo ha magistralmente ricordato con bellissime e semplici parole, assolutamente prive di retorica, e totalmente condivise da chi ha conosciuto Enrico.
Anch'io desidero ricordarlo, ma a modo mio, molto alla buona, riproponendo qualche sua caratteristica e qualche episodio della nostra amicizia.
Ci siamo sempre frequentati, sebbene saltuariamente, ma da almeno 4 anni e più sono stato da lui quasi ogni giovedì pomeriggio.
Stavamo insieme e parlavamo del più e del meno; ascoltavamo musica; guardavamo foto o qualche film sul computer; leggevamo qualche bella pagina. In men che non si dica il tempo volava, e allora via!, a prendere una pizza che consumavamo in una gradevolissima atmosfera. Spesso gli portavo una (semplicissima) torta di mele preparata da mia moglie, che a lui piaceva particolarmente e allora... telefono alla mano, eccolo farle i complimenti e ringraziare e apprezzare e sorridere commosso (e più tardi mi chiedeva, anche più volte, il permesso di... sentire com'era venuta, giustificandosi con un sorrisetto ammiccante).
Le foto. Avendolo convinto ad acquistare una macchinetta fotografica digitale, si dilettava a scattare decine e decine di foto. Gli piaceva riprendere di tutto, i numerosi luoghi che visitava, gli amici, la sua diletta casa di campagna (la "Stramba") dove si recava spesso a fine settimana per eliminare le erbacce e fare pulizie. Ma i soggetti preferiti delle sue foto erano i due amatissimi nipoti, Sara e Matteo, a cui voleva un gran bene e della cui (vera, posso garantire, vera!) bravura nel campo scolastico e sportivo si faceva orgogliosamente vanto. Scaricavamo le foto sul computer, e qualche volta quasi si scusava con me (?) della non eccelsa qualità di alcuni scatti e regolarmente dovevo ripetergli di non preoccuparsi, che quelle foto rappresentavano e ricordavano momenti della sua vita, che non doveva renderne conto a nessuno. Dimenticavo: il soggetto del primo scatto? Una cornicetta con la sua adorata Vanna, naturalmente, presente in tutta la casa in una foto scattata prima della sua scomparsa, alcuni anni fa, che la ritrae bellissima. E a proposito di Vanna mi permetto rievocare un piccolo episodio che la dice lunga sulla sensibilità di Enrico. Un giorno mi comunica che andrà al cimitero del paese a trovare Vanna. "Enrico, per favore dài due colpetti con le nocche sulla lapide e dille che le porti i saluti di Vittorio": un piccolo gesto affettuoso che compio abitualmente quando vado a trovare i miei e che avevo inventato io (così credevo, salvo apprendere poi che in alcuni paesi è pratica abituale). Si è commosso a tal punto che per poco non scoppia a piangere.
La lettura. Era uno dei nostri "passatempi" preferiti. Passavamo momenti veramente belli nella lettura - udite udite (e non ridete) - di brani della Divina Commedia o dei Promessi Sposi: accettava con entusiasmo qualunque pagina o episodio proponessi (che naturalmente dovevo leggere io) che gustava (gustavamo) con vero piacere, soffermandoci sul commento, sulle note e soprattutto sui particolari, quelli che facilmente sfuggono. Alla fine si sperticava (a torto, tortissimo) negli apprezzamenti verso di me che non sapevo come fargli capire che la mia competenza è solo quella di un modesto lettore consapevole della grandezza di tali opere. La musica classica. Un altro piacevole diversivo era la musica classica. Oltre ad aver assistito a molti concerti, ne abbiamo ascoltata per ore intere a casa sua. Apprezzava molto qualche mio preventivo, modestissimo commento che nelle intenzioni doveva solo preparare all'ascolto, o facilitarlo (ma che, probabilmente, avrebbe fatto sorridere un esperto).
Quando dovevo tornare a casa non sapeva come manifestarmi la sua gioia, la sua gratitudine, e grazie, e mi hai fatto proprio contento, e quanto sei stato gentile, e come sono stato bene. Facevo fatica a spiegare che la cosa era assolutamente reciproca, che ero stato altrettanto bene anch'io. Più di una volta fingendo di star serio gli ho detto di non equivocare, di non attribuirmi meriti che non ho: non pensavo affatto a fare piaceri a lui, stare con lui aveva un unico, egoistico, quasi inconfessabile scopo: la speranza, se qualcuno lassù osservava, di... racimolare qualche punto per la mia anima, un domani, nell'aldilà... (e giù tutti e due a ridere!).
La biblioteca di Enrico. Una quantità impressionante di volumi. Alcuni rarissimi e molti di gran valore. Ogni tanto ne estraeva qualcuno e lo sfogliava con delicatezza e me ne descriveva i pregi (e... sorrideva compiaciuto). Riguardavano ogni materia, ma prediligeva la storia in generale e quella piemontese in particolare, di cui era un conoscitore straordinario, e... guai a tirar fuori l'argomento! Un giorno (feriale) siamo andati a visitare I' "Armeria Reale": mi ha descritto con incredibile competenza tutto quanto esposto, e questa armatura è appartenuta a Tizio, e quest'altra l'ha indossata Caio nella tale circostanza, e questa spada, e questo scudo, e così via per tutta la durata della visita. Sono certo che Enrico avrebbe saputo dirmi come era vestito e cosa aveva fatto Carlo Alberto il tale giorno, e forse anche a che ora si era recato in bagno quel giorno.
Mi ha confidato che tutti i suoi volumi saranno donati alla biblioteca del paese.
La generosità di Enrico. Grande, grandissima. Ha sempre mostrato di apprezzare qualunque mio gesto, anche il più insignificante e naturale, contraccambiando "di più". Anni fa gli ho eseguito con piacere un importante servizio fotografico, terminato il quale ha voluto offrirmi, udite udite, un cofanetto contenente 10 cd con i 24 concerti per pianoforte e orchestra di Mozart. Tra i suoi "regali" natalizi l'opera "Gianni Schicchi" di Puccini, "Un Requiem Tedesco" di Brahms, il dvd col balletto "Giselle" (Fracci e Nureyev), e scusate se è poco. Un altro regalo graditissimo: il saggio di un giornalista e campione italiano di bocce, Osvaldo Comoglio, "Storia e storie di bocce" illustrato con gli "scarabocchi" - come assai modestamente e ingiustamente li chiamava - di Enrico (ne parleremo più avanti), e dedicato a me con uno spiritoso disegno che raffigura proprio me con le mie "cose": bicicletta,
telecamera, macchina fotografica e, ad abundantiam, due grossi libri.
Le gite. Abbiamo partecipato a parecchie gite anche di più giorni durante le quali ci siamo conosciuti meglio e abbiamo consolidato la nostra amicizia (e manco a dirlo, lo stesso hanno fatto le nostre consorti scoprendo una notevole, reciproca affinità di vedute). Quasi sempre ho effettuato delle riprese filmate dei luoghi visitati che ho poi riversato in dvd. Sapreste dire a chi ho sempre offerto la prima copia? Indovinato! E allora eccolo sfoggiare uno smagliante sorriso di gioia, tirar fuori ì precedenti dvd e aggiungervi l'ultimo arrivato facendomi notare lo spessore che aumentava. E procedevamo subito alla visione.
Le mostre. Grande appassionato d'arte, ne abbiamo visitate parecchie, godendo da matti per le cose bellissime che ammiravamo. Tuttavia una volta, accingendoci a visitare opere di un autore "contemporaneo", aveva preventivamente espresso qualche dubbio e arricciato il naso: "vedremo, ma io ho un sistema infallibile per giudicare: se sono capace di farle anch'io..., mhhhhh!!!". Effettivamente quella volta sarebbe stato capace di farle uguali (e forse anch'io).
I disegni. E veniamo alla dote principale di Enrico, che ha reso il suo nome sinonimo di sorrisi, piacere per gli occhi, ammirazione, gioia e altro ancora: il disegno. Per la verità Enrico sapeva
anche dipingere (non come... "sono capace di farlo anch'io"), e lo testimoniano molti quadri alle pareti di casa sua. Ma il disegno...! Aveva uno stile inconfondibile, unico. Bastava suggerirgli un pensiero, un'idea, una situazione, dargli un po' di tempo, ed ecco trasformato quel pensiero, quell'idea in un disegno che rappresentava alla perfezione ciò che si voleva. Celebri le sue "pergamene": ne ha eseguite a decine, "commissionategli" in occasione di pensionamenti, trasferimenti ecc. di colleghi, superiori, amici. In ognuna erano rappresentati mirabilmente le caratteristiche della persona ritratta, la sua "psicologia", particolari umoristici. A completamento, ma non meno importanti, pochi tratti per descrivere l'ambiente, o l'ufficio o qualche situazione particolare.
La matita di Enrico (in realtà la penna, perché Enrico non faceva mai correzioni) non era mai ferma: incontri, compleanni, ricorrenze, cerimonie, feste varie, cene, raduni degli Alpini erano occasioni per illustrare magnificamente l'evento. I suoi disegni ("scarabocchi") avevano una caratteristica unica: provocavano sempre, oltre a un immediato piacere, un sorriso irresistibile. A molte colleghe e amiche era solito fare gli  auguri per la festa della Befana con un disegnino un po'... irriverente. E nelle feste tradizionali (Natale ecc.) o ricorrenze familiari preparava sempre, per parenti e amici, biglietti augurali con una gustosa scenetta.
Sviluppando da par suo alcuni miei suggerimenti e spunti ha eseguito, in occasione dei compleanni di una comune amica, 5 piccole tavole davvero splendide e originali: provate a chiedere all'interessata cosa ne pensa o se è disposta a cederle.
Per pochi giorni Enrico non ha fatto in tempo a eseguirne la sesta.
A Natale 2006, il primo dopo la scomparsa della sua Vanna, ha preparato un commovente biglietto natalizio: un paesaggio tristissimo con tre grossi alberi rinsecchiti e la scritta "...dal mio triste inverno, gli Auguri più calorosi di Buone Feste".
Non si creda tuttavia che Enrico qualche piccolo torto non me lo abbia fatto. E' vero, più volte è venuto a cena a casa mia (e non sto a riferire i complimenti - assolutamente sinceri - alla cuoca Giancarla, mia moglie), ma nonostante reiterati inviti abbiamo passato insieme solo un Capodanno. Ma il torto più grande, imperdonabile, è un altro: mi sarebbe piaciuto passare con lui 10-15 giorni nella mia casetta in meridione, in settembre, noi due soli, arrangiandoci alla meglio. L'avrei portato in giro ad ammirare un sacco di bellezze paesaggistiche, artistiche, architettoniche, che l'avrebbero deliziato. Ho ripetuto l'invito per almeno 10 anni, ma non ha mai trovato il tempo.
Il 25 maggio scorso, al termine dei funerali, e mentre la bara veniva portata fuori della chiesa, sono riuscito ad avvicinarmi, accarezzarla velocemente, e battere due colpetti con le nocche. Ciao Enrico.
VITTORIO DAMIANO

 


 

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