piazzascala.it

 

 

DALLA NEWSLETTER N. 29, MAGGIO 2016, DELL'ARCHIVIO STORICO INTESASANPAOLO

Il 25 aprile 1916 si spegneva a Milano il fondatore della Banca Commerciale Italiana, Otto Joel.
Nato nella Danzica prussiana nel 1856, da una famiglia benestante e colta di commercianti e professionisti, iniziò la sua carriera in Italia, dove si era trasferito fin da ragazzo per curare la malferma salute. Era ancora giovane quando su incarico del Konsortium für italienische Geschäfte si trovò a fondare nel 1894 la Banca Commerciale Italiana, concepita come braccio operativo del capitale straniero (tedesco, austriaco e svizzero); nel 1899-1900 realizzò un equilibrio diplomatico nel Consiglio della Banca introducendo un’attiva partecipazione del capitale francese e nel 1911 portò a compimento l’”italianizzazione“ del suo controllo, proprio mentre si inauguravano il palazzo Beltrami in Piazza della Scala e la prima filiale estera, a Londra. Egli seppe legare i destini del nuovo Istituto alle prospettive di sviluppo dell’economia italiana e prese la cittadinanza del nostro Paese nel 1910.
È singolare il fatto che nel Dizionario biografico degli Italiani manchi una voce a lui dedicata. Un libro è stato dedicato nel 2002 da Roberta Garruccio alle sue origini familiari e ai presupposti della sua carriera manageriale, e vari saggi hanno ricordato il suo ruolo chiave nella storia delle relazioni diplomatiche: resta però da completare la ricostruzione del suo operato per scongiurare il pericolo di un conflitto europeo, lungo tutto il primo quindicennio del secolo XX. Mi pare importante, inoltre, rettificare l’appellativo di “banchiere ebraico”, perché Joel si convertì al “cristianesimo”, poco prima di maritarsi nel 1886 con Bettina Kitt, figlia di un pastore evangelico zurighese, ed infatti è sepolto al Cimitero monumentale di Milano nella sezione dei protestanti, accanto alla tomba della famiglia Hoepli.
Le sue carte di banca andarono in buona parte distrutte a Milano durante i bombardamenti del 1943, ma una virtuosa catena di interventi portò al salvataggio e al versamento al costituendo Archivio storico della Comit dei documenti superstiti, rimasti in parte presso i discendenti e in parte presso l’Ufficio Studi della Comit che ne aveva iniziato l’analisi negli anni 1941-1942. Si tratta pur sempre di circa quattromila lettere e di varie pratiche di affari agricoli e industriali. Tra i principali attori nella catena del recupero stanno Raffaele Mattioli, Gino Luzzatto, Federico Chabod, Leo Valiani,  Antonio Confalonieri, Brunello Vigezzi, Giorgio Rumi e Enrico Decleva, a ricordarci come il lavoro degli storici e degli archivisti sia un’ardua impresa collettiva. Dobbiamo a Peter Hertner successive indagini in vari archivi europei, che hanno permesso di rintracciare o completare alcuni carteggi.
Il modo di fare banca di Otto Joel è un modello di civiltà e di impegno, di management bancario e di indubbie capacità di negoziazione negli affari, portate avanti attraverso un carteggio autografo intrattenuto nelle ore serali con imprenditori e collaboratori: Bogdan Hutten-Czapski, uomo politico tedesco, Edouard Noetzlin, presidente di Paribas, e la Norddeutche Bank.
Austero e benefico, caratterizzato dal più rigoroso understatement in vita, questo padre fondatore va oggi conosciuto e riesplorato.

Francesca Pino

 

Nella banca dati dell’Archivio storico - http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/ - sono pubblicati gli inventari del Fondo Carte personali e familiari di Otto Joel; nella “Fototeca”
sono disponibili le schede catalografiche delle fotografie del fondatore della Comit, oltre a una galleria di immagini scelte di Otto, della moglie Bettina e dei figli. La digitalizzazione dell’opuscolo con l’allocuzione di Toeplitz In memoria di Otto Joel è disponibile nella Digital Library.

 

Da In memoria di Otto Joel. Discorso pronunciato da Giuseppe Toeplitz al Cimitero Monumentale di Milano il 27 aprile 1916.
“ […] Otto Joel ideò quella Banca Commerciale, che ha nome di Italiana non per eufemismo, ma
perché dall’Italia attinge la sua prosperità, e alla prosperità d’Italia rivolge le sue forze. E colui che la creò ebbe sempre a principio e lume della sua opera questa verità: che l’Istituto non poteva aver vita e fortuna se non facendo propri gli interessi del Paese in cui nasceva, se non tutelando di fronte a chiunque tali interessi con la lealtà e lo zelo con cui si tutelano e si sviluppano gli interessi propri […]
Era Otto Joel uomo di singolarissimo ingegno, che - pur tenendo in grande considerazione e citando spesso a modello coloro i quali avevan saputo elevarsi - nulla dovette agli altri, e molto agli altri insegnò.
Ebbe mente vasta e colta, avida di sapere, energia instancabile, che in Lui malato parve miracolosa; spirito volonteroso di bene, carattere non privo d’ambizione. Ma per ambizione intendo quel nobile desiderio di vivere nelle alte sfere dell’intelligenza, tra i personaggi notevoli del suo tempo, in un’atmosfera calda di pensiero e d’azione.
Egli predilesse un’aristocrazia - lo dico a Sua lode - l’aristocrazia di coloro che sono per merito e per lavoro e per dottrina eminenti.
Schivo, del resto, e spoglio dell’ambizione ordinaria, talché le onorificenze di cui era insignito e le
distinzioni che gli si facevano, venivano apprese dai suoi stessi amici per caso e quasi sempre tardi […].
Benefico, non solo per il molto che tutti sanno e che appariva nelle cospicue elargizioni pubbliche,
ma per aiuti offerti privatamente; così larghi e generosi, che si possono dire sproporzionati alla
sua stessa alta posizione finanziaria, e che egli nascondeva accuratamente, forse conscio di far
troppo, eppure incapace di far meno […]
All’infuori di questa intima cerchia, Otto Joel ebbe una sola grande e tenace passione, e fu per la sua Banca. Organizzatore ammirevole, seppe animare d’un solo fuoco, d’una sola volontà, tutti i suoi dipendenti, dal più alto al più modesto, perché tutti armonicamente concorressero alla medesima opera; e a tutti paternamente s’interessava, onde fu ricambiato dall’intenso affetto dei suoi collaboratori.
Come Direttore, occhio prontissimo nella sintesi dei problemi che gli si affacciavano, diventava meticoloso nel curarne la risoluzione, nel trattarne i particolari più minuti, in modo che nulla fosse ignorato o impreveduto di ciascun problema e nulla potesse sfuggirgli. La sintesi rapida si accompagnava in Lui all’analisi la più sottile: era prudente e risoluto, cauto ed audace nel tempo stesso.
Impareggiabile nelle sue alte relazioni professionali, si può dire di Lui che, se non fosse stato un’alta personalità della Finanza, certamente sarebbe riuscito un acuto e compitissimo diplomatico.
Nessuno come Lui possedeva l’arte di non mortificare, di non ferire, di lasciare sempre buona impressione, anche quando era costretto a rifiutare ciò che gli si chiedeva. In virtù di questa duttilità di spirito, quegli stessi che non avevano ottenuto, si partivano da Lui senza amarezza, certamente persuasi, oserei dire quasi contenti […].
Incitò i suoi successori - i quali oggi senza di Lui si sentono tanto meno di Lui - a non perdere coraggio, a non disanimarsi per il peso che grava le loro spalle; e ancora una volta rammentò il principio al quale fu sempre fedele: che la Banca attingesse forza e prosperità nel dar forza e prosperità al Paese in cui è nata […]”.

 

 

 

 

Segnala questa pagina ad un amico




 

 

piazzascala.it -  giugno 2016