Il
25 aprile 1916 si spegneva a Milano il fondatore della Banca
Commerciale Italiana, Otto Joel.
Nato nella Danzica prussiana nel 1856, da una famiglia
benestante e colta di commercianti e professionisti, iniziò la
sua carriera in Italia, dove si era trasferito fin da ragazzo
per curare la malferma salute. Era ancora giovane quando su
incarico del Konsortium für italienische Geschäfte si
trovò a fondare nel 1894 la Banca Commerciale Italiana,
concepita come braccio operativo del capitale straniero
(tedesco, austriaco e svizzero); nel 1899-1900 realizzò un
equilibrio diplomatico nel Consiglio della Banca introducendo
un’attiva partecipazione del capitale francese e nel 1911 portò
a compimento l’”italianizzazione“ del suo controllo, proprio
mentre si inauguravano il palazzo Beltrami in Piazza della Scala
e la prima filiale estera, a Londra. Egli seppe legare i destini
del nuovo Istituto alle prospettive di sviluppo dell’economia
italiana e prese la cittadinanza del nostro Paese nel 1910.
È singolare il fatto che nel Dizionario biografico degli
Italiani manchi una voce a lui dedicata. Un libro è stato
dedicato nel 2002 da Roberta Garruccio alle sue origini
familiari e ai presupposti della sua carriera manageriale, e
vari saggi hanno ricordato il suo ruolo chiave nella storia
delle relazioni diplomatiche: resta però da completare la
ricostruzione del suo operato per scongiurare il pericolo di un
conflitto europeo, lungo tutto il primo quindicennio del secolo
XX. Mi pare importante, inoltre, rettificare l’appellativo di
“banchiere ebraico”, perché Joel si convertì al “cristianesimo”,
poco prima di maritarsi nel 1886 con Bettina Kitt, figlia
di un pastore evangelico zurighese, ed infatti è sepolto al
Cimitero monumentale di Milano nella sezione dei protestanti,
accanto alla tomba della famiglia Hoepli.
Le sue carte di banca andarono in buona parte distrutte a Milano
durante i bombardamenti del 1943, ma una virtuosa catena di
interventi portò al salvataggio e al versamento al costituendo
Archivio storico della Comit dei documenti superstiti, rimasti
in parte presso i discendenti e in parte presso l’Ufficio Studi
della Comit che ne aveva iniziato l’analisi negli anni
1941-1942. Si tratta pur sempre di circa quattromila lettere e
di varie pratiche di affari agricoli e industriali. Tra i
principali attori nella catena del recupero stanno Raffaele
Mattioli, Gino Luzzatto, Federico Chabod, Leo Valiani,
Antonio Confalonieri, Brunello Vigezzi, Giorgio Rumi e
Enrico Decleva, a ricordarci come il lavoro degli storici e
degli archivisti sia un’ardua impresa collettiva. Dobbiamo a
Peter Hertner successive indagini in vari archivi europei, che
hanno permesso di rintracciare o completare alcuni carteggi.
Il modo di fare banca di Otto Joel è un modello di civiltà e di
impegno, di management bancario e di indubbie capacità di
negoziazione negli affari, portate avanti attraverso un
carteggio autografo intrattenuto nelle ore serali con
imprenditori e collaboratori: Bogdan Hutten-Czapski, uomo
politico tedesco, Edouard Noetzlin, presidente di Paribas,
e la Norddeutche Bank.
Austero e benefico, caratterizzato dal più rigoroso
understatement in vita, questo padre fondatore va oggi
conosciuto e riesplorato.
Francesca Pino
Nella banca dati dell’Archivio storico -
http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/ - sono
pubblicati gli inventari del Fondo Carte personali e familiari
di Otto Joel; nella “Fototeca”
sono disponibili le schede catalografiche delle fotografie del
fondatore della Comit, oltre a una galleria di immagini scelte
di Otto, della moglie Bettina e dei figli. La digitalizzazione
dell’opuscolo con l’allocuzione di Toeplitz In memoria di Otto
Joel è disponibile nella Digital Library.
Da In memoria
di Otto Joel. Discorso pronunciato da Giuseppe
Toeplitz al Cimitero Monumentale di Milano il 27
aprile 1916.
“
[…] Otto Joel ideò quella Banca Commerciale, che ha
nome di Italiana non per eufemismo, ma
perché dall’Italia attinge la sua prosperità, e alla
prosperità d’Italia rivolge le sue forze. E colui
che la creò ebbe sempre a principio e lume della sua
opera questa verità: che l’Istituto non poteva aver
vita e fortuna se non facendo propri gli interessi
del Paese in cui nasceva, se non tutelando di fronte
a chiunque tali interessi con la lealtà e lo zelo
con cui si tutelano e si sviluppano gli interessi
propri […]
Era Otto Joel uomo di singolarissimo ingegno, che -
pur tenendo in grande considerazione e citando
spesso a modello coloro i quali avevan saputo
elevarsi - nulla dovette agli altri, e molto agli
altri insegnò.
Ebbe mente vasta e colta, avida di sapere, energia
instancabile, che in Lui malato parve miracolosa;
spirito volonteroso di bene, carattere non privo
d’ambizione. Ma per ambizione intendo quel nobile
desiderio di vivere nelle alte sfere
dell’intelligenza, tra i personaggi notevoli del suo
tempo, in un’atmosfera calda di pensiero e d’azione.
Egli predilesse un’aristocrazia - lo dico a Sua lode
- l’aristocrazia di coloro che sono per merito e per
lavoro e per dottrina eminenti.
Schivo, del resto, e spoglio dell’ambizione
ordinaria, talché le onorificenze di cui era
insignito e le
distinzioni che gli si facevano, venivano apprese
dai suoi stessi amici per caso e quasi sempre tardi
[…].
Benefico, non solo per il molto che tutti sanno e
che appariva nelle cospicue elargizioni pubbliche,
ma per aiuti offerti privatamente; così larghi e
generosi, che si possono dire sproporzionati alla
sua stessa alta posizione finanziaria, e che egli
nascondeva accuratamente, forse conscio di far
troppo, eppure incapace di far meno […]
All’infuori di questa intima cerchia, Otto Joel ebbe
una sola grande e tenace passione, e fu per la sua
Banca. Organizzatore ammirevole, seppe animare d’un
solo fuoco, d’una sola volontà, tutti i suoi
dipendenti, dal più alto al più modesto, perché
tutti armonicamente concorressero alla medesima
opera; e a tutti paternamente s’interessava, onde fu
ricambiato dall’intenso affetto dei suoi
collaboratori.
Come Direttore, occhio prontissimo nella sintesi dei
problemi che gli si affacciavano, diventava
meticoloso nel curarne la risoluzione, nel trattarne
i particolari più minuti, in modo che nulla fosse
ignorato o impreveduto di ciascun problema e nulla
potesse sfuggirgli. La sintesi rapida si
accompagnava in Lui all’analisi la più sottile: era
prudente e risoluto, cauto ed audace nel tempo
stesso.
Impareggiabile nelle sue alte relazioni
professionali, si può dire di Lui che, se non fosse
stato un’alta personalità della Finanza, certamente
sarebbe riuscito un acuto e compitissimo
diplomatico.
Nessuno come Lui possedeva l’arte di non
mortificare, di non ferire, di lasciare sempre buona
impressione, anche quando era costretto a rifiutare
ciò che gli si chiedeva. In virtù di questa
duttilità di spirito, quegli stessi che non avevano
ottenuto, si partivano da Lui senza amarezza,
certamente persuasi, oserei dire quasi contenti […].
Incitò i suoi successori - i quali oggi senza di Lui
si sentono tanto meno di Lui - a non perdere
coraggio, a non disanimarsi per il peso che grava le
loro spalle; e ancora una volta rammentò il
principio al quale fu sempre fedele: che la Banca
attingesse forza e prosperità nel dar forza e
prosperità al Paese in cui è nata […]”. |
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