Pietre - un romanzo di Antonio Annunziata

"Sono nato a Milano in via Sardegna e la qualcosa mi fa credere che fossi predestinato ad andare a vivere in Sardegna. Sono pensionato dall’aprile 2000. Da un paio d’anni scrivo."
Antonio Annunziata
è nato a Milano nel 1944. Ex bancario (ex Comit) dal 1987 vive a Cagliari. Inizia a scrivere per Kimerik e pubblica due romanzi "autobiografici" di cui uno è selezionato fra i finalisti del Concorso Letterario La Torre dell’Orologio. Nel 2008 pubblica sempre per Kimerik "Mattia Alba e Orazio. Ovvero storia di corna e tradimenti come vivere felici e contenti" "All’ombra di Tavolara" "Il bamboccione" Con "ilmiolibro.it" pubblica il sequel di quest’ultimo romanzo "Una striscia rosso sangue" "Business and soups" e "Una poltrona di velluto rosso" Nel 2011 inizia la collaborazione con la Casa Editrice "La Riflessione di Davide Zedda" di Cagliari pubblicando: "Le colpe dei fichi d’india" "Gli angoli bui".
Poeta e acquerellista.

L'ultimo romanzo "Pietre" (2017):
Marco Mulas
vive e lavora in una importante banca al centro di Cagliari.

Per vent'anni è stato un impiegato modello, un buon padre di famiglia - è sposato con Ester e hanno un figlio Luigi - ma il venerdì 17 Agosto decide di fare un colpo in banca e rubare seicento milioni di lire. Perché farà questo gesto? E' forse uscito di testa?

Lo farà perché si è invaghito di una ragazza di venti anni, una francesina che è venuta ad abitare nell'appartamento attiguo al suo.

Per varie vicissitudini diverranno amanti e la francesina sarà per lui come la Lolita nel romanzo di Nabokov.

Fatto il colpo fuggiranno insieme: dalla Sardegna alla Corsica, dalla Corsica alla Francia e poi sempre più al Sud della Spagna fino a Marbella.

Ma a Marbella succederà qualcosa che scombussolerà i loro programmi e i loro progetti....

Presentiamo in primo capitolo del libro


CAPITOLO PRIMO
17 AGOSTO - VENERDÌ’

 

Marco Mulas anche quella mattina non fece fatica a svegliarsi.
I numeri luminosi dell’orologio digitale posto sopra il comodino alla sinistra del letto segnavano le quattro e mezza.
Erano anni che ogni giorno si svegliava a quell’ora tanto che, ormai, non era più necessario puntare la sveglia; alzarsi dal letto presto gli veniva naturale.
Come naturale gli veniva accendersi la prima sigaretta - di quelle americane senza filtro - e restare, il busto eretto appoggiato ai cuscini accavallati alla spalliera in ferro battuto del letto a fissare il nulla.
Quella mattina, fatta la doccia non si sarebbe però infilato nella tuta per andare a correre lungo la spiaggia del Poetto.
Quella mattina era una mattina speciale, e c’erano da fare tante altre cose.
Cose importanti.
Marco era un cinquantenne di un metro e ottanta, dal fisico asciutto e atletico.
Amava tenersi in forma.
Amava il suo corpo, e ancora adesso che non era più uno “sbarbatello” gli piaceva avere un fisico atletico.
La qualcosa attirava la gelosia dei colleghi e l’interesse del gentil sesso.
Lui ne era cosciente, e ne aveva conferma sia dagli sfottò dei colleghi, quelli pigri che avrebbero voluto avere il fisico di Marco senza però privarsi di nulla, sia dagli sguardi e commenti delle donne, colleghe e amiche della moglie che frequentavano una volta ogni quindici giorni per la vendita domiciliare di prodotti di bellezza. .
Del resto non era era la prima volta che in banca colleghe più giovani di lui (e maritate) gli avevano fatto proposte esplicite per portarselo a letto.
Pare assurdo ma adesso così va il mondo!
Adesso è il gentil sesso a fare le avances all’uomo, e non come un tempo viceversa!
Marco stava al gioco ma non voleva tradire la moglie anche se nulla glielo avrebbe impedito.
Marco era aiuto cassiere in una banca importante del centro città.
Non aveva titolo di studio perché per seguire la sua passione per il gioco del calcio non aveva continuato gli studi per conseguire il diploma di ragioniere.
Erano ormai venti anni che ci lavorava dopo che dai quindici ai trenta, era stato una promessa del pallone.
Un grave infortunio gli aveva bloccato la carriera proprio quando, in età matura (calcisticamente parlando), era stato contattato da una importante società calcistica del Campionato Cadetto.
L’operazione al menisco non era riuscita; il ginocchio interessato, il destro, non si piegava come avrebbe dovuto, e lo faceva zoppicare seppur lievemente.
E se faceva fatica a camminare, figurarsi correre dietro ad un pallone! Così i suoi sogni di diventare professionista svanirono in un attimo! Aveva trent’anni quando successe il fatto.
Grazie all’interessamento del primario che lo aveva operato e che era cognato del direttore della banca dove ora lavorava, fu assunto con la qualifica di commesso.
Marco si chiese più di una volta se la raccomandazione del chirurgo fu per riparare al suo errore
Forse che si, forse che no; comunque sta di fatto che per uno come lui - senza arte né parte - fu come vincere “un temo al Lotto”!
Se non avesse trovato quel medico compiacente che fine avrebbe fatto? In cambio di un ginocchio rotto ebbe un posto fisso; una occupazione stabile e sicura in una banca importante.
Certo non era come giocare a pallone; ma nella vita bisogna anche adattarsi a ciò che il destino ci riserva.
Dopo circa un anno di banca sposò Ester.
Dalla loro unione nacque il figlio Luigi, che aveva compiuto i 19 anni qualche giorno prima.
Si era diplomato ragioniere proprio a fine luglio e per premio gli era stato promesso una vacanza a New York, a condizione che avesse accettato la compagnia della madre.
“Sei troppo giovane per andarci da solo!” aveva sentenziato lei non accettando repliche dal figlio.
“Te lo pago io il viaggio, ma se ci andremo insieme!” aveva aggiunto. Ester, la moglie (e madre di Luigi), era una sarda, di quelle dure, dal carattere ferreo.
Rigida nelle sue certezze, impenetrabile , fatalista, molto sicura di sé, affatto romantica.
Era insegnante di matematica al “Martini” e di anni ne aveva trentanove.
Quando sposò Marco lo fece non per passione, ma per uscire di casa dove i genitori, severi, non le davano spazio.
Aveva venti anni, e a quei tempi, poiché si diventava maggiorenni ai ventuno, ci volle il consenso del padre per fare il fatidico passo.
Ester aveva messo su un po’ di chili dopo il parto, ma rimaneva pur sempre una bella donna.
Anzi, si poteva facilmente affermare, senza tema di smentita, che come il buon vino più era avanti con gli anni e più si faceva bella.
Alla un metro e settantacinque aveva i capelli neri, gli occhi verdi, un ovale perfetto, con labbra carnose.
Aveva le gambe lunghe, ben fatte e il seno piccolo, modellato.
Veniva da una famiglia “bene” della Cagliari che contava.
II padre, un vecchio burbero dal quale la figlia aveva ereditato il carattere chiuso e intransigente, era un alto funzionario statale, riverito e onorato.
La madre, professoressa di italiano al Liceo, era invece una donna dalla figura imponente e dal carattere gioioso.
I genitori quando seppero che la loro unica figlia voleva unirsi in matrimonio con tal Marco, ex calciatore di belle - ma ormai finite! - speranze e aiuto cassiere in una banca (col titolo di commesso) non furono molto felici.
Ma dopo mesi di discussioni accese con la figlia, vedendola decisa e pronta a chiudere chiudere definitivamente i rapporti con loro e scappare di casa, si arresero.
"Meglio una figlia maritata che svergognata davanti agli occhi della gente"
La loro unione - di Marco ed Ester - non fu travolgente come il primo si aspettava.
Se non fosse stato per Marco che le chiedeva di fare l’amore, Ester non lo avrebbe cercato.
Ciononostante dopo nove mesi lei mise al mondo Luigi che fu la gioia dei nonni.
II padre di lei, il Cav. Gesuino Arras, aveva da sempre desiderato un figlio maschio da portare a caccia del cinghiale nelle sue campagne e sull’Ortobene, ma il destino non lo accontentò dandogli solo una figlia femmina dopo che tre figli maschi morirono appena nati.
Marco ed Ester navigarono sulla barca del loro matrimonio in acque quiete per almeno una decina d’anni.
Poi un bel giorno, senza una ragione specifica, litigarono ferocemente. Forse fu una parola detta da lui a sproposito a scatenare il putiferio, forse fu quella la goccia che fece traboccare un vaso colmo di tante incomprensioni.....
Sta di fatto che se ne dissero di tutti i colori, insultandosi a tal punto che alla fine Ester impose al marito di coricarsi in un’altra stanza e che quando lo avrebbe voluto nuovamente nel “suo” letto, lo avrebbe avvertito.
Ma entrambi sapevano benissimo che non si sarebbero più cercati!


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