CAPITOLO PRIMO
17 AGOSTO - VENERDÌ’
Marco
Mulas anche quella mattina non fece fatica a
svegliarsi.
I numeri luminosi dell’orologio digitale posto
sopra il comodino alla sinistra del letto
segnavano le quattro e mezza.
Erano anni che ogni giorno si svegliava a
quell’ora tanto che, ormai, non era più
necessario puntare la sveglia; alzarsi dal letto
presto gli veniva naturale.
Come naturale gli veniva accendersi la prima
sigaretta - di quelle americane senza filtro - e
restare, il busto eretto appoggiato ai cuscini
accavallati alla spalliera in ferro battuto del
letto a fissare il nulla.
Quella mattina, fatta la doccia non si sarebbe
però infilato nella tuta per andare a correre
lungo la spiaggia del Poetto.
Quella mattina era una mattina speciale, e
c’erano da fare tante altre cose.
Cose importanti.
Marco era un cinquantenne di un metro e ottanta,
dal fisico asciutto e atletico.
Amava tenersi in forma.
Amava il suo corpo, e ancora adesso che non era
più uno “sbarbatello” gli piaceva avere un
fisico atletico.
La qualcosa attirava la gelosia dei colleghi e
l’interesse del gentil sesso.
Lui ne era cosciente, e ne aveva conferma sia
dagli sfottò dei colleghi, quelli pigri che
avrebbero voluto avere il fisico di Marco senza
però privarsi di nulla, sia dagli sguardi e
commenti delle donne, colleghe e amiche della
moglie che frequentavano una volta ogni quindici
giorni per la vendita domiciliare di prodotti di
bellezza. .
Del resto non era era la prima volta che in
banca colleghe più giovani di lui (e maritate)
gli avevano fatto proposte esplicite per
portarselo a letto.
Pare assurdo ma adesso così va il mondo!
Adesso è il gentil sesso a fare le avances
all’uomo, e non come un tempo viceversa!
Marco stava al gioco ma non voleva tradire la
moglie anche se nulla glielo avrebbe impedito.
Marco era aiuto cassiere in una banca importante
del centro città.
Non aveva titolo di studio perché per seguire la
sua passione per il gioco del calcio non aveva
continuato gli studi per conseguire il diploma
di ragioniere.
Erano ormai venti anni che ci lavorava dopo che
dai quindici ai trenta, era stato una promessa
del pallone.
Un grave infortunio gli aveva bloccato la
carriera proprio quando, in età matura
(calcisticamente parlando), era stato contattato
da una importante società calcistica del
Campionato Cadetto.
L’operazione al menisco non era riuscita; il
ginocchio interessato, il destro, non si piegava
come avrebbe dovuto, e lo faceva zoppicare
seppur lievemente.
E se faceva fatica a camminare, figurarsi
correre dietro ad un pallone! Così i suoi sogni
di diventare professionista svanirono in un
attimo! Aveva trent’anni quando successe il
fatto.
Grazie all’interessamento del primario che lo
aveva operato e che era cognato del direttore
della banca dove ora lavorava, fu assunto con la
qualifica di commesso.
Marco si chiese più di una volta se la
raccomandazione del chirurgo fu per riparare al
suo errore
Forse che si, forse che no; comunque sta di
fatto che per uno come lui - senza arte né parte
- fu come vincere “un temo al Lotto”!
Se non avesse trovato quel medico compiacente
che fine avrebbe fatto? In cambio di un
ginocchio rotto ebbe un posto fisso; una
occupazione stabile e sicura in una banca
importante.
Certo non era come giocare a pallone; ma nella
vita bisogna anche adattarsi a ciò che il
destino ci riserva.
Dopo circa un anno di banca sposò Ester.
Dalla loro unione nacque il figlio Luigi, che
aveva compiuto i 19 anni qualche giorno prima.
Si era diplomato ragioniere proprio a fine
luglio e per premio gli era stato promesso una
vacanza a New York, a condizione che avesse
accettato la compagnia della madre.
“Sei troppo giovane per andarci da solo!” aveva
sentenziato lei non accettando repliche dal
figlio.
“Te lo pago io il viaggio, ma se ci andremo
insieme!” aveva aggiunto. Ester, la moglie (e
madre di Luigi), era una sarda, di quelle dure,
dal carattere ferreo.
Rigida nelle sue certezze, impenetrabile ,
fatalista, molto sicura di sé, affatto
romantica.
Era insegnante di matematica al “Martini” e di
anni ne aveva trentanove.
Quando sposò Marco lo fece non per passione, ma
per uscire di casa dove i genitori, severi, non
le davano spazio.
Aveva venti anni, e a quei tempi, poiché si
diventava maggiorenni ai ventuno, ci volle il
consenso del padre per fare il fatidico passo.
Ester aveva messo su un po’ di chili dopo il
parto, ma rimaneva pur sempre una bella donna.
Anzi, si poteva facilmente affermare, senza tema
di smentita, che come il buon vino più era
avanti con gli anni e più si faceva bella.
Alla un metro e settantacinque aveva i capelli
neri, gli occhi verdi, un ovale perfetto, con
labbra carnose.
Aveva le gambe lunghe, ben fatte e il seno
piccolo, modellato.
Veniva da una famiglia “bene” della Cagliari che
contava.
II padre, un vecchio burbero dal quale la figlia
aveva ereditato il carattere chiuso e
intransigente, era un alto funzionario statale,
riverito e onorato.
La madre, professoressa di italiano al Liceo,
era invece una donna dalla figura imponente e
dal carattere gioioso.
I genitori quando seppero che la loro unica
figlia voleva unirsi in matrimonio con tal
Marco, ex calciatore di belle - ma ormai finite!
- speranze e aiuto cassiere in una banca (col
titolo di commesso) non furono molto felici.
Ma dopo mesi di discussioni accese con la
figlia, vedendola decisa e pronta a chiudere
chiudere definitivamente i rapporti con loro e
scappare di casa, si arresero.
"Meglio una figlia maritata che svergognata
davanti agli occhi della gente"
La loro unione - di Marco ed Ester - non fu
travolgente come il primo si aspettava.
Se non fosse stato per Marco che le chiedeva di
fare l’amore, Ester non lo avrebbe cercato.
Ciononostante dopo nove mesi lei mise al mondo
Luigi che fu la gioia dei nonni.
II padre di lei, il Cav. Gesuino Arras, aveva da
sempre desiderato un figlio maschio da portare a
caccia del cinghiale nelle sue campagne e
sull’Ortobene, ma il destino non lo accontentò
dandogli solo una figlia femmina dopo che tre
figli maschi morirono appena nati.
Marco ed Ester navigarono sulla barca del loro
matrimonio in acque quiete per almeno una decina
d’anni.
Poi un bel giorno, senza una ragione specifica,
litigarono ferocemente. Forse fu una parola
detta da lui a sproposito a scatenare il
putiferio, forse fu quella la goccia che fece
traboccare un vaso colmo di tante
incomprensioni.....
Sta di fatto che se ne dissero di tutti i
colori, insultandosi a tal punto che alla fine
Ester impose al marito di coricarsi in un’altra
stanza e che quando lo avrebbe voluto nuovamente
nel “suo” letto, lo avrebbe avvertito.
Ma entrambi sapevano benissimo che non si
sarebbero più cercati! |