Franco Rossi (Milano) ci ha inviato un articolo molto
interessante pubblicato il 12
giugno u.s. sull'inserto del lunedì " L'Economia " del " Corriere
della Sera", a firma di Sergio Bocconi,
riguardante " Napoli 1463 e il Banco fece l'impresa ".
Gli piacerebbe farlo conoscere a tutti i colleghi: lo accontentiamo
volentieri pubblicando il pezzo.
Napoli 1463
e il Banco fece l'impresa
«Noi Governatori... facciamo fede tenere creditore in nostro
Banco il Signor... per ducati “n” e restituiremo alla consegna di
questa fede firmata e sigillata». Così a Napoli, intorno alla metà
del Cinquecento, viene introdotta l’innovazione finanziaria che dà
origine alla banca moderna. Attraverso l’emissione di fedi di
credito e polizze, assimilabili rispettivamente ad assegni circolari
e in conto corrente, viene introdotta la circolazione cartacea: una
rivoluzione perché fino ad allora per le transazioni erano
utilizzate le monete metalliche e la scarsità di argento e oro
frenava l’espansione economica. Un passaggio ricostruito dagli
studiosi e documentato grazie all’immenso patrimonio custodito
nell’Archivio storico del Banco di Napoli: qui in 330 stanze e 20
mila metri quadri di scaffali è conservato tutto, a partire dalle
fedi ai Libri Maggiori, degli otto Banchi pubblici le cui radici
risalgono al 1463 nell’attività di casse di deposito degli enti
caritativi e che poi diventano gli istituti di credito da cui
nascerà il Banco di Napoli.
Moneta e carta
A questa «rivoluzione» è dedicato il convegno internazionale «The
rise of modern banking in Naples. A comparative perspective»
(«L’ascesa della banca moderna a Napoli, una prospettiva
comparativa») che si terrà il 15-17 giugno nella sede dell’antico
Banco dei Poveri, che oggi ospita la Fondazione Banco di Napoli e
l’archivio, e sarà concluso da un intervento del governatore della
Banca d’Italia Ignazio Visco.
L’appuntamento, al quale parteciperanno esperti, docenti
universitari e banchieri (fra cui esponenti della Federal Reserve
che nei loro speech sottolineeranno proprio le radicali innovazioni
introdotte dai Banchi pubblici) ha due «registi» principali: Lilia
Costabile, docente di Economia politica all’Università Federico II
di Napoli, ed Eduardo Nappi, «storico» responsabile dell’archivio.
Per quali ragioni si può indicare la nascita della banca moderna a
Napoli, introdotta dai Banchi pubblici, così definiti non perché di
Stato bensì perché nati per «gemmazione» da istituzioni che
svolgevano opere filantropiche (ospedali o monti di pegno per
poveri)? Spiega Lilia Costabile: «Chi depositava i soldi metallici
in uno dei Banchi poteva chiedere l’emissione di fedi di credito e
polizze. E chi veniva pagato attraverso questi strumenti poteva
incassare moneta metallica nella stessa banca, oppure effettuare la
girata a un’altra persona o presso un altro Banco. Gli istituti a
loro volta organizzavano una stanza di compensazione, svolgendo
attività interbancaria che garantiva una maggiore circolazione
cartacea. Prima pagatore e pagato si recavano nello stesso momento
nella stessa banca che trasferiva le somme da un deposito all’altro:
la moneta però così non era liquida».
Il bail in anticipato
Fedi di credito e polizze alimentano invece una circolazione
cartacea che «scorre», è liquida. Le prime risalgono al 1570-80, poi
si estendono in modo sempre più consistente. L’archivio ne conserva
milioni. I Banchi pubblici, autorizzati con licenza vicereale
(spagnola) a cominciare dal Banco di Pietà (che opera dal 1539 e
riceve il permesso ufficiale nel 1584) fino al Banco del Salvatore
(1640), introducono poi altre innovazioni decisive.
Spiega ancora Lilia Costabile: «Effettuano prestiti (vietati dalla
“legge bancaria” se non al governo o ai poveri) in tre modi:
emettendo fedi e polizze senza il corrispettivo deposito di moneta
metallica o per un ammontare superiore; attraverso “scoperti di
conto corrente”, rinnovabili “all’occorrenza”; acquistando
fittiziamente immobili con retrovendita: alla fine tornano al
proprietario e il Banco nel frattempo incassa le rendite». Il primo
scoperto a Napoli risale al 1612, mentre la Banca Nazionale
di Scozia lo documenta nel 1728.
Non sfugge che innovazione finanziaria comporta «elusione e
aggiramento delle regole»: le autorità chiudevano un occhio per far
scorrere gli affari. E quando, nel 1622, si profila una grande crisi
le autorità intervengono seguendo il principio «too big to fail»:
troppo grandi per fallire. «Vengono messe in pratica misure che
anticipano il bail-out (tasse girate ai Banchi) e il bail-in (parte
del costo della crisi viene addossata ai depositanti)».
Tutto ciò è documentato nell’Archivio storico, il più grande
«labirinto» di documenti bancari del mondo che, con spirito
«eroico», a partire dal 1963 viene riordinato, riorganizzato e
risistemato da Eduardo Nappi. Bancario-calciatore, ottiene il
trasferimento in quelle stanze. E se ne innamora. Al punto da essere
oggi autore di oltre 90 pubblicazioni. A 80 anni gli è appena stato
rinnovato il contratto di consulenza per un biennio: basta ascoltare
la sua narrazione appassionata (e meticolosamente indagatrice) per
capire che rappresenta ancora a tutti gli effetti l’anima del tesoro
custodito nei Palazzi Ricca e Cuomo. Dove scorrono oltre 500 anni di
storia, economica, sociale (e non solo) di Napoli e del Mezzogiorno,
con «escursioni» in Europa, ricostruiti partendo dalla sequenza
contabile di innumerevoli vicende personali. Nappi, grazie ai libri
del Banco dell’Annunziata che dimostravano attività bancaria dal
1463, retrodata a quell’anno la nascita del Banco di Napoli.
E ricompone capitoli fondamentali anche per l’arte e la storia. Come
il «racconto» della famiglia, del palazzo e della Cappella dei
principi di San Severo, con Raimondo di Sangro che commissiona a
Giuseppe Sanmartino il «Cristo velato»: dal giornale copiapolizze
del Banco della Pietà si apprende che nel 1754 il lavoro frutta allo
scultore 500 ducati. C’è poi il «mistero» della Pala d’altare del
1606 («Madonna col Bambino») commissionata a «Michel’Angelo
Caravaggio» da Nicolò Radolovich: dal giornale matricola del Banco
di S.Eligio si apprende che è stata pagata 200 ducati, ma non è mai
stata ritrovata. E ancora, nel «regno» di Nappi sono custoditi i
documenti che indicano le «spettanze» di Gioachino Rossini, Gaetano
Donizetti, Giuseppe Verdi, protagonisti di grandi stagioni del
Teatro San Carlo.
In quelle 330 stanze dunque, il filo rosso della contabilità e del «modern
banking» che nasce a Napoli nel Cinquecento ti conquista
nell’inesauribile intreccio tra affari, arte, musica e misteri. E,
per chi lo desidera, attraverso fedi di credito e polizze è
possibile anche «scoprire» quanto costava nel Seicento un chilo di
pane: è la storia quotidiana dell’uomo. Forse la più appassionante
Sergio Bocconi