PARLAMENTO DI NOMINATI?
La
legge elettorale in corso di esame in Parlamento, approvata nei
giorni scorsi alla Camera e approdata subito dopo al Senato, ha dato
e sta dando luogo a furiose contestazioni da parte degli oppositori
che stavolta non coincidono con le opposizioni parlamentari.
Il cosiddetto Rosatellum bis o Rosatellum 2.0 è infatti il risultato
di un faticoso compromesso fra alcune parti (maggioritarie) delle
forze politiche presenti in Parlamento, dopo alcuni tentativi
abortiti e a seguito di interventi pesanti della Corte
Costituzionale che hanno prodotto norme di difficile applicazione o
almeno, a detta di tutti, del tutto negative ai fini della futura
governabilità, anche per la disomogeneità fra le legislazioni che
regolano l’elezione della Camera e del Senato.
Il tentativo in corso tende a mediare fra diverse e opposte istanze,
legate, non nascondiamocelo, ai vari interessi dei partiti. Non c’è
quindi da stupirsi delle posizioni favorevoli di alcuni e
dell’opposizione, anche strenua, di altri, in un sistema politico
così frazionato come quello italiano, con tre poli principali e una
miriade di piccoli gruppi che riflettono peraltro le divisioni
esistenti nel paese.
Inutile ripetere che la nuova legge non è congeniale a nessun
gruppo. Ciascun partito la vorrebbe a modo suo. Io stesso, come
tanti altri, la vorrei del tutto diversa. Ma ciò è possibile? I vari
tentativi fatti e il loro fallimento, a partire dall’Italicum,
dimostrano che non è possibile. Accontentiamoci quindi del
compromesso, a quanto pare l’unico possibile, i cui difetti sono
noti.
Vorrei tuttavia sfatarne alcuni, almeno sulla base di quanto fin qui
sono riuscito a capire.
Primo: la mancanza delle preferenze e quindi la scelta degli
elettori limitata alla lista presentata dai partiti. Ricordo che le
preferenze furono abolite una ventina di anni fa a furor di popolo
dopo che era emerso che le stesse consentivano e incoraggiavano
giochi locali di potere mafioso o almeno pressioni lobbistiche sui
candidati. A questo si aggiunga la competizione, spesso rabbiosa,
anche a suon di denaro, all’interno delle liste.
Secondo: Le candidature nelle liste. Questo argomento ha suscitato e
suscita i più forti clamori e se ne evoca il risultato, cioè un
parlamento di nominati. Questa definizione è ripetuta e ripetuta a
gran voce e ormai, grazie anche agli echi dei giornali e della TV, è
entrata nella convinzione comune.
La realtà è che tutti i sistemi elettorali, quelli vigenti finora in
Italia e quelli degli altri paesi, prevedono che la presentazione
delle candidature sia compito dei partiti o dei gruppi, anche nei
sistemi uninominali. E’ vero che di norma (e anche nel Rosatellum
bis) gli eletti sono i primi del listino e via via gli altri, ma
l’elettore ha la possibilità di scegliere un altro listino o di
astenersi se lo stesso non gli piace. Anche per questo si è scelto
di fare i listini corti, per consentire l’identificazione dei
canditati da parte degli elettori nella propria circoscrizione che
nelle precedenti elezioni era più difficile.
Anche nella quota uninominale del 36% prevista dalla legge, come
detto sopra, i nominativi dei candidati saranno scelti dai partiti o
dalle relative segreterie, come è previsto dappertutto, salvo che
per eventuali improbabili candidati indipendenti. Più nominati di
così….
Un terzo argomento, sollevato però da pochi, è la mancanza di un
premio di maggioranza che consenta la governabilità, ma lo stesso è
stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta,
incomprensibilmente a mio modesto parere. Sono molti i paesi dove il
governo è formato dal partito di maggioranza relativa (ottenuta nei
collegi) con o senza premio.
Giacomo Morandi (Rivergaro)