Poco
fa sono andato un po’ fuori dal seminato parlando di eutanasia ed altro,
ma non troppo. Infatti, anche questo aspetto è legato all’ansia della
fine che non è sempre correlata al concetto di cessazione della vita
fisica. E mi spiego.
L’attuale società è così concepita: se non servi, ti sbatte via anche se
vali. Al massimo ti manda a fare il nonno-vigile tanto per far vedere
che contano anche gli anziani. Ma, sia pur con tutto il rispetto per
questa attività preziosa per i nostri piccoli, voglio adoperare questa
provocazione per ciò che andrò a dire in seguito. Chi non ha infatti
avuto modo di constatare che, con questo andazzo sociale, la persona, se
non è istituzionalizzata, diventa solo un numero ai fini del registro
della popolazione? Cosa voglio dire? Voglio dire che tu puoi essere un
pozzo di scienza e di esperienza ma che, se non sei legato ad un Ente o
altra istituzione qualsiasi, non sei degno di ascolto. Paradossalmente,
oggi ha più visibilità un imbecille che faccia parte della istituzione
a, b, oppure c, rispetto a chi ha da offrire un apporto oggettivo alla
società civile. Non c’è bisogno di andar tanto lontani per constatare
che sono talvolta proprio gli imbecilli che la fanno da padroni, fatte
salve le debite eccezioni che pur esistono. Per fare un esempio banale,
basta che un “pincopallino” imbecille sia stato inserito, magari per
raccomandazione, in una redazione importante di un quotidiano, ed ecco
che anche l’imbecille diventa importante in quanto fa parte del giornale
importante. E questi, oltre ad accrescere la schiera di questi
personaggi la cui madre è sempre… incinta, finisce anche per deviare la
società perché, nel caso di specie, anche l’imbecille, fa pubblica
opinione. Non parliamo poi se è il capo ad esserlo in quanto questi
finisce per influenzare tutta la piramide. Questo esempio, naturalmente,
può essere trasferito in altri contesti istituzionali, negli ospedali,
nelle banche e nelle aziende in genere, in primis, negli uomini della
politica che, se non sono all’altezza, finiscono per arrecare
pregiudizio al territorio oltre che alle persone: non per niente esiste
il detto secondo il quale ogni paese ha il governo che si merita.
Colgo l’occasione per dire che, analogamente, esiste un patrimonio umano
che, al momento della pensione va in malora, specie nelle grandi città
ove è più difficile trovare alternative per chi lascia il lavoro, in
quanto la grande urbanizzazione finisce anche per rendere difficile i
contatti umani: ne è prova che nei condomini delle grandi città, i
condomini manco si conoscono. Ne consegue che questo patrimonio umano va
sperperato quando potrebbe essere invece utilizzato nell’interesse sia
di nuove imprese che dello stesso pensionato che, a volte, pur di
sentirsi inserito, lavorerebbe anche gratis, sindacati permettendo. Non
va sottaciuto che tante patologie della vecchiaia traggono origine
proprio dalla mancanza di interessi, patologie che transitano tout court
dalla mente al corpo, per cui vale sempre il
detto: “mens sana in corpore sano”. Vorrei anche aggiungere che questo
tipo di patologia è più frequente in quelle persone che durante il
lavoro avevano alti incarichi e che, al momento della pensione, si sono
ritrovati improvvisamente con una borsetta di plastica in mano per andar
a far la spesa al mercato. Ricordo proprio un esempio di questo genere
accaduto qualche anno fa nel veneziano. Un direttore generale di una
banca molto importante, dopo una quindicina di giorni che aveva lasciato
la banca è morto forse dalla disperazione di tipo psicologico. Era stato
visto appena alcuni giorni prima al mercato del pesce, proprio con la
borsetta di plastica in mano… come da esempio testé citato.
Adesso sto parlando a ruota libera, ma se mi è concesso di dare un
suggerimento, io vorrei dire a chi va in pensione che egli deve
assolutamente sopperire al vuoto con qualche alternativa riconducibile a
quel filo professionale che l’ha portato alla pensione. O anche verso
altro, se l’interesse dovesse risultarne superiore. Perché altrimenti la
vita diventa grama. Anche gli affetti, il sesso e quant’altro sono di
basilare importanza purché in ossequio al detto latino “modus in rebus”.
E ciò, anche ad ottant’anni in quanto - non mi vergogno di dirlo - ciò
fa parte di una delle più grandi risorse fisico-intellettuali che ti
danno energia, vigore e voglia di vivere: amare davvero una persona
significa donarsi e il “donarsi” è religione. E tutto ciò, produce una
sorta di rinnovo psico-fisico del nostro essere.
Arnaldo De Porti (Feltre)