Una ventina di anni fa scrivevo quanto in appresso ed ora, visto che
anche il Papa sta prendendo in seria considerazione l’argomento da me
trattato appunto due, e forse più, decenni fa, vorrei ritornare sullo
stesso, parzialmente riportandolo con “copia-incolla”, ed altro con
parole “fresche”.
L’argomento di cui a titolo è senz’altro destinato a sollevare un giusto
ed attuale dibattito non soltanto fra i miei lettori, ma anche e
soprattutto in seno al Clero che, almeno a mio avviso, non sta
attraverso un momento felice: vocazioni in forte calo, affluenza sempre
più ridotta alla Messa domenicale e persino difficoltà a tener in piedi
i luoghi di culto, tanto che taluni pensano di far pagare una tassa per
entrare in certe Chiese..
Non penso di ossidare i miei buoni rapporti con la Chiesa terrena
dicendo che essa ha assoluto bisogno di una rivisitazione al suo
interno, con riferimento alla realtà sempre più numerosa, ed in costante
aumento, del popolo dei divorziati.
Per questi ultimi infatti non è possibile accedere ai sacramenti, in
primis a quello della Comunione, in quanto, si andrebbe contro al
principio della indissolubilità del matrimonio. Ebbene, io credo che la
prima sacra istituzione ad essere vittima del divorzio, seppur diverso
rispetto a quello di cui mi accingo a parlare qui di seguito, sia
proprio la Chiesa che, giorno dopo giorno, vede rarefarsi il rapporto
con i fedeli che “divorziano” appunto dalla frequentazione dei riti di
precetto. Andrebbe ricordato che, forse in maniera discutibile, la
Chiesa accetta però il divorziato in Chiesa quanto questi deve passare
ad altra vita… Ed allora mi chiedo se esistono sacramenti più…elastici
da interpretare….
A chi più non lo ricorda, rammento che i sacramenti sono sette:
Battesimo, Cresima, Santa Eucarestia, Penitenza, Estrema Unzione, Santi
Ordini e Matrimonio.
Domanda: “Se al divorziato si nega la Santa Eucaristia, alias la
comunione, perché non gli si nega allora anche l’estrema unzione che fa
pur parte dei sette sacramenti ? “
Non vorrei sentirmi rispondere che la Chiesa non può esimersi dal
portare l’estrema unzione in quanto essa è sinonimo di carità,
misericordia e perdono. Se questa fosse infatti la risposta, a mio
avviso si correrebbe il rischio di dare una valenza diversa ai predetti
sacramenti: la predetta triade costituita dalla carità, dalla
misericordia e dall’amore, sembra, nel caso di specie, non prevedere gli
stessi effetti riconducibili all’unico denominatore comune del perdono.
Che poi, ad un divorziato, cosa si deve perdonare se il matrimonio è
stato un fallimento, magari per colpa dell’altro?
Io penso che la Chiesa debba al più presto fare un po’ di revisionismo
sotto questo aspetto, non dico andando contro al principio
dell’indissolubilità del matrimonio, ma prendendo in seria
considerazione alcune situazioni alla luce del tempo attuale. La Chiesa
errante, in continuo movimento, insegna infatti che Cristo è in tutti i
sacramenti nella sua veste di Dio vero, di uomo che sbaglia e si
corregge, di risorto, di vivente e vivificante. Ed allora, perché non
sviluppare questi profondi concetti in direzione della vita ? Voglio
dire, magari con qualche pensiero irriguardoso, che la Chiesa finora ha
sempre trovato un linguaggio volto a “giustificare” tante situazioni,
anche al suo stesso interno. Perché non lo trova anche in questo ?
Come si risolve il problema di chi, divorziato, vuol risposarsi, magari
con chi, avendone in diritto, vuol sposarsi in Chiesa ? La Chiesa non
gli/le risponderà mica che l’avente diritto non può sposarsi con un
divorziato.
Sono certo, da sprovveduto di diritto canonico, e senz’altro anche dal
punto di vista evangelico, di aver detto diverse cose sindacabili, così
come sono altrettanto certo però che questo problema debba essere
risolto senza alcun indugio, pena due tipi di divorzio: quello con la
Chiesa e l’altro nella sua vera accezione. Mi piacerebbe avere un cenno
sull’argomento, magari prudentemente anticipatore in
direzione…”rivoluzionaria”, anche da parte dello stesso Clero, che
ringrazio sin d’ora. Cenno, da parte del Clero che, da molti anni, salvo
errore, non ho mai avuto
ARNALDO DE PORTI