Intervento di Vittorio Conti: La Mifid2

Si tratta dell’ultimo tassello della direttiva Mifid (Markets in Financial Instruments Directive),

iniziativa avviata nel 2004 per allineare le regole e per facilitare il mercato unico della finanza.

La precedente direttiva risaliva al 1993 ed operava in un contesto ormai modificato e estremamente più complesso, caratterizzato da un sensibile aumento della rischiosità. Lo scopo di Mifid era di dare correttezza e stabilità al mercato.

La direttiva viene completata ed emessa nel 2007, in concomitanza con lo scoppio della crisi. Essa prevede modelli per misurare i prodotti finanziari, i loro distributori, nonché i destinatari (gli investitori), in un sistema che contiene prodotti opachi di cui è difficile comprendere la complessità, carenza di competenze e conflitti di interesse.

L’idea, tuttavia, che Mifid1 non fosse del tutto efficace era chiara, talché ne era sin dall’inizio prevista la revisione. Nel tempo era diventata predominante, dal punto di vista politico, la componente di tutela del risparmiatore. Si era nel frattempo fatta strada la distinzione fra rischio effettivo e rischio percepito, che a volte possono essere distanti fra di loro in quanto non sempre il mercato si comporta in modo razionale e di conseguenza esso è influenzato da fattori diversi da quelli oggettivi.

Mifid2 parte da alcuni presupposti:

-          Agire nell’interesse del cliente, con una più approfondita conoscenza del prodotto e del cliente stesso;

-          Adottare criteri di trasparenza nell’indicazione dei rischi, con simulazioni di scenario;

-          Predisporre test di adeguatezza dell’investitore più sofisticati, con un’analisi maggiormente approfondita, nonché dell’appropriatezza del prodotto (rischio/rendimento).

La direttiva prevede che le autorità possano proibire la vendita di un prodotto o sospenderlo, se può compromettere la stabilità economica del mercato. Viene altresì stimolata una maggiore vigilanza anche sui board dell’emittente.

Mifid2 può solo fino a un certo punto tutelare dai rischi introdotti dal bail-in. Esso infatti può arrivare a coinvolgere prodotti semplici come i depositi e, comunque, la valutazione dell’emittente, ancorché effettuata correttamente, può variare durante la vita del prodotto finanziario. Solo chi segue analiticamente le vicende dell’economia può venire a conoscenza di un’eventuale crisi della banca depositaria.

 

Marcello Esposito.

Le vicende delle quattro banche ha il merito di aver posto il bail-in all’attenzione della politica. Il bail-in è tecnicamente sbagliato. La legge è stata firmata ma non capita. Chi avverte il depositante che il suo deposito presso la sua banca diventa un investimento rischioso?

 

Alcuni concetti espressi dai dei tre relatori.

L’educazione finanziaria è fondamentale, ma può portare dei benefici solo nel lunghissimo termine. L’Italia è indietro, ma anche negli U.S.A., in base ad inchieste, molti non hanno saputo rispondere a domande di tipo economico-finanziario. Comunque ci sarà sempre un 20% che non sa.

Ci si deve porre il problema di dare delle regole, come per altre professioni, di separazione fra produzione e distribuzione.

I depositi dovrebbero in ogni caso essere sicuri; non basta la garanzia del fondo interbancario sino a 100.000 euro:

I subordinati non dovrebbero essere piazzati nel retail.

Ci sono troppe banche e il bail-in non può certo essere un regolatore.

In Italia le autorità hanno troppe discrasie.

La Consob guarda i prospetti, ma il funzionamento delle banche è sorvegliato da Banca d’italia. Le due strutture non comunicano. E’ un problema la cui soluzione spetta alla politica.

 

Conti: è urgente rifondare le autorità. Unirci al dibattito in Europa sull’argomento. Dovremmo rovesciare il problema: non attendere che ci mettano delle regole alle quali non siamo preparati ma, invece di aspettare supinamente, la politica dovrebbe portarsi avanti come fanno in altri paesi e scendere sul campo dove si sta giocando, invece di fare da spettatori ai bordi.

 

Intervento di Roni Hamaui

-          Bisogna rompere il meccanismo per cui chi produce prodotti e li distribuisce gode di incentivi che avvelenano il mercato;

-          Occorre mettere ordine nelle autorities;

-          Alcuni prodotti non devono assolutamente essere distribuiti. In molti casi, non è assolutamente comprensibile non solo il rischio, ma anche il rendimento effettivo e il rimborso alla scadenza.

-          Il bail-in è un elemento di pericolosa destabilizzazione del sistema. L’esistenza di regole vincolanti, gestite a livello burocratico, renderebbe ingestibile una vera crisi bancaria, in cui i grossi depositanti dovessero ritirare i loro fondi.

 

Filippo Vasta - 23 febbraio 2016

 

 

 

 

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piazzascala.it - febbraio 2016